2020-03-26
«Sono stato arruolato da “Repubblica” contro il contagio»
Genséric Cantournet (Youtube)
Parla l'uomo dei misteri Genséric Cantournet : «Ma quali servizi, ero un “carabiniere", non uno 007. Qui ho trovato misure di sicurezza scandalose».La notizia che qualche giornalista della Repubblica e dell'Espresso, come abbiamo raccontato ieri, non abbia gradito l'ingaggio come consulente del gruppo Gedi di Genséric Cantournet e della sua Kelony, prima agenzia di valutazione del rischio al mondo, stupisce l'ex gendarme francese, grande esperto nel settore sicurezza. L'uomo, classe 1971, dopo aver risposto al telefono con un sonoro «Yes!», ride divertito quando apprende il motivo della nostra chiamata e inizia a rispondere in un italiano che non tradisce le origini transalpine. «Non capisco i malumori. Mamma mia! Andiamo lì a dare una mano, a tutelare i giornalisti, perché senza di loro non c'è democrazia, e c'è chi si lamenta? Sono sconvolto: è la prima volta che mi sento mordere da chi tento di salvare, non mi era mai capitato».Le mie fonti temono i suoi possibili rapporti con i servizi segreti transalpini.(Altra risata). «Mi farò “debriffare". Io in Francia facevo il “carabiniere" e non lo 007. Inoltre non faccio più il gendarme da circa 20 anni. In mezzo sono stato anche un diplomatico. Ma se avere un passato da militare deve essere un marchio… Non è che le sue fonti hanno come sponsor qualcuna di quelle società che la mia agenzia di risk rating ha bocciato per quanto riguarda la protezione dei lavoratori? Vada a vedere la valutazione di Eni, Generali... Noi non guardiamo in faccia nessuno, non facciamo marchette».C'è chi la biasima per la sua disavventura in Rai, dove, da capo della security, è stato costretto a dimettersi per conflitto d'interessi: a selezionarla fu l'azienda di suo padre…«Il mio operato in Rai non è mai stato discusso, neanche dai critici più feroci. Persino l'accusa di conflitto d'interessi, che non sussiste (con me l'Anac di Raffaele Cantone si è sbagliata), non è una critica al mio operato. In settanta edizioni del Festival di Sanremo solo nelle due gestite da me non è accaduto nulla. Ed eravamo all'apice dell'allarme terrorismo in Europa. In quella immediatamente successiva un tizio è salito sul palco e si è avvicinato al conduttore in diretta. Nella tv di Stato ho protetto 1.600 giornalisti e ho creato in Rai la prima funzione di tutela generale dei lavoratori (la missione di Kelony). Chi ha riportato sani e salvi dalla Siria o dal Congo inviati speciali della Rai o i cronisti di Report? Proteggevo i giornalisti già quando facevo l'ufficiale in Kosovo, qualcuno l'ho estratto dalle macerie».A proposito del suo conflitto d'interessi alcuni giornali pubblicarono documenti piuttosto eloquenti, in particolare il Fatto quotidiano…«Quel giornale mi ha sparato merda addosso, ma non gli ha portato bene, visto il crollo delle vendite. Quando ti chiami così e ti basi sui rumor e non sui fatti ti fai male. Non posso spiegarglielo scientificamente, ma il Fatto porta sfiga. Glielo dico alla luce dei miei 32 anni di carriera».Però ha lasciato la Rai senza fare causa…«Farla è da deboli. Io non ho bisogno di un giudice per difendermi. Ho un know how particolare: da più di tre decenni proteggo persone e cose e il mio cv sono i risultati, se un cliente non mi vuole io vado a fare altro, perché devo perdere tempo con lui. Anche perché in Rai ho dovuto dimezzarmi lo stipendio».Prendeva 200.000 euro…«Per l'esattezza 180.000 di Ral e una parte variabile».C'è chi dice che lei abbia un carattere difficile…«Le pare?». (Altra risata). «Non le sembro sportivo? Forse ha chiesto di me in Rai: là dentro non è che trova tutta questa competenza, ma volevano tutti essere promossi».Tornando al gruppo Gedi, che situazione ha trovato a livello di protezione dei lavoratori?