2024-05-07
Speranza mentre Camilla moriva: «Non voglio dubbi su Astrazeneca»
Roberto Speranza. Nel riquadro, Camilla Canepa (Ansa)
Il dem a Locatelli & C.: «Clima fantastico sulla campagna, dobbiamo stare attentissimi a riaprire il casino totale su questo vaccino dopo che l'abbiamo usato per 7,5 milioni di persone. Va trovata una linea possibile».Il 9 giugno 2021 Camilla Canepa sta lottando in un letto dell’ospedale San Martino, a Genova. È ricoverata per trombosi cerebrale associata a piastrinopenia, uno degli effetti avversi del vaccino Astrazeneca. Quindici giorni prima la diciottenne originaria di Sestri Levante si era presentata, martellata da una campagna mediatica incessante, al vaccination day del siero anglo-svedese per potere frequentare più liberamente i nonni. Il paradosso è che nella settimana tra il 24 e il 31 maggio la circolazione virale del Covid in Italia aveva raggiunto i minimi storici, 36 casi ogni 100.000 persone, offrendo uno scenario in cui per una giovane dell’età di Camilla era più rischioso vaccinarsi che ammalarsi di Coronavirus. Lo stesso 9 giugno, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, oggi deputato dem, presenzia a una riunione del Comitato tecnico scientifico, convocata con urgenza anche sull’onda emotiva del caso di Camilla. E, come vedremo, sembra non avere imparato minimamente la lezione. Tanto da consigliare prudenza su eventuali restrizioni del siero adenovirale.Ma torniamo indietro di qualche ora. Dentro al Cts la storia della giovane commuove e fa riflettere. Il coordinatore Franco Locatelli fa sapere di aver scritto un sms a Speranza per fargli sapere di ritenere «inconcepibile» la vaccinazione di una ragazza di quell’età.Eppure i soloni del Cts devono discutere per tre giorni, spaccare il capello in quattro, per trovare una sintesi accettabile delle loro divergenti opinioni sulle soluzioni possibili per evitare una «strage di innocenti».Le riunioni sono registrate e i carabinieri del Nas di Genova che indagano sulla morte di Camilla le hanno sbobinate. E quelle decine di pagine di trascrizioni ci restituiscono la confusione che regnava in quei giorni drammatici.C’è chi teme, applicando restrizioni alla somministrazione di Astrazeneca nelle persone con meno di 60 anni, fascia di età in cui erano stati registrati gli effetti avversi, di sprecare le scorte di siero e di rallentare la campagna vaccinale, c’è chi, invece, ritiene che sia fondamentale evitare altre vittime causate dalle trombosi.A marzo, in Italia, erano morti un agente di Polizia e un sottufficiale della Marina, e l’11 dello stesso mese il vaccino era stato sospeso in 11 Paesi, Italia compresa. Dopo otto giorni la sospensione viene revocata e le morti riprendono. Vengono a mancare un’operatrice sanitaria di 35 anni, un’insegnante di 37, un finanziere di 48, un’altra donna di 35, una docente di 55. Il 4 aprile, sempre a Genova, muore un’altra insegnante, questa volta di 32 anni, e quattro giorni dopo un avvocato quarantacinquenne. A metà maggio la macabra lista delle vittime della trombosi contiene 34 nomi, 22 donne e 12 uomini. Nelle riunioni vengono citate anche tre vittime del Johnson&Johnson. Ma il problema resta come fermare la distribuzione del vaccino senza creare allarmismi.L’immunizzazione di massa è il dogma da cui non si può deflettere. A costo di lasciare sul campo persone giovani e sane che non sarebbero mai morte per Covid. Le statistiche registrano un evento avverso ogni 100.000 vaccinati, un dato che raddoppia se si considera una fascia d’età più bassa.Il 7 giugno, la notizia di Camilla aleggia sulla riunione. Uno dei partecipanti, Sergio Abrignani, suggerisce di «sconsigliare» Astrazeneca sotto i 40 anni. «Io mi sentirei molto più confident a suggerire per motivi di sicurezza, ora so che sarebbe la pietra tombale se noi lo scriviamo, però, in qualche modo va detto» precisa. Gianni Rezza, capo del dipartimento Prevenzione del ministero della Salute, avverte: «Bisogna farsi due