2022-05-17
Stanno con Kiev per i valori che poi a Roma calpestano
Ernesto Galli Della Loggia (Imagoeconomica)
Basta una perplessità sulla gestione europea della guerra e partono le scomuniche: chi tentenna è putiniano. Ma così la maggioranza degli italiani, che condivide tale scetticismo, rimane senza rappresentanza politica.Secondo il grande John Mearsheimer, le potenze che si impegnano a esportare il liberalismo all’estero finisco quasi sempre per diventare illiberali in patria. È quanto stiamo sperimentando da qualche tempo in Italia: i sostenitori della guerra a oltranza contro il tiranno Vladimir Putin hanno imposto alla popolazione una mobilitazione totale del tutto analoga a quella in atto durante il Covid, di conseguenza ogni atto di dissenso, ogni manifestazione di opinioni differenti viene mal sopportata, denigrata e osteggiata. Questo atteggiamento da parte dei sedicenti democratici di casa nostra è talmente esasperato da condurci a una conclusione che, a sua volta, esaspera il pensiero di Mearsheimer. Ovvero: coloro che si presentano come cavalieri bianchi della democrazia liberale si rivelano poi i meno democratici e i meno liberali sulla scena, a tutti i livelli.Per anni, gli entusiasti esportatori di libertà nostrani ci hanno spiegato che la democrazia è una faccenda di procedure, di regolamenti magari noiosi ma indispensabili a garantire lo svolgimento della vita civile. Ci hanno ripetuto che il Parlamento è il luogo del confronto e del dibattito, e se la sono presa con i capi dei «partiti azienda» che consideravano gli onorevoli meri spingitori di bottoni.Oggi tuttavia le procedure vengono messe in discussione, il Parlamento conta un fico secco e i partiti che cercano di introdurre nella discussione qualche sfumatura appena differente - pur restando nella maggioranza - vengono accusati di essere vili sabotatori. Intendiamoci, Giuseppe Conte, quand’era presidente del Consiglio, l’aula l’ha scavalcata eccome con decreti e decretini. Resta però che il Movimento 5 stelle ha tutto il diritto di sostenere una visione problematica sull’invio di armi. A maggior ragione, lo stesso discorso vale per la Lega. Perché questi schieramenti dovrebbero tacere ed evitare di porre problemi sul tavolo?C’è chi dice: agiscono così per calcolo politico, per ritagliarsi uno spazio. E se anche fosse? La gran parte degli italiani, stando ai sondaggi, desidera la pace in Ucraina e non approva l’invio di armamenti. Avranno diritto costoro ad essere rappresentati in qualche modo? La democrazia liberale, purtroppo, è fatta anche di piccoli calcoli, di giochini un po’ sudici, di accordicchi che non eccitano gli idealisti. Funziona così: prevede che ci si sporchino le mani e che si ingoino rospi. O, almeno, così ci hanno detto in passato i bravi liberali al fine di demolire l’idealismo altrui, tacciato di intransigenza. E adesso li ritroviamo impegnati a spernacchiare il dissenso, ad accusare un partito giovane come Italexit di rappresentare «gente che ci fa schifo».Di fronte al triste spettacolo a base di doppia morale, viene da chiedersi se sia davvero questo il tanto decantato Occidente per cui siamo disposti a (far) morire (gli altri). Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere della Sera, non ha dubbi. Proclama che tentennare non si può, che bisogna stare senza se e senza ma dalla parte degli americani, perché gli Usa sono «la sola potenza mondiale che si riconosce nei nostri stessi valori umani, sociali e politici, e per certi versi ne è addirittura all’origine». Ma davvero? Quali sarebbero dunque questi valori? La libertà? Posto che quest’ultima esisteva ben prima che gli Stati Uniti fossero fondati, a guardare l’uso che ne stanno facendo i guerrafondai italici ed europei non c’è molto da stare allegri.No, tranquilli, non vogliamo ripetere i soliti discorsi sui bombardamenti della Nato a Belgrado o sui tappeti di morte distesi dagli Usa in mezzo pianeta (discorsi che pure hanno un vigoroso fondamento). Ci limitiamo a infilare il naso nelle vicende piccine di casa nostra, e a notare come venga, nei fatti, legittimata una sola posizione, una sola visione del mondo. «Altrove, ad esempio in Russia, si sta peggio», rispondono i sinceri democratici. Sarà pure. Ma nessuno intende importare il modello russo o quello cinese. Ci basterebbe conservare quei valori - tra cui la libertà, il pensiero sciolto da vincoli, il rispetto delle usanze altrui - che hanno reso l’Europa quello che è. E che la forza rivoluzionaria di cui i democratici e i neoconservatori americani sono espressione fa di tutto per cancellare.Non è vero, come dice Galli, che gli Usa sono gli unici a riconoscersi nei nostri valori. Siamo piuttosto noi a riconoscerci acriticamente nei loro, compresi quelli che distruggono la tradizione europea preesistente. Dagli Stati Uniti soffia da tempo impetuoso il vento della decostruzione, promana una potenza nichilista che intende spazzare via le religioni, le «grandi narrazioni», le comunità. Dagli Stati Uniti ci arriva l’individualismo paranoico che tanto malessere psichico causa a ogni latitudine, ci arriva il risentimento delle minoranze che pretendono non solo di aver voce (cosa sacrosanta), ma di dettare legge. Tali tendenze sono solo in apparenza antiliberali: esse sono, in realtà, lo stadio finale, la malattia senile del liberalismo. Sono il «liberalismo reale», cioè un sistema che ci impoverisce economicamente e culturalmente.I liberal democratici europei - i numerosi Bernard-Henry Lévy che imperversano nel Vecchio Continente - pretendono che ci sorbiamo l’intero minestrone. Trattano da paria chi si oppone sul piano culturale e valoriale all’avanzata di questa modernità isterica e narcisista, e si comportano allo stesso modo con chi pone obiezioni sul piano politico e strategico. Per farla semplice: chi contesta l’ideologia Lgbt è trattato da nazista esattamente come chi sostiene che bisognerebbe evitare una guerra a oltranza con la Russia.Essere europei è un destino difficile da sostenere, ce ne rendiamo conto. Come ebbe a scrivere Massimo Cacciari, l’Europa è un arcipelago in cui convivono spinte, tensioni e pulsioni molto differenti che a noi tocca federare, fondere, conciliare. Libertà e tradizione, tecnica e fede, identità e differenza: sono gli opposti che ci hanno reso grandi pur lasciandoci in equilibrio precario. Adesso qualcuno pretende di imbiancare questo meraviglioso mosaico, di trasformare l’arcipelago in un parcheggio.Vogliono più democrazia liberale: l’avranno. A costo di distruggere la libertà e di annichilire il popolo.