2021-05-19
Malati trascurati per un anno ma Speranza si sveglia ora e investe briciole nella sanità
Il ministro si accorge che non si muore solo di Covid e annuncia l'arrivo di 500 milioni per prevenzione e cura delle altre patologie. Le stesse ignorate da inizio pandemia. Non di solo Covid si ammalano e muoiono gli italiani. Sembra essersene accorto solo oggi, bontà sua, il ministro della Salute Roberto Speranza. Ovvero la persona chiamata, almeno sulla carta, ad essere il garante - riportiamo la definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità - dello «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia». Tramite un post pubblicato ieri su Facebook, il ministro ha annunciato che «con i primi risultati raggiunti nel contenimento del Covid, possiamo ora rafforzare ancora di più gli investimenti su tutte le altre patologie e favorire lo scorrimento delle liste d'attesa nei nostri servizi sanitari». E, udite udite, «per questo, nel decreto sostegni bis, recuperiamo circa 500 milioni per accelerare interventi, visite e screening non effettuati nei mesi più difficili della pandemia». Intervenuto poi ieri a un incontro organizzato da Coldiretti a Roma, Speranza ha aggiunto che «nei mesi a venire dobbiamo fare ancora di più, investire sulla salute e sulla prevenzione». Premessa: ogni euro speso per la salute degli italiani è un euro ben speso. Ben venga, dunque, il mezzo miliardo promesso da Speranza, anche se rappresenta poco più di una goccia nel mare. Tradotto in termini percentuali, infatti, lo stanziamento di cui si pavoneggia il titolare di Lungotevere Ripa consiste appena dello 0,03% del Prodotto interno lordo e dello 0,4% della spesa sanitaria media del quinquennio 2015-2019. Briciole, ma pur sempre meglio di nulla. Ciò che deve stupire semmai è il clamoroso ritardo con il quale Speranza arriva sull'argomento. Possibile che il ministro si renda conto solo adesso che il sistema sanitario dell'intero Paese è rimasto inchiodato per più di un anno per colpa del coronavirus, lasciando milioni di italiani al loro destino? Non solo la prevenzione e lo screening, ma anche la diagnostica e perfino la terapia sono rimaste al palo. Uno stop comprensibile, certo, ma limitatamente ai periodi di maggior pressione sulle strutture ospedaliere, vale a dire la scorsa primavera e questo inverno. E invece per tutto l'anno passato, così come la prima metà di quello in corso, il ministro ha lasciato la sanità italiana nel freezer.Peccato per noi che le altre patologie non vadano in vacanza, tutt'altro. Uno scenario descritto alla perfezione dal rapporto «Gli italiani e il Covid-19», pubblicato a fine aprile dalla Fondazione Italia in Salute. Nella sezione dedicata all'impatto sui malati non-Covid, in particolare, si scopre che nel corso dell'ultimo anno un italiano su due (52%) ha dovuto fronteggiare ritardi, spostamenti e/o cancellazioni da parte del sistema sanitario. Un fenomeno che arriva a sfiorare sei concittadini su dieci nella fascia compresa tra i 46 e i 55 anni, quella cioè nella quale la prevenzione e la diagnosi precoce rappresenta un fattore chiave per sconfiggere la malattia. Complessivamente, ben l'83,9% degli over 65 ha dovuto rinunciare o cancellare una visita specialistica. Sono ben 2,3 milioni, sostiene la Fondazione in Salute, le persone costrette a spostare o cancellare un ricovero dall'inizio della pandemia, e ben 35 milioni quelle che si sono viste rinviare o annullare una visita specialistica. Purtroppo, gli effetti nefasti di questo stop non hanno risparmiato nemmeno i malati di tumore. Nei numeri dell'ultimo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato nell'ambito della XVI Giornata nazionale del malato oncologico promossa dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), si legge in controluce il dramma di chi non si è potuto curare a dovere. Secondo le stime della Favo, nel 2020 sono stati posticipati il 99% degli interventi al seno e alla prostata, e quasi il 75% di quelli al colon retto. E il tributo in termini di vite umane è stato altissimo: un decesso su cinque per Covid ha riguardato proprio i malati oncologici.Positivo che il «bello addormentato nel bosco», alias Roberto Speranza, si sia finalmente svegliato dal lungo sonno in cui sembrava caduto, ma per salvare la sanità italiana ci vuole più di qualche occasionale proclama. Per colmare l'enorme ritardo accumulato durante la pandemia, ha spiegato lo scorso febbraio alla Verità l'oncologa Paola Mantellini, dell'Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro) della Regione Toscana, sarebbe necessario un «profondo ripensamento dell'organizzazione sanitaria», basato su maggiori risorse economiche ma anche su una «riflessione per immaginare nuovi modelli di sanità». Nel futuro serve uscire dalla stagione fatta di tagli lineari alla spesa, chiusura di «piccoli» ospedali e punti nascita periferici, mancato turnover del personale, scarsa attenzione alle esigenze contrattuali dei lavoratori del settore e finanziamenti alla ricerca ridotti al lumicino. Una spirale mortifera inaugurata dall'ex premier Mario Monti e mai interrotta dai suoi successori. Occorrerebbe, in altri termini, una vera e propria rivoluzione della sanità. Una missione che, con tutto il rispetto, il ministro Roberto Speranza sembra ben lungi dal poter portare a compimento.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».