2025-04-27
Ora la sinistra cerca di trasformare The Donald in un teologo «matto»
Paula White, capo dell’Ufficio della fede, insieme a Donald Trump (Ansa)
Veronica De Romanis accusa Trump di aver vinto grazie a teorie che legano fede e ricchezza. Ma il tycoon ha convinto gli elettori impoveriti con le sue idee politiche. Al contrario dei tecnici alla Monti che invocavano sacrifici.Donald Trump non si baserebbe su un pensiero e teoria economici per le sue scelte di governo, ma sulla religione come ha scritto, ieri, su La Stampa, Veronica De Romanis: «In particolare le misure protezionistiche trovano una chiave di lettura all’interno della cosiddetta “teologia della prosperità”… In estrema sintesi, la teologia della prosperità si fonda sull’idea che benessere, salute e felicità arrivino attraverso Dio. La fede, in questo contesto, diventa uno strumento, anzi una condizione meritocratica per l’ascesa sociale». Insomma se non hai fede sei povero, non stai bene e sei pure malato. Lo Stato non ci può fare nulla, devi rivolgerti direttamente a Dio.Ora, che Trump in occasione dell’attentato durante un comizio abbia affermato che è stato salvato da Dio per il bene degli Stati Uniti è vero; che abbia costituito presso la Casa Bianca un Ufficio della fede affidato alla sedicente teologa Paula White e che questa sia una esponente di rilievo della teologia della prosperità è altrettanto vero. Che lo stesso Trump abbia voluto immortalare l’istituzione di questo ufficio con una foto che ricorda l’Ultima Cena, con lui al centro e tutti i pastori delle diverse religioni attorno a lui è ancora vero. E sono tutte cose che non ci piacciono perché siamo fautori di uno Stato laico dove non si vede né l’utilità né il senso si istituire un Ufficio della fede. Da qui a sostenere che le politiche economiche di Trump, dazi in testa, siano frutto della sua adesione alla teologia della prosperità ci sembra almeno azzardato se non privo di senso. Trump è un capitalista americano che è repubblicano ma persegue politiche, come i dazi, fanno ribaltare nella tomba presidenti liberisti come Ronald Reagan, è un negoziatore nato abituato a pensare sempre in termini di do ut des dalla sua storia imprenditoriale e con quella logica agisce e ragiona anche in politica. Tutto discutibile, per carità, ma da qui ad affermare quello che scritto la De Romanis bisogna fare un triplo salto mortale carpiato, e certamente si finisce per sfracellarsi al suolo. A noi non risulta che Trump abbia vinto facendo appello alla fede ma constatando, come gli americani che lo hanno votato (tra i quali il 54% dei cattolici), i disastri della presidenza Biden, a partire da quelli economici. Né ci risulta che abbia affermato che i poveri e i disoccupati siano tali in quanto non credenti ma siano una conseguenza di politiche economiche sbagliate.Che poi Trump sia sempre stato su posizioni economiche distanti dal papa più anticapitalista della storia della dottrina sociale della Chiesa dalla Rerum Novarum (1891) di papa Leone XIII a oggi, non c’è altrettanto dubbio. Ma dobbiamo anche ricordare che quella teologia da tre soldi della prosperità non ha nulla a che fare con la dottrina cattolica. Semmai è proprio in ambito cattolico che nasce, sin dal Medioevo una dottrina etico-economica che, pur indicando delle regole morali di buon funzionamento e dei fini eticamente buoni, indica nel commercio e in definitiva nel mercato buoni strumenti per l’accrescimento materiale della società. Basti ricordare quello che nel 1991, nella Centesimus Annus, scriveva papa Giovanni Paolo II: «Sembra che, tanto a livello delle singole nazioni che a quello dei rapporti internazionali, il libero mercato sia lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni… Ma esistono numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato. È stretto dovere di giustizia e di verità impedire che i bisogni umani fondamentali rimangano insoddisfatti e che gli uomini che ne sono oppressi periscano». Questa dottrina è nel solco della tradizione cattolica dal Medioevo a oggi, passando per gli insegnamenti in materia di diritto ed economia, anche internazionale, della Scuola di Salamanca. Del resto lo stesso economista e storico dell’economia Joseph Schumpeter ha fatto risalire proprio alla riflessione filosofico-teologica cattolica medioevale la nascita della riflessione economica anche sul capitalismo.Il resto è calvinismo (vedi Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904). Non c’entra nulla col cattolicesimo (vedi Amintore Fanfani, Cattolicesimo e Protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, 1934). Punto. Le politiche economiche di Trump, ovviamente, sono criticabili, ma non abbiamo prove che dipendano da quella teologia da strapazzo, se non ricostruzioni fantasiose. Sull’anti capitalismo di Bergoglio ci sarebbe molto da discutere in sede teologica e filosofica, ma non è questa la sede.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
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