2024-06-21
Il modello svedese per ridurre i danni da fumo funziona, ma Ue e Oms lo ignorano
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Un negozio di snus in Svezia. Nel riquadro in alto a destra lo psicologo clinico svedese Karl Fagerström
La Svezia è vicina a diventare il primo Paese europeo «smoke free» grazie alle politiche adottate dal governo che ha deciso di puntare forte sulla riduzione del danno, alzando le tasse sulle sigarette tradizionali e abbassando quelle sullo snus, le bustine di tabacco umido che l'Europa ha messo al bando nel resto dell'Unione. «Alcuni governi e organizzazioni non sono dipendenti dalla nicotina, ma dai soldi» spiega lo psicologo clinico Karl Fagerström.In Europa esiste un modello svedese di successo che può condurre verso la riduzione del danno causato dal fumo a combustione che oggi non è più possibile ignorare. Parliamo dello snus, un tipo di tabacco umido in polvere contenuto in bustine che si inseriscono tra il labbro superiore e le gengive, che nel paese scandinavo costituisce la principale alternativa al fumo tradizionale grazie al quale, numeri alla mano, la Svezia ha raggiunto in questi ultimi anni risultati sorprendenti e convincenti nel campo della prevenzione e del controllo del tabagismo.Il Paese scandinavo si trova, infatti, a un passo dal diventare il primo di tutta l’Unione europea a raggiungere l’obiettivo «smoke free», vale a dire una società libera dal fumo, avvicinandosi a grandi falcate alla soglia del 5% di fumatori giornalieri, il tasso indicato sia dall’Oms che dall’European network for smoking and tobacco prevention per essere classificati come paese senza fumo. Un risultato che la Svezia, non solo si appresta a raggiungere con molti anni di anticipo in relazione a quanto richiesto l’Unione europea, che aveva fissato il 2040 come obiettivo, ma che la pone in assoluto vantaggio rispetto a tutti gli altri Stati membri. L’Italia, per esempio, è ancora ferma a un tasso del 24,2% di fumatori della popolazione, pari a circa 12,5 milioni di persone. Italia dove, come nel resto dei Paesi appartenenti all’Ue, lo snus è stato messo al bando da una direttiva europea del 1992 in quanto considerato nocivo e cancerogeno sulla base di uno studio effettuato dall’Oms nel 1985. A distanza di quasi 40 anni da quello studio, però, il caso di successo della Svezia, Paese che vanta inoltre il minor tasso di mortalità causata dal tabacco, dimostra esattamente il contrario. Eppure l’Oms e l’Unione europea si ostinano a percorrere la strada del proibizionismo; mentre il governo di Stoccolma ha deciso di puntare con decisione sulla politica della riduzione del danno alzando le tasse sulle sigarette e abbassando quelle sullo snus.«Una società senza tabacco è un obiettivo realistico, ma una società senza nicotina è difficile». Ad affermarlo, in più di una circostanza, è stato Karl Fagerström, psicologo clinico svedese oltre che fondatore della Society for research on nicotine and tobacco e vicedirettore di Nicotine & Tobacco research che abbiamo raggiunto a Stoccolma per addentrarci meglio nei particolari di questo dibattito.Professore, qual è il segreto del successo del modello svedese?«Non c’è un’unica risposta. Esistono diversi fattori: storici, culturali, ma soprattutto politici».Perché il fattore politico è il più determinante?«Sicuramente la scelta del governo svedese, che ha deciso fin da subito di intraprendere la strada della trasparenza su quelle che sono le alternative al fumo tradizionale, ha inciso molto. Questo non significa voler facilitare o incentivare l’accesso a questi prodotti, soprattutto nei giovani, piuttosto indirizzare la popolazione verso una riduzione del rischio, perché è chiaro che il fumo esiste e non lo si può eliminare del tutto».Il governo ha deciso di abbassare le tasse sullo snus, come incide questo?«La tassazione ha un effetto positivo sul consumo di questi prodotti, è molto importante perché indirizza i fumatori verso quel tipo di consumo. Nella maggior parte dei casi è il motivo per cui chi fuma sceglie di abbandonare la sigaretta tradizionale e passare allo snus».Perché lo snus viene demonizzato al di fuori della Svezia?«Penso che sia colpa del fatto che negli ultimi anni del Novecento l’industria del tabacco si sia guadagnata una cattiva reputazione in merito a studi effettuati nel passato da scienziati ritenuti non del tutto indipendenti. Questo però non dovrebbe influenzare e pregiudicare quelle che oggi sono evidenze scientifiche».Pensa che ci siano anche ragioni economiche?«Penso proprio di sì. Alcuni governi non sono dipendenti dalla nicotina, ma dai soldi e il prestigio loro e di alcune organizzazioni è più importante della salute dei fumatori».A chi si riferisce?«Penso a chi ha forti interessi nel mercato del fumo a combustione, come la Cina per esempio, che non vogliono nessun cambiamento. O a importanti network come Bloomberg e altre ong vicine al settore delle sigarette».Questo modello può essere esportato all’estero e se sì cosa serve?«Credo che possa essere esportato in altri Paesi in modo da salvare altre vite, ma serve tempo per stimolare un cambiamento culturale, affinché il prodotto sia accettato e non demonizzato».In Italia oggi si possono acquistare soltanto le nicotine pouches, ovvero le bustine contenenti nicotina ma non tabacco. Quanto è importante diversificare l’offerta?«Sì le nicotine pouches sono l’evoluzione dello snus. Penso sia necessario diversificare l’offerta dei prodotti in modo da intercettare più fumatori possibili, perché ovviamente non esiste il modo di convertire tutti i fumatori verso un’unica soluzione».
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