conti, nel senso che decidere d’emblée, prendere questa decisione d’emblée significa anche, come Sergio (Abrignani, ndr) in qualche modo ha accennato, la fine definitiva di Astrazeneca, non per il prossimo anno, perché un prossimo anno non ci sarà probabilmente». Ammette, però, che dare quel tipo di vaccino ai giovani «probabilmente qualche problema in più può comportarlo». I carabinieri che sbobinano specificano che il direttore generale mentre pronuncia la frase «ride».Rezza esprime la linea del governo e del ministero: «Bisogna vedere dopo qual è l’equilibrio tra i tipi di rischi che si corrono continuando ad andare avanti come si sta andando avanti e invece il rischio magari di non riuscire a vaccinare la popolazione in tempi brevi».Locatelli teme di trasmettere l’idea dell’«ondivagità». Donato Greco rincara: «C’è anche il tema del cambiare ancora una volta parere che come sapete già c’è costato caro». Il professore esalta «l’impatto mediatico straordinario» avuto dagli Astra day e invita alla riservatezza e alla cautela.Giorgio Palù ricorda che «il Veneto si è rifiutato di vaccinare i giovani», Giuseppe Ippolito sospira: «Purtroppo abbiamo le Regioni».Rezza concede: «La preoccupazione sugli Astra day che sono aperti ai diciottenni, effettivamente c’è insomma ed è utile dirlo».Abrignani conviene che «non dovrebbero essere» i loro «pareri a disturbare il manovratore o a disturbare diciamo una macchina così ben oleata», ma spiega di non ritenere vergognoso «cambiare rotta quando si naviga in mari che non conosciamo». Propone, però, di affidarsi a un’agenzia di comunicazione. Rimarca di essere sconvolto dalla fine di Camilla: «A me ha colpito veramente tanto quella ragazza di diciott’anni in fin di vita con trombosi del seno venoso che era andata a fare un Astra day. Poteva essere mia figlia». Greco sbotta: «Con trenta casi analoghi non abbiamo detto niente». Locatelli è favorevole a delle limitazioni su Astrazeneca, ma, prima di prendere qualsiasi decisione, propone di «organizzare nel giro delle prossime 48-72 ore un’ulteriore nostra riunione alla presenza del ministro della Salute, l’onorevole Speranza, del direttore generale dell’Aifa dottor Nicola Magrini e del commissario straordinario per l’emergenza Figliuolo (Francesco Paolo, ndr)». Poi aggiunge: «Rispetto alla diffusione dell’informazione di questa riunione confido sulla riservatezza di tutti noi perché teoricamente lo sanno solo le persone che hanno partecipato oggi, quindi vediamo di non ripetere esperienze negative che abbiamo già sufficientemente stigmatizzato».Dopo due giorni l’incontro si svolge nella sede della Protezione civile. E Speranza, 24 ore prima della morte di Camilla, fa una filippica che sembra consigliare la massima prudenza riguardo a eventuali restrizioni e cambi di rotta, che comunque avverranno.Conclusi i convenevoli (per lui il ministero e le istituzioni sanitarie stanno lavorando «come un sol uomo»), parte in difesa dello status quo: «Io penso che noi abbiamo tra le mani un patrimonio […] da non sciupare. Il patrimonio è una campagna di vaccinazione che sta avendo un risultato straordinario al di là, lo diciamo con garbo, con umiltà̀, delle più rosee aspettative, nel senso che c’è un’adesione della popolazione molto, molto forte in tutte le generazioni, che è la vera arma che in queste ore ci sta consentendo di rimettere sotto controllo la curva (dei contagi, ndr)». Quello raccolto è patrimonio «da non sciupare». E di fronte a un tale risultato bisogna non instillare dubbi nei cittadini: «Diciamo che la gestione di questa campagna, soprattutto gli aspetti comunicativi legati diciamo alla sicurezza dei vaccini, sono di una delicatezza assoluta perché noi dobbiamo spingere il più possibile in questi due mesi di entusiasmo sui vaccini: c’è un vero e proprio entusiasmo». I motivi di questa euforia? Speranza elenca quelli che gli sarebbero stati suggeriti: «l’arrivo delle vacanze e la voglia di libertà sulle vacanze», il fatto