2020-12-15
Spingono a riempire i negozi poi usano qualche foto per metterci tutti in castigo
Dopo aver allentato i divieti e aver incentivato a spendere con il cashback, l'esecutivo demonizza chi lo fa, ovviamente senza commettere reati. Questa è ipocrisia di Stato.Ormai è un nuovo mantra, costruito apposta per catalizzare consensi. Dardeggia nei tg, prende corpo negli editoriali dei giornali, corre sui social prendendo la forma di una nuova crociata moralistica. È la caccia agli «italiani indisciplinati», «irresponsabili», «egoisti» o presunti tali. Si tratta di una campagna polifonica guidata dagli epidemiologi, contrappuntata dagli opinionisti, e vidimata dai politici. Prendete per esempio le parole di Massimo Galli, luminare del Sacco di Milano, che lancia allarmi in forma sarcastico-apocalittica: «Abbiamo visto che riaprire tutto implica la certezza di un aumento dei contagi. Che poi tutti dicono: "C'era tantissima gente!". Ma tu dove eri? Perché eri lì? Se ci sta bene ritrovarci con tutto daccapo», conclude Galli, «allora continuiamo così!». Oppure basta seguire il ragionamento del professor Walter Ricciardi, sabato a «Otto e mezzo»: «Come tecnici abbiamo il dovere di dire che ogni allentamento delle misure significa più malati e più morti». E ancora: «Se continua così, a febbraio l'Italia avrà 40.000 morti e questo non credo che non ce lo possiamo permettere». È su questa falsariga che si finisce a puntare il dito sui cenoni, sulle visite natalizie, sulle code, e financo sulle foto e sulle riprese degli italiani nelle strade, impegnati nello shopping di Natale ma raffigurati come untori senza regole. Sulla prima pagina del Correre della sera, ieri, un editorialista come Paolo Mieli esordiva così: «È preoccupante che per giorni il governo abbia preso in considerazione l'ipotesi di cedere sul permesso di valicare i confini dei piccoli Comuni a Santo Stefano e a Capodanno». Mentre nelle pagine interne dello stesso giornale il ministro Francesco Boccia si mostrava ancora più intransigente: «Le foto degli assembramenti in strada mostrano scene ingiustificabili, irrazionali e irresponsabili. Le persone dovrebbero entrare in ospedale per capire le condizioni del paese, meglio il lockdown generale». Persino sul Giornale si stigmatizzava la reazione degli italiani: «In Italia è ressa da shopping, da Milano a Roma, da Bologna a Napoli, tutti in strada». E il governo prepara una nuova serrata da Natale all'Epifania. Si potrebbe continuare per ore con citazioni di uguale segno e tenore, ma a questo punto è necessario farsi una domanda: questi italiani che scendono in strada stanno violando qualche legge? No, affatto. Piuttosto li hanno osservato i divieti quando il governo li ha imposti. Molti di questi cittadini sono rimasti disciplinatamente a casa quando il governo ha disegnato le zone rosse e arancioni. Adesso che i divieti cadono, adesso che passeggiare è consentito, lo fanno. Quasi sempre all'aperto, quasi tutti con la mascherina, al contrario dei loro simili che nel resto d'Europa per lunghi mesi si sono rivelati refrattari alle profilassi e alle regole del distanziamento. Sembra quasi che queste misure restrittive abbiamo trovato un clima più propizio in un Paese cattolico (con una forte idea di bene comune), rispetto a quelli (America, Regno Unito, Paesi Bassi, parte della Francia) dove l'etica protestante si mescola con la religione civile dell'intransigenza più inderogabile sui temi delle libertà individuali. Ma fatta tutta questa premessa, bisognerebbe porre questa domanda agli esperti e ai responsabili della sanità pubblica: come mai l'Italia, malgrado tutto questi sacrifici, detiene anche il record di mortalità (con il tasso più alto in Europa, dopo il Belgio)? I tedeschi hanno circa 200 vittime per milione di abitanti, la Francia 867, la Spagna tocca quota mille per un milione, noi arriviamo al picco di 1.022. Un dato che ancora nessuno ha spiegato (Ricciardi, sollecitato, lo attribuisce ai tagli al Servizio sanitario, del cui Istituto superiore è stato alla guida) e per cui si possono fare molte ipotesi: contano di sicuro il numero di anziani nelle fasce fragili, i limiti di organico del sistema sanitario, le recenti debolezze nei sistemi di diagnosi (vedi tamponi) e nel tracciamento, le carenze del sistema dei trasporti pubblici, la densità di alcune aree. Tante di queste ipotesi si possono incrociare, sovrapporre, verificare, ma l'unica cosa che non si può fare è demonizzare gli italiani che fanno shopping e additarli come causa di ogni male. In primo luogo perché non è vero. In secondo, perché si è costruito un calendario per consentire loro di fare shopping, e li si è addirittura incentivati a farlo: non solo con l'allenamento delle restrizioni ma persino con una forma di incentivo economico mirato. Che cosa è infatti il cashback (da cui è escluso il commercio online) se non una misura pensata per dare impulso ad acquisti molteplici? Il meccanismo premia chi compera più volte, con piccoli importi ripetuti, e necessariamente in presenza. C'è dunque qualcosa di incongruo, e sicuramente sbagliato nel tentativo di condannare ciò che è stato incentivato. Tu governo mi dici che posso uscire, mi dici che devo fare piccoli acquisti, mi spieghi che è meglio se lo faccio con la carta di credito, mi racconti che questa attività salva l'economia di metà Paese (cosa non contestabile) e subito dopo mi accusi di irresponsabilità se nella modalità in cui è consentito, con la mascherina, con il distanziamento e con le regole prescritte io questi consigli di acquisto li seguo? C'è solo un congegno peggiore dell'incertezza, nella difficile gestione di una pandemia: l'ipocrisia di Stato, e l'insostenibile leggerezza dei predicatori della doppia morale.
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