2024-03-14
Lo scetticismo politico come antidoto al fanatismo woke: un libro di Spartaco Pupo
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Il docente calabrese finito recentemente nel tritacarne femminista è uno studioso del pensiero scettico. La cui dottrina farebbe bene a certe attiviste contemporanee.Nelle cronache di quotidiana (tentata) cancellazione a cui dobbiamo assistere da qualche anno, anche un buon illuminista settecentesco come lo scozzese David Hume può finire nel tritacarne femminista come fosse un padre pakistano qualsiasi che segrega la figlia troppo emancipata. È un piccolo ma emblematico caso che ha visto protagonista lo studioso Spartaco Pupo, docente all’Università della Calabria, che per aver postato sui social, in occasione della festa della donna, una frase di Hume (che paradossalmente era in favore delle donne, ma aveva il torto di essere formulata con il linguaggio tipico della sua epoca) è finito al centro di una modesta ma ben rodata macchina del fango. Chi non conosce i lavori di Pupo e ne abbia sentito parlare per la prima volta in questa occasione potrà immaginare che si tratti di un qualche fondamentalista convinto di avere la verità (quella “maschile, bianca, cisetero”, ovviamente) in tasca. Si tratta invece di uno studioso di prim’ordine che si è specializzato soprattutto su quei filoni del pensiero europeo e occidentale che il concetto di verità unica e già data lo hanno demolito: dal pragmatismo americano (e italiano) allo scetticismo, passando appunto dall’illuminismo antifinalista di Hume. Vogliamo qui parlare de Lo scetticismo politico, volume uscito nel 2020 per Mimesis che costituisce una pratica guida a una corrente di pensiero che trova le sue origini in Grecia, ma che attraversa tutta la storia del pensiero occidentale. E che oggi, va detto, sta trovando una sorta di seconda giovinezza. Basti pensare a recenti volumi ad ampia diffusione come Sette brevi lezioni sullo scetticismo, di Maria Lorenza Chiesara, o Sei scettico? Una filosofia antica per i tempi moderni, di Antonio Sgobba, usciti negli ultimi mesi. Il volume di Pupo parte da Pirrone, il fondatore dell’omonima scuola greca, e passa per Guicciardini, Montaigne, Pascal, di nuovo Hume, Nietzsche, Popper, fino ad arrivare a Rorty. Il volume, tuttavia, non si focalizza su una ricostruzione del pensiero scettico in generale, bensì, come si evince dal titolo, sulla dimensione politica della scepsi. Si tratta, come spiega l’autore, di «una storia dello scetticismo come dottrina politica positiva», che intende «seguire la continuità storica della vicenda politica scettica». Data la cattiva fama che circonda lo scetticismo, visto come una sorta di relativismo conoscitivo e morale dai tratti nichilisti e un po’ cinici, si può credere che lo scettico, in politica, sia necessariamente un personaggio alla House of card, o, al contrario, un timoroso paralizzato dai suoi stessi dubbi. Pupo ci mostra che non è così e soprattutto ci spiega che lo scetticismo «non è incompatibile con l’avere delle credenze politiche. E cade in un clamoroso equivoco chi sostiene che lo scettico dica di non giudicare su come stanno le cose, ma in realtà formula le sue credenze sulla base di come esse appaiono: quando lo scettico sospende il giudizio sulla qualità di una cosa, non accetta gli standard imposti dai dogmatici, cioè non crede a ciò che credono i dogmatici. A differenza di questi ultimi, che presumono che solo la ragione sia in grado di giustificare proposizioni e asserzioni circa il modo in cui le cose sono realmente, gli scettici preferiscono continuare a ricercare sempre buoni argomenti a sostegno di almeno due punti di vista su ciascun problema, senza “credere” a cose che non abbiano empiricamente verificato».Il libro di Pupo, come detto, è uscito nell’annus horribilis 2020. In quell’anno, il già rovente dibattito sulla cosiddetta post-verità ha incrociato il grande choc culturale del Covid. Per la prima volta, da un sacco di tempo, concetti epistemologici come verità, verifica, manipolazione, falsità etc sono diventati materia d’attualità. Con un singolare ribaltamento dei ruoli: le élite democratiche e progressiste di estrazione illuminista hanno cominciato a reclamare pene esemplari contro la minoranza che esercita il dubbio nei confronti della verità dispensata dal potere. Un cortocircuito che è in qualche modo figlio di quest’epoca. Anche l’ideologia woke – e torniamo al caso di cronaca da cui siamo partiti – nascerebbe in teoria come eredità di fermenti decostruzionisti, ovvero da mondi culturali in cui l’esercizio della scepsi dovrebbe essere addirittura radicale, e rivolto anche verso se stessi. I soldatini woke invece si sentono portatori di verità indiscusse che viaggiano sulle loro gambe, in questo in realtà molto più simili ai miliziani delle grandi narrazioni moderne che ai più meditabondi postmoderni. Insomma, da qualsiasi parte ci si giri, di scetticismo – quello vero – sembra esserci ancora un disperato bisogno.