che abbiano iniziato «a vaccinarsi anche i più giovani» e «altri motivi» non meglio specificati. E i morti e gli effetti avversi? Il ministro la prende alla larga: «Se l’evidenza ci porta diciamo su alcuni terreni io penso che dobbiamo […] farlo, però, con questa assoluta cautela di non macchiare in nessun modo questo patrimonio straordinario che è nelle nostre mani». Per lui i vaccini adenovirali sono soprattutto un problema mediatico e di tentennamenti: «Attorno al vaccino Astrazeneca come sapete abbiamo avuto una difficoltà di comunicazione a livello globale, a livello europeo, a livello italiano. Vi ricorderete la sosta, anche noi come altri Paesi europei abbiamo sospeso per una fase, poi siamo ripartiti. In un primo momento usavamo Astrazeneca solo sotto i sessant’anni, poi abbiamo iniziato a raccomandarlo solo sopra i sessant’anni; sono cose su cui un prezzo lo abbiamo pagato in termini di credibilità». Ma quel conto adesso sarebbe «stato saldato» e da un po’ di tempo la campagna vaccinale sarebbe «in una fase tutta espansiva».Di fronte a un quadro tanto roseo Speranza suggerisce al Cts, con il «massimo rispetto», perché «è la scienza che ci deve dire sulla base delle evidenze dove possiamo arrivare», grande cautela: «Sono per un approccio molto, molto prudente. Cioè prima di ritoccare le cose dobbiamo essere, uno, convintissimi al 100% che sia la scelta giusta e, due, dobbiamo essere convinti che la scelta che facciamo non è più rimettibile in discussione in un tempo molto breve perché la cosa che ci fa più danno in termini di credibilità della campagna è ondeggiare, essere insicuri, dire prima una cosa e poi il suo contrario». Chiaro? Offre ai professori il suo sacrificio: «Io mi vaccinerò domani, ho 42 anni, mi voglio vaccinare dal medico di Medicina generale per dare un segnale che si va verso una capillarizzazione […]. Questo medico di medicina generale aveva Pfizer e Moderna, io gli ho addirittura chiesto, ritardando la mia vaccinazione, di procurarsi Astrazeneca, così do un segnale anche in sintonia con altre personalità̀, da Draghi, ai due che mi stanno qui a fianco, Curcio (Fabrizio, capo della Protezione civile, ndr) e Figliuolo, che hanno fatto Astrazeneca, sempre in una logica: diamo un po’ di fiducia su Astrazeneca». Assicura di non volere entrare nella discussione scientifica («io voglio solo rispettarla in punta di piedi»), ma lo fa e rinfaccia ai professori i continui stop and go: «Noi abbiamo detto: “Il vaccino è approvato dai 18 anni in su, sia Astrazeneca che Johnson&Johnson”; poi abbiamo detto: “È preferenzialmente raccomandato sopra i sessant’anni”; ma abbiamo anche detto: “Se si vogliono fare momenti dove c’è anche una versione volontaria sotto i sessant’anni liberi di farlo”». Ricorda che il Cts, rispondendo a un quesito del ministero, appena un mese prima avrebbe allargato la platea dei soggetti a cui era consigliato Astrazeneca: «“Possiamo anziché 60 dire 40-50”, insomma ha risposto in questo modo sostanzialmente. […] Sostanzialmente abbiamo dato un mezzo via libera anche operazioni sotto i sessant’anni: questa è la sostanza di quello che abbiamo fatto». Il discorso passa alle Regioni: «Alcune sono rimaste più ferme all’impianto (iniziale, ndr), per esempio a me risulta che il Veneto abbia deciso di non usarlo (Astrazeneca, ndr) sotto i sessant’anni e ci sono Regioni che invece hanno deciso di andare un po’ in maniera più sportiva, tra virgolette, a rischiarlo anche con generazioni molto molto più debole, molto più giovane».Ma adesso c’è aria di retromarcia e Speranza avverte: «Ora modificare questo impianto se abbiamo evidenza è possibile e io sono sempre prontissimo a recepire, però dobbiamo stare molto attenti a come lo facciamo perché ogni messaggio che diamo produce conseguenze significative anche in termini di credibilità: io le modifiche le farei se sono necessarie, se la scienza ci dice che sono necessarie». È pronto ad accettare il discorso della seconda dose eterologa, cioè