2025-09-03
Prima distruggono l’uomo virile. Poi piangono: «Diventiamo lesbiche»
La «Stampa» racconta la moda delle «eteropessimiste», pronte a unirsi a una donna perché sono state deluse dagli uomini. Che il femminismo ha svilito, innalzando steccati tra i sessi. Ipocrita lamentarsi adesso.Il verdetto è arrivato: il problema sono i maschi. Tutti i maschi. Forse la mascolinità in sé. È vero: gli utenti del gruppo Facebook «Mia moglie» e di Phica.eu non erano mica pochi. Ma per quante migliaia di uomini potessero essere coinvolti nel miserabile e illecito traffico di immagini osé, noi credevamo che a rispondere delle loro azioni e degli eventuali reati dovessero essere quelli che li hanno commessi. E invece no: c’è del marcio, a quanto pare, in ognuno di noi muniti di cromosoma Y. Al punto che le donne, «ormai irrimediabilmente esauste», scriveva La Stampa ieri, si sentono costrette a prendere una decisione drastica: diventare lesbiche.Sembra una barzelletta. In realtà, era un approfondimento del quotidiano torinese, che si è esercitato in un triplo carpiato della logica: a pagina 11, ci illustrava l’«epifania dell’Altro», che la «coscienza occidentale», arenatasi a Gaza, può uccidere solo al prezzo di suicidarsi; a pagina 18, ci spiegava che a tante ragazze l’«Altro», se dotato di pene, oggi fa talmente schifo che preferiscono toglierselo dai piedi. Costringendosi «ad amare un’altra donna», come suggerisce sul New York Times «l’autrice americana Jean Garnett».Idea geniale. Trascorri anni a picconare la virilità, poiché si fonderebbe su archetipi patriarcali oppressivi. E quando ti accorgi che ciò che ti è rimasto è solo il peggio del maschio, ti disperi: a questo punto, sospiri, diventiamo lesbiche.Lo chiamano «eteropessimismo», ci informava il giornale del gruppo Gedi. Ed è una tendenza culturale - non si sa quanto diffusa: ci auguriamo che la gente comune ragioni ancora con il buon senso - che nasce dalla radicale diffidenza nei confronti dell’Altro (sesso). «Non fanno paura solo i mostri», lamentava La Stampa, «è diventato difficile fidarsi anche dell’uomo qualunque». Colui che si reputa innocente, ma è incapace di offrire «stima, affetto e rispetto», è «emotivamente immaturo» e dunque inadeguato a soddisfare i bisogni di questa mesta fiumana di signorine, evidentemente tutte in possesso di un’interiorità profonda e di un’etica inappuntabile, all’opposto dei loro pretendenti. Gli stronzi, insomma, stanno solo da una parte. Tanto vale cantarsela e suonarsela da sole: figuriamoci se una donna sarebbe mai capace di negare alla sua partner «stima, affetto e rispetto», o se potrebbe mai essere «emotivamente immatura». Per carità, non andiamo a riesumare le indagini che, già dalla prima decade degli anni Duemila, registravano il fenomeno degli abusi nelle coppie femminili omosessuali: nel 2010, un sondaggio dei Cdc americani svelò che il 44% delle lesbiche aveva subito violenze e che, nei due terzi dei casi, a compierle erano state delle donne.Possibile che gli uomini siano così terribili? Possibile che vadano monitorati con le app di «dating advice», con cui, negli Usa, le giovani si scambiano notizie e persino fedine penali dei tizi con cui hanno appuntamento? Possibile che, di fronte a una platea di ragazze irreprensibili, sempre disposte a supportare e curare la persona che amano, sempre animate dai più genuini sentimenti, si stagli un oceano di soggettacci che nella migliore delle ipotesi sono degli imbecilli e nella peggiore dei maniaci?A Nadia Ferrigo, che ha firmato il reportage di ieri sulla Stampa, erano venute in mente le parole di Quello che le donne non dicono sui «complimenti dei playboy» e le «serate amare». A noi, più prosaicamente (siamo uomini…), sovviene una scena del film Amici miei: il Melandri, aiutato dai compagni a uscire da una relazione che oggi definiremmo «tossica», va insieme a loro a godersi la mitica «zingarata». E riscoperto il gusto delle bravate in un esaltante clima cameratesco, esclama: «Ragazzi, come si sta bene fra noi, fra uomini: ma perché non siamo nati tutti finocchi?». Non se ne abbiano i gay. Il fatto è che non c’è niente di nuovo sotto il sole. La pellicola di Mario Monicelli uscì nel 1975 e già allora esistevano gli «eteropessimisti», ancorché di sesso maschile. E non perché in giro ci fossero schiere di donne immature o depravate, ma perché la difficoltà di comunicare, capirsi, amarsi, è uno scoglio sul quale sia gli uomini sia le donne sono sempre andati a sbattere. Da che mondo è mondo, maschi e femmine sperimentano la difficoltà di aprirsi all’Altro, di accoglierlo, di rinunciare all’ego per fargli spazio. È una delle barriere che alimenta l’angoscia di diventare adulti. Sarà per questo che il Dio cristiano, al quale dovremmo somigliare, è uno e trino: il Dio cristiano esce da sé, è relazione. Uscire da sé: forse è questa fatica che non si vuol più fare. E alimentare la guerra tra sessi di sicuro non ha facilitato le cose. Crocifiggere la virilità ha grattato via le caratteristiche positive dell’essere uomo (vir, appunto: uomo di carattere, non semplice maschietto). Tra esse dovrebbero rientrare pure la maturità affettiva, lo spirito d’iniziativa, la capacità di assumersi le proprie responsabilità. All’uomo devirilizzato rimane soltanto la prigione del testosterone: impulsi dei quali, nel frattempo, gli è stato detto che si deve vergognare e che, se non riesce a governarli, sfoga malamente. Sono però quelle voglie che le donne ora intente ad additare gli aguzzini di Phica, al contempo, magari monetizzano serenamente sfruttando Onlyfans. Oppure venendone sfruttate.Ieri, su Repubblica, Concita De Gregorio ha voluto ribadire che il discrimine tra uso legittimo e illegittimo del nudo pornografico è il consenso. D’accordo: appagare triviali istinti senza l’accordo dei diretti interessati è atroce. Ed è illegale. Ma la lode del «sex work» si nutre esattamente delle squallide pulsioni che sono alla radice delle combriccole social degli erotomani. E sarebbe interessante contare quante attiviste femministe mercifichino il corpo sul Web con gli stessi porci che dicono di detestare. Viene spontaneo domandarselo: il patriarcato va bene quando c’è il consenso? O quando torna utile ad alzare due soldi?
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