2021-07-25
La Slovenia fa arrabbiare gli iraniani
Il premier Janez Janša inaugura la presidenza di turno dell'Ue intervenendo a un evento di dissidenti del regime degli ayatollah. La mossa filo americana spiazza Josep Borrell.Avvio tempestoso della presidenza di turno rappresentata dal premier sloveno Janez Janša. Quest'ultimo, intervenendo alla conferenza on line organizzata dal Consiglio nazionale di resistenza dell'Iran, un'associazione politica d'opposizione al regime degli ayatollah operante in esilio, ha dichiarato che la comunità internazionale ha il dovere di sostenere le aspirazioni del popolo iraniano a vivere in un Paese democratico in cui si rispettino i diritti umani e in cui venga fatta luce sul massacro dell'opposizione politica perpetuata da Khomeini. La frase pronunciata da Janša è rimbalzata sui social di tutto il mondo rafforzata dalle condivisioni di due ex ministri degli esteri italiani quali Franco Frattini e Giulio Terzi e dalla presenza alla conferenza di decine di parlamentari statunitensi democratici e repubblicani oltre che di Mike Pompeo, ex Segretario di Stato di Donald Trump.Essendo il neoeletto presidente dell'Iran, Ebrahim Raisi, sospettato d'aver avuto nel 1988 un ruolo di primaria importanza nell'uccisione di 30.000 rappresentanti dell'opposizione ed essendo il Consiglio nazionale di resistenza controllato dai Mujahedin del popolo iraniano (Mek) cioè da un partito considerato terrorista e fuori legge dal governo di Teheran, il ministro degli esteri della Repubblica islamica Mohamed Javad Zarif ha immediatamente chiamato Borrell per protestare e sapere se la posizione del premier sloveno rappresentasse anche quella dell'Ue. Visibilmente contrariato per la provocatoria mossa di Janša, Borrell ha ribadito che si tratta di una scelta specificatamente slovena che non coinvolge in alcun modo gli altri Stati membri dato che la posizione politica dell'Ue nei confronti dell'Iran islamico è da sempre assai più bilanciata. La fuga in avanti del governo di Lubiana si basa in verità sulla posizione di aperto sostegno degli Usa nei confronti del Mek. Questi dopo averla depennata dalla lista nera proprio dietro pressioni americane ne hanno dovuto perfino accettare la presenza fisica sul territorio del Vecchio Continente. Ben 4.000 membri del movimento vivono oggi nella cittadella fortificata di Ashraf-3, vicino a Durazzo, dopo che nel 2013 l'allora presidente Usa Barrack Hussein Obama ed il premier albanese Edi Rama conclusero un accordo bilaterale di ricollocazione degli attivisti iraniani residenti negli Stati Uniti. Il Mujahedin del popolo sono la cristallizzazione della apoliticità strategica statunitense. Infatti, nonostante il Mek sia un partito combattente, nazionalista, di ispirazione marxista propagandante il socialismo islamico sotto il controllo dei coniugi Rajavi, la dirigenza politica Usa ne sostiene in maniera bipartisan l'esistenza e le attività nella convinzione che il partito abbia una buona capacità di destabilizzazione della teocrazia iraniana. L'intervento di Janša a favore del Mek, certamente coordinato con l'ambasciata di Washington a Lubiana, aveva lo scopo primario di ripulire la sua immagine di sostenitore trumpiano agli occhi della nuova amministrazione Biden, su un tema caro tanto ai repubblicani, quanto ai democratici. Tuttavia, aveva anche l'obiettivo di provocare una rivisitazione delle posizioni politiche esistenti all'interno dell'area euro-atlantica nel quadro di massima pressione portata innanzi da Washington nei confronti di Teheran a poche settimane dall'inizio ufficiale del mandato presidenziale di Raisi, da sempre persona di fiducia degli ayatollah.La bontà della mossa è stata provata dall'immediata reazione della diplomazia iraniana, che oltre a chiamare urgentemente Borrell mentre era in volo tra Zagabria e Bruxelles ha anche convocato l'ambasciatrice slovena consegnandole una nota di protesta ufficiale. Visto l'inizio scoppiettante della presidenza slovena non è da escludere che Janša abbia in serbo ulteriori sfide al torpore diplomatico europeo.
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