attraverso vaccini diversi da Astrazeneca e Johnson&Johnson, anche perché «sul piano della campagna è persino un vantaggio perché aggiunge un elemento di piccola flessibilità». Ma avverte: «Dobbiamo valutare bene, nel senso che a me spaventa un po’ rimetter mano alla materia […] perché riapre un dubbio, riapre un dibattito nel Paese». Sia mai. Poi concede: «È evidente che se ci sono evidenze scientifiche dobbiamo andare avanti, però, con chiarezza, con nettezza senza dare elementi di contraddizione; perché sai abbiamo spiegato per mesi che questo vaccino funziona, che questo vaccino va bene, i benefici sono superiori ai rischi ... si sono vaccinati con questo vaccino, Draghi, Figliuolo, Curcio; stiamo attentissimi ora a non dare un messaggio […] che ci riapre il casino totale su questo vaccino dopo che l’abbiamo usato per 7 milioni e mezzo di persone. Dobbiamo trovare una linea possibile». Infine, fa la classica offerta che non si può rifiutare: «Vi prego di gestire la materia, ed è bene che la gestiamo insieme, a questo tavolo, con assoluta prudenza e cautela perché abbiamo diciamo un clima fantastico. In questo momento sulla campagna di vaccinazione dobbiamo stare attentissimi a rompere questo clima perché rischiamo di avere diciamo un contraccolpo […] sarei sempre prudentissimo […] dobbiamo stare assai attenti perché la cosa su cui paghiamo più prezzo sono i cambi di linea questa è l’esperienza di questi mesi».Per lui «le persone hanno bisogno di sapere come stanno le cose esattamente» e, per questo, si improvvisa esperto di marketing: «Paradossalmente uno potrebbe anche metterla in un senso comunicativo diverso cioè dire che sui più giovani in questa fase noi raccomandiamo gli mRna, cioè metterla non in negativo, ma in positivo semmai sulla maggiore forza di altri... cioè sarei molto prudente su come gestirla perché ho paura di un po’ di rinculo che rischia di far disperdere questo patrimonio».A questo punto il ministro lascia la sala e la parola passa all’altro ospite d’eccezione, il generale Figliuolo. Il commissario straordinario ha paura di ritardi nella campagna vaccinale, teme che il momento delle seconde dosi diventi un banco del mercato in cui tutti chiedono questo o quel vaccino per sostituire Astrazeneca, immagina le telefonate che riceverebbe («Mi scusi generale ma che devo fare?»). Nicola Magrini suggerisce di aprire alla «possibilità di effettuare la seconda dose con un vaccino mRna» e Figliuolo sbrocca: «Quest’ultima frase per me è devastante, inapplicabile, voglio vedere cosa si dice alle Asl, come deve fare quando uno si presenta ... cioè scusate la mia veemenza, ma io capisco tutto, però, noi dobbiamo chiudere un piano nel rispetto della salute dei cittadini. C’è un dubbio? Stoppiamo la seconda dose, finiremo a gennaio del 2022 va bene uguale, ma scritta così vuol dire lasciare a me e ai presidenti Regione e alle Asl e al ministro della Salute un problema...». Rivela di aver affidato i due figli trentenni, vaccinati con i sieri adenovirali, «nelle mani della Scienza, senza dire alcunché, pur sapendo che ci potevano essere eventi avversi». Infine prende le distanze dalle somministrazioni libere: «Devo dire che per amore di verità che gli “Astraday” o “vaccini open” se li sono inventati le Regioni con mia grande incazzatura, scusate il termine. Io mi assumo tutte le mie responsabilità, ma non di quello che non faccio... (l’iniziativa, ndr) è nata dal Lazio e dopo c’è stata l’emulazione degli altri». Fa sapere di essere anche «molto scettico sul discorso dei maturandi» vaccinati «con Johnson». Alla fine, però, fa capire che non esistono santuari inviolabili: «Anche per salvare una vita umana in più il piano si cambia. Questo voglio dirlo forte e chiaro».Il «grillo parlante» Abrignani chiosa: «Finiremo la campagna vaccinale anziché il 30 settembre, il 20 ottobre, va bene! E probabilmente ci saremo risparmiati 12 morti al di sotto dei 40 anni o dei cinquant’anni». Speranza permettendo.