Giornata cruciale per le relazioni economiche tra Italia e Arabia Saudita. Nel quadro del Forum Imprenditoriale Italia–Arabia Saudita, che oggi riunisce a Riyad istituzioni e imprese dei due Paesi, Cassa depositi e prestiti (Cdp), Simest e la Camera di commercio italo-araba (Jiacc) hanno firmato un Memorandum of Understanding volto a rafforzare la cooperazione industriale e commerciale con il mondo arabo. Contestualmente, Simest ha inaugurato la sua nuova antenna nella capitale saudita, alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L’accordo tra Cdp, Simest e Jiacc – sottoscritto alla presenza di Tajani e del ministro degli Investimenti saudita Khalid A. Al Falih – punta a costruire un canale stabile di collaborazione tra imprese italiane e aziende dei Paesi arabi, con particolare attenzione alle opportunità offerte dal mercato saudita. L’obiettivo è facilitare l’accesso delle aziende italiane ai mega-programmi legati alla Vision 2030 e promuovere partnership industriali e commerciali ad alto valore aggiunto.
Il Memorandum prevede iniziative congiunte in quattro aree chiave: business matching, attività di informazione e orientamento ai mercati arabi, eventi e missioni dedicate, e supporto ai processi di internazionalizzazione. «Questo accordo consolida l’impegno di Simest nel supportare l’espansione delle Pmi italiane in un’area strategica e in forte crescita», ha commentato il presidente di Simest, Vittorio De Pedys, sottolineando come la collaborazione con Cdp e Jiacc permetterà di offrire accompagnamento, informazione e strumenti finanziari mirati.
Parallelamente, sempre a Riyad, si è svolta la cerimonia di apertura del nuovo presidio SIMEST, inaugurato dal ministro Tajani insieme al presidente De Pedys e all’amministratore delegato Regina Corradini D’Arienzo. L’antenna nasce per fornire assistenza diretta alle imprese italiane impegnate nei percorsi di ingresso e consolidamento in uno dei mercati più dinamici al mondo, in un Medio Oriente considerato sempre più strategico per la crescita internazionale dell’Italia.
L’Arabia Saudita, al centro di una fase di profonda trasformazione economica, ospita già numerose aziende italiane attive in settori quali infrastrutture, automotive, trasporti sostenibili, edilizia, farmaceutico-medicale, alta tecnologia, agritech, cultura e sport. «L’apertura dell’antenna di Riyad rappresenta un passo decisivo nel rafforzamento della nostra presenza a fianco delle imprese italiane, con un’attenzione particolare alle Pmi», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. Un presidio che, ha aggiunto, opererà in stretto coordinamento con la Farnesina, Cdp, Sace, Ice, la Camera di Commercio, Confindustria e l’Ambasciata italiana, con l’obiettivo di facilitare investimenti e cogliere le opportunità offerte dall’economia saudita, anche in settori in cui la filiera italiana sta affrontando difficoltà, come la moda.
Le due iniziative – il Memorandum e l’apertura dell’antenna – rafforzano dunque la presenza del Sistema Italia in una delle aree più strategiche del panorama globale, con l’ambizione di trasformare le opportunità della Vision 2030 in collaborazioni concrete per le imprese italiane.
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«Sono molto soddisfatta dell’approvazione all’unanimità in Parlamento del disegno di legge del governo che introduce il reato di femminicidio. È un segnale importante di coesione della politica contro la barbarie della violenza sulle donne. Aggiungiamo uno strumento in più a quelli che avevamo già previsto».
Lo afferma in un video il premier Giorgia Meloni, commentando il via libera definitivo alla Camera del ddl sui femminicidi.
Il presidente del Consiglio ricorda poi gli altri interventi, che vanno dal «rafforzamento del Codice Rosso» al raddoppio delle risorse «per i centri antiviolenza e per le case rifugio».
«Sono passi concreti che ovviamente non bastano, ma dobbiamo continuare a fare ogni giorno di più per difendere la libertà e la dignità di ogni donna».