2023-07-15
«Senza soluzioni all’immigrazione Fdi regalerà elettori ad altri partiti»
Il politologo Marco Tarchi: «Fratelli d’Italia non è populista né fascista, come vorrebbe la sinistra. La Meloni rappresenta la destra nazional-conservatrice italiana. Ma se lascerà dilagare il politically correct, perderà consensi».Fascisti, post fascisti, neofascisti, populisti, sovranisti, estrema destra: di Fratelli d'Italia è stata data ogni definizione possibile, solitamente a fini denigratori. Il nuovo numero della rivista Trasgressioni prova invece a dare del partito di Giorgia Meloni una descrizione scientifica, lucida e senza preconcetti, attraverso gli scritti di Alice Santaniello e, ovviamente, Marco Tarchi. Professore, ha dedicato un numero monografico della sua rivista a Fratelli d’Italia, ricco di analisi. Il cui esito è curioso: non è facilissimo definire questo partito. Lei sostiene che non sia né populista né «di estrema destra», come invece - superficialmente - alcuni osservatori sostengono. Perché non rientra in queste categorie?«Perché ad argomentazioni populiste ha fatto ricorso soltanto quando, 4-5 anni fa, doveva fare concorrenza alla Lega di Salvini per ritagliarsi uno spazio all’interno di un bacino elettorale che in quel momento era molto vasto. Prima e dopo di allora si è collocata su un’altra linea, nazionalista (aggettivo che, per ragioni di immagine, preferisce modificare in “patriottica”) e conservatrice. Del resto, alla nascita, dieci anni fa, voleva essere il nucleo di un Pdl 2.0, libero della soffocante tutela di Berlusconi. Nel fascicolo di Trasgressioni a cui lei fa riferimento, nel mio articolo di apertura cerco di confutare con argomentazioni scientifiche le interpretazioni di chi, a volte per pigrizia intellettuale e a volta per pregiudizio, vorrebbe a tutti i costi collocare Fratelli d’Italia in una categoria a cui è estranea. E anche il contributo della giovane studiosa che occupa le altre pagine della rivista, frutto di un lavoro di ricerca pionieristico, svolto quando nel mondo accademico dedicarsi a capire quel partito era un tabù, va in questa direzione».Che genere di partito è allora Fdi?«Come hanno scritto di recente il direttore dell’Istituto Cattaneo, Salvatore Vassallo - che è stato deputato del Partito democratico - e il sociologo Rinaldo Vignati - lui pure non sospettabile di simpatie per l’oggetto di studio - nel loro libro Fratelli di Giorgia (il Mulino), è il partito della destra nazional-conservatrice italiana. Né una mascheratura dell’eterno fascismo risorgente, come vorrebbe la parte più retrograda e miope della sinistra, né un partito di “destra radicale populista”».Secondo lei che cosa ha in comune con il Msi? ammesso che qualcosa di comune ci sia.«Non molto più della matrice storica, in quanto “terzo partito della Fiamma”. Il Msi era un partito neofascista, ha generato Alleanza Nazionale che voleva essere postfascista, ora Fratelli d’Italia è un partito afascista. Che, invece di rivedere criticamente l’eredità del filone ideologico che gli sta alle spalle, preferisce di fatto ignorarlo. Per adesso i suoi esponenti resistono alla tentazione dell’abiura, che era stata invece abbracciata con convinzione da Fini, con i ben noti risultati, ma suppongo che, con l’andar del tempo, le prese di distanze dal Msi ci saranno. E che si allontanerà ulteriormente un serio lavoro di riconsiderazione e revisione di un capitolo importante della storia italiana, che non dovrebbe essere lasciato in balia della penosa querelle fra denigratori e apologeti che, all’avvicinarsi del 25 aprile, viene riportata sulle pagine dei giornali e sui palcoscenici televisivi a suon di talk show e di processi in diretta dei reprobi non disposti a rilanciare la leggenda nera del Male Assoluto».Ormai Giorgia Meloni governa da qualche tempo. Non le chiedo una valutazione nel merito delle scelte. Mi interessa di più capire se, alla luce della sua analisi succitata, qualcosa l’ha sorpresa.«No. Mi aspettavo che, sapendo che l’avrebbero subito messa sotto torchio per capire se era l’ultima incarnazione dell’«anima nera della Repubblica», come venne definita da un brutto libro di alcuni anni addietro, avrebbe cercato di cogliere ogni occasione possibile per legittimarsi, e quindi non si sarebbe granché discostata, nelle scelte pratiche, dai suoi predecessori a Palazzo Chigi. I tempi della proclamata lotta all’establishment sono già lontani».Negli ultimi anni Lega e Fratelli d’Italia hanno molto insistito sull’immigrazione. Eppure non pare che questo governo stia utilizzando il pugno duro che qualcuno agognava e altri temevano. Che conseguenze ci saranno?