2023-02-22
Solo le armi dei cinesi fanno male?
Federico Rampini, sul «Corriere della Sera», ci spiega che Pechino, inviando arsenali in Russia, «varcherebbe la fatidica linea rossa». Cosa che però l’Occidente ha già fatto da mesi.Se un missile cinese allontana la pace, un missile americano non la avvicina. Dovrebbe essere un’asserzione da Banal Grande, una scontata simmetria lessicale lontana dal tifo post-ideologico, invece rappresenta da un anno l’Everest insuperabile nell’impervia dialettica massmediatica attorno alla guerra in Ucraina. Avviluppati nella logica perversa delle armi buone (quelle occidentali) e le armi cattive (quelle di Vladimir Putin), siamo fermi come lottatori di sumo. Siamo spaventati nell’indicare la terza via, che sarebbe la ricerca sistematica della pace, per non correre il rischio di entrare automaticamente nel serraglio dei «putiniani di complemento».Nella trappola cade anche Federico Rampini, uno dei più lucidi ed equilibrati analisti di globalizzazione e dintorni, che in prima pagina sul Corriere della Sera lancia un allarme: «La Cina sta per varcare la fatidica linea rossa, la fornitura di armi a Mosca. Se lo farà, l’aggressione russa all’Ucraina potrà durare molto di più e moltiplicare le vittime. Il mondo sarà risucchiato fra blocchi con parallelismi inquietanti». Senza mai voler confondere le ragioni e i torti di vittime e aggressori (premessa necessaria come un greenpass sociale), umilmente facciamo notare che le armi occidentali mandate per un totale di 50 miliardi di dollari a Volodymyr Zelensky non hanno avuto né avranno - contro un Paese che rappresenta un ottavo delle terre emerse - il potere taumaturgico di accorciare la guerra e di diminuire il numero delle vittime. La narrazione è comprensibile e funzionale all’Alleanza di cui facciamo parte, ma dire che se così fosse «torneremmo a una logica di scontro totale Est-Ovest» significa far finta di non sapere che già siamo dentro quello scenario. Costretti un anno fa a rientrare nella Storia, dobbiamo rispettare obblighi militari determinati da decisioni che ci passano un chilometro sulla testa come palloni spia. Senza margini di trattativa e di confronto dialettico, semplicemente ubbidiamo a Washington mentre il mainstream mediatico passeggia nel prato fiorito della tautologia e della propaganda, per nulla in imbarazzo nel raccontarci una realtà asimmetrica che sconfina nella fiction. Possiamo gridare che i missili cinesi allungano la guerra ma non possiamo sussurrare che i nostri non la accorciano. Come buttare il sano realismo alle ortiche. Il coinvolgimento diretto della Cina è preoccupante perché radicalizzerebbe il conflitto, ne allargherebbe il perimetro e costringerebbe i protagonisti a rivedere per intero anche strategie economiche e commerciali. Per Xi Jinping non sarebbe una definitiva scelta di campo ma la fine di un equivoco; Pechino è sempre stata al fianco di Mosca con la cinica discrezione che gli antichi manuali del ramo attribuiscono al boia cinese. Quello che «tagliava la testa al condannato in modo così rapido e perfetto da lasciarla sul corpo inanimato». Secondo Rampini, la Repubblica popolare ritiene interessante il campo di battaglia ucraino perché «in vista di un attacco a Taiwan, studiarsi una guerra reale è meglio che limitarsi ai wargame virtuali. Fornire le armi ai russi consente di testare le proprie tecnologie belliche». Anche qui, in nome dell’asimmetria, è dolce dimenticarsi che i tank tedeschi Leopard II, i razzi anticarro britannici, i satelliti pagati controvoglia da Elon Musk e gli ulteriori supporti bellici che il segretario Nato, Jens Stoltenberg, sta chiedendo agli alleati nel suo road show servono anche a questo. Non ci sono armi buone e armi cattive, solo armi che sparano. La Chiesa lo sta dicendo da un anno. «È ovvio che si debba continuare a insistere perché si aprano spazi di pace e non ci sia soltanto la logica delle armi. La legittima difesa è importante ma allo stesso tempo dobbiamo cercare ogni via di dialogo». Lo ha ribadito due giorni fa il presidente della Cei, Matteo Zuppi. La via del dialogo, l’unica strada che nessuno cerca. Neppure il quarto potere, convinto che ad allungare la guerra siano solo i droni cinesi.