2019-05-31
Spadaro ignora il Papa: sì al muro anti Lega
Il direttore di Civiltà Cattolica non accetta che il Vaticano dica sì al dialogo con Matteo Salvini. E su Famiglia Cristiana perde il controllo: «C'è un rospo nel Paese e nella Chiesa». Poi invoca un Sinodo politico: ma non è una sconfessione di Bergoglio? In fondo sono tutti figli di Dio. Con una certa degnazione, ma con la consapevolezza di avere esagerato nel demonizzare una consistente parte degli italiani, la Chiesa ha operato una virtuosa retromarcia su Matteo Salvini e sui suoi elettori, a conferma che la realpolitik vaticana ha sensori così raffinati da cogliere anche i sussulti più impercettibili. Dopo aver trattato il leader della Lega peggio di Pol Pot (quest'ultimo, papa Francesco lo avrebbe abbracciato per redimerlo) e dopo averlo sbeffeggiato in copertina su Famiglia Cristiana paragonandolo all'Anticristo, adesso la Curia romana è al lavoro per favorire l'incontro con il Pontefice. L'uomo del crocifisso non è più un reietto; cigolino i secolari portali e lo si introduca al cospetto della luce.Il motivo è molto semplice: la maggioranza dei cattolici lo ha votato. O meglio, la parte preponderante dei leghisti è cattolica e va a messa la domenica. Lo ha dovuto ammettere Avvenire che, dopo mesi trascorsi in prima linea contro l'uomo nero, ha affidato all'esperienza e al prestigio di Nando Pagnoncelli il compito di analizzare i flussi elettorali della fede. Il responso è senza appello: «Se alle politiche il 30,9% di coloro che va a messa votava M5s, il 22,4% votava Pd, il 16,2% Forza Italia e il 15,7% la Lega, domenica scorsa il 32,7% ha scelto Salvini, davanti al Pd al 26,9%. La Lega quindi un anno fa era il quarto partito fra i praticanti, mentre oggi è il primo». Un risultato neppure troppo sorprendente poiché al Nord molti amministratori oggi leghisti (nei feudi cattolici bresciani, bergamaschi, brianzoli e veneti) erano stati democristiani di ferro. O almeno erano cresciuti all'ombra del movimento che coltivava l'identità, il radicamento territoriale, il rispetto delle tradizioni condividendo con il parroco quei pensieri all'ombra del campanile. Ora sarebbe difficile e controproducente un salto della quaglia mondialista in nome del cristianesimo planetario. Perché se da un lato il mantra mediatico del momento è il progressismo globalista delle élite (delle quali la Chiesa fa parte da quando uscì dalle catacombe), dall'altro bisogna fare i conti con i fedeli della Val Seriana o della Val d'Intelvi, i quali in media hanno più di 55 anni e non danno valore alle sfumature chic da talk show, anzi le ritengono oziose.La svolta della ragionevolezza non poteva che indignare padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, gesuita, definito in Vaticano «l'uomo che sussurra al Papa». E soprattutto punta di diamante degli alabardieri bergogliani di lotta e di governo. Non sono ancora trascorsi due giorni dalla presa di posizione ufficiale del segretario di Stato, Pietro Parolin («È giusto dialogare anche con Salvini»), che il fine intellettuale tuona su Famiglia Cristiana. «C'è un rospo, una malattia morale nella pancia del nostro Paese che insidia anche la nostra Chiesa. Se l'usurpazione politica dei simboli religiosi di fratellanza viene considerata accettabile; se davanti a un uomo che affoga, un cristiano accetta di imporre una penale a chi lo salva; se il nazionalismo contraddice l'essenza stessa dell'universalità propria del cattolicesimo, ciò significa che la coscienza cristiana è stata hackerata, geneticamente modificata».Più che un editoriale è un anatema. Immaginiamo padre Spadaro travolto dalle parole di Parolin, così furente da saltarsi addosso da solo, così fuori di sé da utilizzare, nel pensiero scritto, proprietà transitive da terza media. E allora si esageri con l'emergenza: rospi, usurpazione, coscienza hackerata e un fiammifero per accendere il rogo sul quale far sfrigolare chi si è permesso di rispettare quei fedeli italiani che non hanno votato Pd. Dev'essere una nuova frontiera della democrazia dell'inclusione. È solo un altro modo di scacciare dalla casa del Signore quelle «classi subalterne» che non piacciono ai vecchi partiti, non sanno stare a tavola e neppure votare.L'invettiva di Spadaro atterra su una richiesta mille volte reiterata, quella di un Sinodo dei vescovi italiani. «Oggi ci si salva solo facendo due cose, comprendendo meglio il grido della gente e invocando lo Spirito Santo». Poiché neppure dentro la cabina elettorale lui è riuscito a cogliere il primo nonostante fosse forte, è fondamentale che si concentri sul secondo, fonte di ispirazione divina. Il problema è che immagina il Sinodo come un congresso di partito, dove provare a dettare la linea con i suoi quattro convincimenti politici spiegati in un incedere lessicale da assessore alla cultura (di un Comune con meno di 50.000 abitanti). Qui sorge un quesito. Non fu proprio papa Francesco a smontare la cultura vaticana dei vescovi pilota, archiviando in maniera esplicita il ruinismo? Fu lui a dire con un certo fastidio: «Non voglio vescovi che non siano pastori». Padre Spadaro in perenne libera uscita su ogni tema dimostra esattamente il contrario e regala un argomento non banale a chi sostiene che Bergoglio ami enunciare le linee di principio, ma molto meno metterle in pratica. Nel frattempo le cyberomelie impazzano. E i rospi all'orizzonte sono quelli che il suo braccio sinistro non riesce a digerire.
Abiy Ahmed e Giorgia Meloni (Ansa)
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