2022-06-25
Sky riporta in tv il «giallo» di Agatha Christie
True
Perché non l’hanno chiesto a Evans? è su Sky
In onda in prima serata a partire da oggi la miniserie tratta dal romanzo Perché non l’hanno chiesto a Evans?, che la scrittrice britannica pubblicò nel 1934.Sarà l’estate, la convinzione ormai radicata di non potersi aspettare un granché dall’offerta televisiva di stagione. Sarà il caldo, la pesantezza torrida delle sere di città, ma una serie, fra le tante, sembra essere stata pensata per placarlo un po’, questo senso di umidiccio e appiccicoso soffocamento. Perché non l’hanno chiesto a Evans?, adattamento del romanzo che Agatha Christie scrisse nel 1934, è quel che la televisione dovrebbe essere e raramente è: un prodotto capace di rapire chi guardi e trasportarlo altrove, in un’epoca fuori dal tempo, dove nulla risuoni, non gli eco del presente, i sottotesti politici, non la violenza di emozioni esasperate. La serie televisiva, che Hugh Laurie, il dottor House claudicante con le tasche piene di Vicodim, ha voluto dirigere in prima persona, è un racconto «strano». Strano, che è bello, originale. Dire cosa sia, se una commedia romantica o un giallo, è impresa ardua. E si affastellano i generi, si rincorrono, si prendono, ed è l’uno che prevale sull’altro per cedere il campo e farsi da parte, pronto ad una prossima rincorsa. Perché non l’hanno chiesto a Evans?, su Sky dalla prima serata del 25 giugno, è Agatha Christie, così come Agatha Christie l’avrebbe scritta. Senza fronzoli, senza la ricerca ossessiva di una qualche forma di innovazione, senza la china drammatica cui spesso gli adattamenti cinematografici l’hanno costretta. È letteratura, trapunta di piccoli quanto furbi accorgimenti.Perché non l’hanno chiesto a Evans?, per cui Hugh Laurie ha messo insieme un cast di grandissimi, è la storia di una morte sospetta: di un uomo, delle sue ultime parole. «Perché non l’hanno chiesto a Evans?», ha mormorato lo sconosciuto, sulla spiaggia di Marchbolt, in riva al mare che bagna il Galles. Lo ha mormorato con l’ultimo respiro di cui è stato capace, lo ha mormorato per sé, senza vedere l’uomo che gli stava di fronte. Bobby Jones, figlio del vicario locale, ha raccolto, però, quel messaggio affidato al vento. Di più. Lo ha preso a cuore, ha giurato di decifrarlo, di improvvisarsi detective e far luce su quella morte orrenda, il suo mistero. Ma un uomo, un altro, sembra aver fatto altrettanto, e una donna, Lady Frances Derwent, ha promesso di aiutarlo. Sono false piste, allora, miraggi e inganni a cadenzare l’incedere della narrazione. E sono Jones e Derwent, Frankie nello show, ad accompagnare il dipanarsi della trama, ad esaltarlo senza mai fagocitarlo. Jones e Frankie, Will Poulter e Lucy Boynton, sono bravi. Bravissimi. Pare quasi di poterla toccare, la loro alchimia. Ma la performance, impeccabile, è quantomai bilanciata. C’è un equilibrio raro, tecnico. C’è il talento che si manifesta con consapevole misura, senza strafare, perché sia il personaggio e non la persona a catturare lo spettatore. Un principio, questo, che nella serie sembra essere assurto a regola.Hugh Laurie, anche sceneggiatore dello show, ha voluto coinvolgere sì alcuni colleghi blasonati. Uno sfizio, Emma Thompson, Jim Broadbent, Conleth Hill, se stesso. Ha scelto i migliori, ma ai migliori ha affidato ruoli minori. Comparsate, costruite così bene, però, da non poter essere dimenticate. Ed è così, con carattere e cura del dettaglio, sullo sfondo grandioso degli anni Trenta, che Perché non l’hanno chiesto a Evans? procede. Da un lato, il mistero. Dall’altro, l’intreccio romantico. Nel mezzo, dialoghi venati di un’ironia fine e la sensazione, confermata ad ogni puntata, di aver investito bene il proprio tempo.
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