2021-05-21
La sinistra si astiene, la Spagna affossa la sua «legge Zan»
Proprio come il nostro ddl, il testo prevedeva l'identità di genere. Anche Germania e Regno Unito hanno bocciato proposte simili.Da oggi gli oppositori del ddl Zan hanno un motivo in più per sperare. L'incoraggiamento arriva dalla Spagna, dove la cosiddetta «Ley Trans» - proposta che mira a introdurre l'autocertificazione di genere (contenuta nell'articolo 1 della legge bavaglio ora al Senato) - ha subìto una clamorosa battuta d'arresto. Sì, perché l'astensione dei socialisti ha fatto sì che al Congresso, con 78 voti a favore, 143 contrari e 120 astensioni appunto, la proposta di legge arcobaleno si sia fermata. L'iniziativa, promossa e sostenuta dai parlamentari di Unidas podemos, Ciudadanos, partiti baschi e catalani, non è però da considerare arenata. Anzi, Podemos ha già annunciato chiaramente che non si fermerà.Eloquente, in tal senso, è quanto affermato dalla madrina della legge, Irene Montero, ministra e pasionaria delle Pari opportunità, la quale, prendendo la parola alla Camera, ha letteralmente chiesto «perdono» ai gruppi Lgbt, assumendosi l'impegno morale di una svolta entro il 28 giugno, per l'International pride day. Insomma, la volontà di portare a casa la legge arcobaleno c'era, e c'è ancora. Tuttavia, il sorprendente stallo determinatosi nelle scorse ore avrà senz'altro ripercussioni. A maggior ragione se si pensa che il partito promotore di questa legge è reduce da una recente batosta alle amministrative, dopo la quale Pablo Iglesias ha deciso di lasciare la politica. Inoltre, va registrato come il blocco temporaneo sulla «Ley Trans» arriva dopo settimane nelle quali, nella penisola iberica, il dibattito è stato a dir poco infuocato, con gli oppositori a questa norma che hanno dovuto subire ritorsioni anche simbolicamente pesanti, assai rappresentative delle intenzioni, tutt'altro che pacifiche, dei promotori della legge. Un caso su tutti è quello di Carmen Calvo, vicepremier spagnola del Psoe che, proprio per la sua contrarietà alla legge arcobaleno, è stata oggetto di aggressioni pesantissime. Basti pensare a quanto accaduto lo scorso febbraio, quando un pupazzo con la maschera della Calvo, appunto, era stato trovato impiccato a un albero in Plaza 8 de Marzo a Santiago di Compostela, recante un cartello con questa scritta: «Mi sono persa... dove si trova il patriarcato?». Ma torniamo alla notizia del giorno, ossia alle 120 astensioni, quasi tutte in quota Psoe, che in questo modo ha scelto di fermare la «Ley Trans» senza però accodarsi al voto contrario del centrodestra. Ecco, una maggioranza di governo di sinistra spaccata sui diritti civili non è cosa che si veda tutti i giorni. E proprio il fatto che ciò sia accaduto in un Paese come la Spagna, mentre da noi il Parlamento esamina un provvedimento, se non identico, almeno sovrapponibile, fa di certo pensare.Tanto più che quello spagnolo non è affatto un caso isolato. Come infatti segnalato dalla scrittrice e attivista Marina Terragni sul sito feministpost.it, un esempio simile arriva anche dalla Germania, dove il Bundestag ha fermato una proposta di legge sull'autodeterminazione del genere proposta dai Verdi e da Neue Linke. Sempre restando in tema, andrebbe ricordato quanto accaduto lo scorso novembre nel Regno Unito, dove il governo ha messo una pietra tombale sulla riforma del Gender recognition act, che chiedeva l'inclusione, appunto, del «self-id» o autocertificazione di genere. Uno stop in qualche modo rafforzato dalla decisione assunta a dicembre dalla Suprema corte britannica che, pronunciandosi sul caso di Keira Bell - una giovane che vive col rimpianto d'aver scelto di «passare» al genere maschile da adolescente -, ha stabilito che i giovani sotto i 16 anni con disforia di genere non possono dare un pieno consenso informato al trattamento con bloccanti della pubertà, ordinando ai medici di chiedere l'approvazione del tribunale prima di trattare con una terapia medica qualsiasi minorenne con disforia di genere.Ecco che allora lo stop spagnolo alla «Ley Trans» non costituisce un caso isolato. Al contrario, rappresenta la conferma di un crescente scetticismo che, a livello europeo, vede forze politiche di vario orientamento - anche di sinistra - guardare con perplessità all'identità di genere. Che, là dove viene riconosciuta, comporta peraltro conseguenze non solo nei confronti di chi la sperimenta sulla propria pelle, ma verso tutti. Soprattutto a scapito della libertà di parola - e di buon senso, verrebbe da aggiungere -, come prova l'emblematico caso di Lisa Keogh, studentessa di giurisprudenza iscritta all'Abertay University di Dundee, in Scozia, che, segnalata dai suoi compagni, dovrà affrontare un'azione disciplinare per aver detto che «le donne hanno la vagina» e che «non sono forti come gli uomini». Una ennesima conferma del fatto che i cosiddetti nuovi diritti, in realtà, altro non sono che un nuovo bavaglio per chi solo osa affermare che esista una differenza tra uomo e donna. I nostri parlamentari dubbiosi su quali possano essere le conseguenze del ddl Zan non hanno dunque che da sfogliare le cronache internazionali. Troveranno subito le risposte che cercano.