
Il servizio pubblico avrà un costo (quasi 6 euro) a partire da luglio: al momento si sono mossi solo due fornitori, InfoCert e Aruba, ma presto altri potrebbero seguirli. Il governo punta forte sulla nuova carta elettronica.Addio Spid gratuito. Il servizio dell’identità digitale pubblica potrebbe diventare a pagamento a partire da luglio. Al momento si sono mossi solo due fornitori, InfoCert e Aruba, ma presto altri potrebbero seguire. InfoCert farà pagare il rinnovo del servizio dal 28 luglio prossimo, a 5,98 euro l’anno e ha dichiarato che è necessario per garantire la sostenibilità economica dell’attività, da anni in una situazione di squilibrio tra costi sostenuti e ricavi generati. In dieci anni l’azienda ha investito tra i 20 e i 30 milioni di euro per lo Spid. Aruba aveva già fatto la scelta del pagamento quest’anno, applicando lo stesso costo, a partire dal secondo anno di abbonamento. Al momento tutti i provider fanno pagare alcune modalità di attivazione, di solito quelle online. Per continuare a utilizzare lo Spid, gli utenti dovranno esprimere esplicitamente il consenso al pagamento del canone annuale. Chi non vuole seguire questa strada, può chiudere il proprio Spid con InfoCert e Aruba e attivarne uno nuovo con un altro fornitore che offre ancora il servizio gratuitamente. Ci sono 12 provider che rilasciano l’identità digitale. L’80% degli Spid è gestito dalle Poste e l’utilizzo è gratuito.L’alternativa, valida e gratuita è l’uso della Cie, la Carta di identità elettronica per l’accesso online con CieID. Un sistema sul quale il governo punta molto perché considerato anche più sicuro dello Spid che recentemente è stato al centro delle cronache perché «bucato» dagli hacker. A dicembre scorso un attacco informatico ha colpito un fornitore terzo di InfoCert e sono stati rubati oltre 5 milioni di dati personali, inclusi indirizzi email e numeri telefonici, poi messi in vendita sul dark web. Anche se InfoCert ha detto che i propri sistemi non sono stati direttamente violati, la vicenda ha sollevato forti preoccupazioni. L’uso di CieID si presenta invece più sicuro e una valida opzione per chi non vuole pagare il servizio di identità digitale. La decisione di introdurre un canone annuo per lo Spid, avrebbe come causa il mancato arrivo dei finanziamenti pubblici, pari a 40 milioni di euro. La questione dei fondi pubblici è complessa e si intreccia con la storia travagliata della digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione. Il Sistema pubblico di Identità digitale è stato istituito a ottobre 2014 ma il suo avvio operativo è partito solo nel 2016. Gli operatori avevano già chiesto ai precedenti governi un contributo ai costi del servizio ma senza avere risposte. Nel 2023 l’attuale esecutivo ha previsto un contributo una tantum di 40 milioni di euro per coprire i costi di adeguamento tecnologico richiesti ai fornitori per mantenere efficiente e sicuro il sistema di identità digitale, in linea con le nuove modalità operative imposte dal Pnrr. Poi ci si è messa di mezzo la burocrazia finché a marzo scorso è arrivato il decreto con le modalità di riparto dei fondi tra i 12 gestori. I soldi sono stati sbloccati ma sempre per lungaggini amministrative, l’iter dell’erogazione non è stato ancora ultimato. Così le due società, Aruba e InfoCert, che probabilmente avevano già previsto di far pagare il servizio, hanno introdotto un canone annuo. A questi due fornitori potrebbero aggiungersene altri. Il 9 ottobre scade la convenzione tra le società del servizio Spid e lo Stato, della durata di due anni, prorogabile per un terzo ma deve essere rinnovata entro il 6 luglio. Se entro questa data i soldi non saranno arrivati, i provider potrebbero decidere di pazientare ancora, e quindi rinnovare il rapporto ma anche chiudere il servizio o renderlo a pagamento. Quindi tra circa un mese ci saprà il futuro dello Spid, quante saranno le società che continueranno ad erogarlo e a quali condizioni. Igor Marcolongo, Head of Business Evolution Tinexta Infocert, ha detto che «l’introduzione del rinnovo a pagamento dal secondo anno è una opzione espressamente prevista dalla Convenzione con AgID (l’Agenzia per l’Italia Digitale, l’ente tecnico del governo che si occupa di Spid) firmata nel 2023 ed è per noi una misura necessaria per assicurare la continuità e l’affidabilità del servizio nel lungo periodo».Il governo però punta molto sulla Cie che in combinazione con il Wallet è destinato a diventare lo strumento principale per l’identità digitale, come peraltro richiesto dal’Europa. Al momento lo Spid fa da padrone ma si vedono segnali di interesse da parte dell’utenza per avere l’identità digitale tramite la Cie. Nel 2024 con la Cie ci sono stati 52 milioni di accessi a fronte di 48,2 milioni di carte distribuite. Il rapporto di accessi tra Cie e Spid è di uno contro 10 ma due anni fa quelli con Spid erano più del doppio. Questo fa stimare una inversione di tendenza anche se lenta. Spid gestisce oltre il 90% degli accessi ai servizi digitali della PA con circa 1,2 miliardi di accessi nel solo 2024.Nonostante la somma esigua del canone è scoppiata la polemica. Il Codacons lancia l’allarme: «Gli utenti dovranno sostenere costi imprevisti per continuare ad accedere ai servizi digitali della PA».
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