2021-01-20
Solo Mattarella può fermare questo scempio
Il professore pronto al passaggio sul Colle per un rimpastone che premierebbe i «responsabili». Era l’esito auspicato da Renzi e che l’avvocato in pochette rifiutava, temendo che il veto del capo di Iv gli costasse il reincarico. Ma adesso la crisi sarebbe pilotataNon c’è due senza ter: incassata la fiducia anche al Senato, Giuseppe Conte spera di varare il suo terzo governo in meno di tre anni di legislatura, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il Quirinale, oltre alla matematica. Conte spera di recuperare nelle prossime ore i voti che ieri sera sono mancati al Senato promettendo poltrone. Ci riuscirà? Non si sa: quello che si sa è che il timing prevede entro 48 ore una sua salita al Quirinale. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non farà sconti a Conte, e gli chiederà di mettere nero su bianco i nomi dei senatori e deputati pronti a sostenere un nuovo governo. Il Colle darà il suo via libera al terzo governo Giuseppi solo a condizione che il premier dimostri di avere una maggioranza strutturata, ovvero basata su nuovi gruppi parlamentari in grado di sostituire i renziani alla Camera e al Senato e non su deputati e senatori sparsi. Non solo: se i ministri da cambiare saranno più di tre o quattro, Conte dovrà necessariamente dimettersi per ottenere il reincarico lampo. Passaggio che il premier ha sempre rifiutato, perché Matteo Renzi a quel punto avrebbe messo il veto sul suo nome: stavolta però la crisi sarebbe pilotata, e quindi Giuseppi accetterebbe di dimettersi prima di essere di nuovo incaricato dal presidente della Repubblica. Non manca però, tra gli addetti ai lavori, chi ritiene che ottenuta la fiducia, anche con la maggioranza relativa, Conte non sarebbe comunque obbligato alle dimissioni ma potrebbe procedere con un semplice rimpasto. Lo schema di Giuseppi prevede che uno dei membri del nuovo governo sia Riccardo Nencini, senatore socialista, che fino a ieri ha ospitato sotto il suo simbolo, quello del Partito socialista, i colleghi di Italia viva. «Approvato lo scostamento di bilancio», dice in aula Nencini, «che voteremo, convochi rapidamente le forze europeiste che accoglieranno il suo appello [...]. La crisi», aggiunge il quasi neoministro Nencini, ufficializzando lo smarcamento da Renzi, «è un azzardo che io non ho condiviso». Il gruppo del Psi, a quanto risulta alla Verità, diventerebbe il contenitore nel quale, al Senato, confluirebbero i «responsabili», a partire da qualche senatore di Iv pronto a dire addio a Matteo Renzi, che si è ancora una volta autorottamato. Alla Camera, sarebbe Bruno Tabacci a raccogliere i transfughi sotto l’ombrello del suo Centro democratico. Tabacci diventerebbe a sua volta ministro nel Conte ter. Un socialista al Senato e un democristiano alla Camera: l’ex avvocato del popolo rispolvera i due pilastri del pentapartito della prima Repubblica. E ne fonda uno tutto nuovo: la maggioranza del Conte ter sarebbe composta, responsabili permettendo, da Pd, M5s, Leu, Socialisti e Centro democratico. L’Udc? Le trattative procedono a rilento, anche se Paola Binetti, una delle tre senatrici del partito di Lorenzo Cesa, si sbilancia: «Oggi voteremo no alla fiducia, da domani vedremo». La nuova squadra di Conte si va comunque delineando. I due ministeri lasciati liberi da Iv, l’Agricoltura e la Famiglia, andrebbero rispettivamente a Nencini e Tabacci. Il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, andrebbe a sostituire Riccardo Fraccaro nella delicata funzione di sottosegretario alla presidenza del Consiglio; Carla Ruocco, grillina vicina a Roberto Fico, andrebbe al Lavoro al posto della collega di partito Nunzia Catalfo; sempre caldo il nome del capogruppo alla Camera del Pd alla Camera, Graziano Delrio, ai Trasporti, al posto di Paola De Micheli. Per convincere il maggior numero possibile di parlamentari indecisi, Conte utilizzerà il miraggio del suo nuovo partito, la lista ConTe, come preannunciato mesi fa dalla Verità. «Si va», profetizza il deputato Gianfranco Rotondi, «verso un centro-sinistra col trattino, la formula di Cossiga». La promessa di una nuova legge elettorale proporzionale serve a ingolosire gli onorevoli di Forza Italia che, numerosissimi in questa legislatura, sanno già di non essere mai più rieletti se non in minima parte, sia a causa del taglio dei parlamentari che del taglio dei consensi del partito. L’unico spazio elettorale attualmente contendibile è quello che fino alle scorse elezioni è stato presidiato appunto da Fi: un elettorato moderato, europeista, liberale, quello per intenderci che hanno cercato di radunare Matteo Renzi e Carlo Calenda, finora con scarsi risultati. Non solo: nella lista ConTe potrebbero confluire anche i parlamentari del M5s giunti al secondo mandato e quindi non più ricandidabili. Questo il piano di Conte, questo, per meglio dire, il suo sogno. Che potrebbe però trasformarsi in un incubo se il premier non sarà in grado di offrire ai parlamentari in odore di responsabilità la giusta «visibilità». Se Conte avrà fatto male i conti, la sua esperienza da premier si concluderà in maniera assai traumatica, e si riapriranno tutti i giochi. Il Pd è pronto ad andare alle elezioni: Nicola Zingaretti si libererebbe di tutti i parlamentari «nominati» nel 2018 da Renzi, e li sostituirebbe con suoi fedelissimi. Ovviamente, per arrivare al voto, a giugno, ci vorrebbe un governo elettorale, guidato da Marta Cartabia o Carlo Cottarelli.