«Questa è un’incognita, perché il problema è evidentemente destinato ad aggravarsi e a creare sempre più tensioni sociali, malgrado gli esorcismi di presidenti, papi, intellettuali e capipartito, e se le soluzioni resteranno solo a livello di proclami retorici, lo scontento potrebbe, alla lunga, prendere altre direzioni e cercare nuovi punti di riferimento.Anche nel rapporto con l’Unione Europea ci sono stati notevoli cambiamenti rispetto al passato. Lei come la vede?«Era scontato. Come avrebbe fatto, Giorgia Meloni, nei continui incontri che ha con esponenti dell’Ue, a ripetere le espressioni sarcastiche e quasi ingiuriose («parco giochi dell’alta finanza», «utopia sovietica» e simili) che le aveva scagliato contro fino a pochi mesi prima delle elezioni? La normalizzazione imponeva un cambio di passo. Certo, qui mi sembra che si sia trattato di un repentino dietrofront. Di riforme radicali dell’Unione non si è più sentito parlare, e il desiderio di stringere i rapporti con il Ppe fa pensare a un appiattimento ancora maggiore».Qualcuno dice: la destra ha capito che stare al governo richiede un cambio di atteggiamento. Ma è davvero così? Certe scelte le sembrano obbligate date le circostanze o sono invece consapevoli e programmate?«Consapevoli e obbligate non sono aggettivi per forza in contrasto. Da quando i sondaggi hanno fatto pensare a Meloni e ai suoi che l’obiettivo di prendere le redini del governo non era più un sogno, certamente ci si è preparati a questa svolta “moderata”. Va detto anche che all’esecutivo servono anche i voti parlamentari di Forza Italia. Che, se FdI volesse seguire linee più consone ai suoi programmi elettorali, e soprattutto preelettorali, sarebbe una pesante palla al piede».Un tema complesso è quello della giustizia. A tratti sembra di risentire dichiarazioni uscite dal periodo berlusconiano. E certi casi di cronaca complicano la situazione. Lo scontro con la magistratura è inevitabile? «Se si vorrà sul serio perseguire la separazione delle carriere, certamente sì. Non solo in Italia, da anni è in atto una crescita dell’interventismo politico della magistratura, non solo con le indagini e i processi, ma soprattutto con le interpretazioni delle leggi, sempre più spesso ideologiche e orientate in un senso aggressivamente progressista. Se Fratelli d’Italia vuole iniziare davvero una azione di contrasto di questa deriva, è su questo versante che deve agire. Se avrà la forza e il coraggio di farlo, è da vedere. Partire dall’eliminazione del reato di abuso d’ufficio non mi pare, in questo senso, un buon inizio».Non le chiedo un vaticinio, ma solo qualche sensazione. Crede che Giorgia Meloni occuperà lo spazio che a suo tempo fu di Berlusconi? «Elettoralmente? È probabile che una parte dei residui, e non molto numerosi, elettori orfani del Cavaliere finiranno per spostarsi verso Fratelli d’Italia, ma non credo che Meloni vorrà puntare su politiche post-berlusconiane, diventando una mini-Tatcher italiana».Utilizziamo due categorie molto abusate ma forse utili a orientarsi. A suo giudizio questa destra di governo è più vicina alle élites o al popolo?«Per adesso le élites cerca di non scontentarle, non spostandosi quasi per niente dalla linea Draghi. Ma tenta anche di apparire preoccupata della sorte dei “piccoli”, proseguendo con la logica dei bonus e dei sostegni. Si barcamena. Finché sarà in condizione di dedicare risorse a queste misure assistenzialistiche, continuerà a farlo, ma credo che, se i fondi venissero a mancare, si guarderebbe bene dal farsi bacchettare da Confindustria o dagli ambienti finanziari. Insisto: in FdI non c’è una fibra populista».Sta davvero nascendo qualcosa di inedito per l’Italia, ad esempio un nuovo partito conservatore, o ci ritroveremo una versione aggiornata della destra democristiana? «Entrambi gli scenari sono plausibili, ma se Fratelli d’Italia rinunciasse, almeno sul terreno dei temi etici, a una controffensiva conservatrice, lasciando dilagare in tutti gli ambiti l’ideologia del politically correct, deluderebbe una parte non indifferente dei suoi attuali elettori, che potrebbero rifluire sulla Lega o su altri possibili interpreti della mentalità populista».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.