«Ho scoperto cose fatte alle spalle dei giornalisti che non avevo mai visto in vita mia. Se denunciassi pubblicamente ciò che ho trovato lì penso che qualcuno che si occupava della sicurezza dei dipendenti finirebbe in galera».Che cosa ha fatto concretamente?«Anche se siamo operativi da pochi giorni, chieda alle sue fonti come è cambiato l'accesso a Repubblica, quando è arrivata l'amuchina, chi ha trovato il fornitore per le mascherine… le posso dimostrare che è stata Kelony in meno di dieci giorni. A Repubblica si entrava attraverso delle bussole non arieggiate che tutti toccavano. Le abbiamo fatte chiudere subito».Quando inizieranno i suoi corsi?«Entro fine settimana darò i primi consigli agli inviati. Vediamo se qualcuno cambierà idea sul mio lavoro».Formerà solo gli inviati?«Non decido io, ma i direttori e per ora mi hanno affidato solo quelli. E forse questo ha causato qualche mal di pancia nelle redazioni».Addestrerà chi va in missione all'estero?«Perché andare da giornalista a Ostia è meno pericoloso? Ci sono posti in Italia dove se fai una domanda rischi di prenderti una testata in faccia, subendo un grave trauma. Io posso spiegare che cosa si muove in un corpo umano qualche secondo prima che parta una testata, in modo da prevederla».La sua consulenza è legata alle minacce ricevute dal direttore di Repubblica, Carlo Verdelli?«No. La protezione a Verdelli è stata presa in carico dalle istituzioni. So che il direttore mi stima, come mi apprezzano tanti altri, ma io ho firmato il contratto con il gruppo Gedi e sono stato chiamato per l'emergenza coronavirus. Metteremo in sicurezza tutte le sedi in giro per l'Italia e insegneremo ai giornalisti come salvarsi la pelle quando vengono mandati in posti come Codogno, che cosa occorra fare, come muoversi, che mascherine usare, come metterle e come toglierle, quanto tempo tenerle. Mi dica lei se chi fa il suo lavoro lo sa? La gente non ha minimamente idea dei rischi che corre».La Kelony si occupa anche di protezione dei dati?«Certo. Perché è stato ucciso Giulio Regeni? Perché non è riuscito a difendere i suoi dati. Sono entrati nella sua mail, hanno visto la sua agenda…».E nel gruppo Gedi lo sanno fare?«Se un'azienda non ha nemmeno l'amuchina, qual è la sua deduzione? In generale vedo che i giornalisti usano ancora le mail, una cartolina che viene letta da tutto il condominio. Non si deve usare la posta elettronica quando si fa il vostro lavoro, ma strumenti di comunicazione estremamente riservati e gratuiti come la crittografia omomorfica o la steganografia, tutta roba gratis che bisogna solo imparare a utilizzare. Inoltre chi si sposta dovrebbe avere un localizzatore Gps tascabile con cui segnalare una situazione di pericolo in qualsiasi parte del mondo. Io non ho mai visto un giornalista in Italia che lo avesse a parte quelli formati da noi».Qual è la particolarità di Kelony?«L'umanità non si è mai occupata di rischi e quando l'ha fatto ha adoperato il calcolo delle probabilità. Con la mia squadra di giovani ingegneri del Politecnico di Milano, grazie a formule matematiche, abbiamo superato l'approccio probabilistico al pericolo e abbiamo trasformata la scienza del rischio in un protocollo operativo per proteggere le aziende, ma soprattutto i lavoratori. La legge dei grandi numeri non si può applicare ai piccoli numeri, al singolo caso, soprattutto quando si tratta di vite umane o dell'incolumità delle persone».Si può giungere al rischio zero?«Questo è impossibile, ma si deve arrivare all'incidente zero, anche a garanzia dei datori di lavoro responsabili penalmente. I rischi esistono in natura, ma l'importante è che lei non li incroci o non ne subisca le conseguenze».