2025-03-27
La sinistra ostenta solo antipatia e arroganza
Vent’anni fa Luca Ricolfi denunciò in un suo libro i quattro mali dello schieramento progressista, che «offendono il comune sentire delle persone». Da allora non è cambiato nulla. Anzi, i militanti continuano a vantare una superiorità che non esiste.Un ventennio buttato via. Sono trascorsi vent'anni da quando fu pubblicato Perché siamo antipatici? - La sinistra e il complesso dei migliori, autore Luca Ricolfi.Seguito l’anno dopo da Venerati maestri - Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia di Edmondo Berselli, appena rieditato da Quodlibet. Due «bibbie» per chi, da sinistra, ha messo sul banco degli imputati «l’essere di sinistra», qualunque cosa s’intenda oggi con tale espressione.Segnalando gli atteggiamenti mentali, le pose culturali, i tic, i pregiudizi, i riflessi pavloviani, le ipocrisie, i riti e i miti dei sedicenti «unti (e bisunti) dal Signore».I tipi sinistri, titolo di una galleria di ritratti urticanti di Giampaolo Pansa.Dispensatori di sdegno «a schiovere»: «La situazione è drammatica, la democrazia pericolante, lo SdS - Stronzetto di Sinistra - ha l’indignazione facile, scatarrosa, lavica» così il compianto Stefano Di Michele sul Foglio, 3 aprile 2011.Abili nel coniare slogan da Tavole della Legge, tipo «le parole sono importanti, le parole sono pietre», che di conseguenza vanno maneggiate con cura.Salvo ricredersi quando frasi e vocaboli dall’ inequivocabile significato letterale non sono più «funzionali».Ecco allora che le «pietre» - con uno triplo salto mortale «con scappellamento a destra», avrebbe ribadito il Raffaello Mascetti di Amici miei - sono sotterrate nel giardino del «contesto».E «se si decontestualizza, si mente», ha buttato lì Roberto Saviano su X, come già spiegato su queste colonne da Adriano Scianca a proposito della vexata quaestio del Manifesto di Ventotene, molto citato, approfondito un po' meno.Un po' come il «programma» di un partito o di una coalizione.Che, ha annotato perfidamente Massimo D’Alema, «è quella cosa che tutti invocano quando non c’è, e che nessuno legge quando c’è».Il programma magari no, ma qualche libro invece andrebbe consultato, visto che l’«abominevole» intervento di Giorgia Meloni ricalcava quanto scritto nel 2014 da Ernesto Galli della Loggia (!) in un libro-dialogo con Giuliano Amato(!!), Europa perduta?, per il Mulino (!!!).E qui si conferma l’attualità dell’analisi di Ricolfi, che nel suo libro si intrattiene sullo «schema secondario», categoria illustrata da Luciano Gallino nel 1978, presentando il suo Dizionario di Sociologia all’Università di Torino.Un esempio di quello «primario» si ha con il verso della poetessa Gertrude Stein, che ne rappresenta per Ricolfi «la più concisa illustrazione»: Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa.Come in fisica, dove «l’acqua bolle a 100 gradi».O in aritmetica, per cui «2 più 2 fa quattro».E se i fatti cozzano con le nostre idee? Be', tanto peggio per i fatti, come avrebbe filosofeggiato Wilhelm Hegel.È' qui che scatta, per Ricolfi, «l’orgia degli schemi secondari».Si entra cioè in una sorta di dark room concettuale, dove vale tutto ('ndo cojo cojo, sintetizzano i romani).Sintetizzo brutalmente.Se siete convinti che i cavalli volino, osservando la realtà scoprirete che non è così.Se siete persone normali, ammetterete l’abbaglio.Se siete di sinistra, a chi ve lo fa osservare replicherete: «Dipende». Da cosa? Be', per esempio dal fatto che i cavalli di cui si è avuta fino a qui esperienza «non sono tutti i cavalli dell’universo. Il fatto che non se ne sia mai visto uno dipende solo dai limiti attuali delle esplorazioni. Se siete particolarmente spudorati» aggiunge Ricolfi «potreste sottilizzare perfino sul concetto di volo».Gli schemi secondari, insomma, sono una exit strategy: la scappatoia davanti alle evidenze empiriche (il testo del Manifesto di Ventotene), a costo di arrampicarsi sugli specchi. Paraculismo intellettuale, a volerlo nobilitare.Un esempio? Novembre 2018. Governo Lega-M5s, il primo di Giuseppe Conte.A Porta a porta, Rai1, si confrontano l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e la grillonza Laura Castelli, sottosegretario nello stesso dicastero.Tema: l’impatto dello spread sui mutui. Padoan spiega come l’aumento del rendimento dei titoli di Stato abbia necessariamente conseguenze sui finanziamenti concessi dalle banche a famiglie e imprese.La sciamana pentastellata lo rimira come fosse un mentecatto, per uscirsene poi con un inarrivabile: «Questo lo dice lei», e fine della discussione.A rendere antipatica la sinistra sono le sue quattro malattie, scrive Ricolfi, che «offendono il comune sentire delle persone, e veicolano lo stesso genere di messaggio».Nell’ordine: «1) tu non puoi capire (schema secondario); 2) tu non devi parlare come vuoi (politicamente corretto); 3) io sì che la so lunga (linguaggio codificato); 4) noi parliamo alla parte migliore del paese (supponenza morale). Un messaggio di superba chiusura agli altri». Corollario: «La sinistra è antropologicamente incapace di accettare la destra» ha rilevato nel 2002 Massimo Fini.A meno che i «destri» non siano guadagnati alla causa, perché in quel caso si trasfigurano eroi della nuova resistenza.Si tratti del «fascista» Indro Montanelli quando entra in rotta di collisione con il «nemico di classe» Silvio Berlusconi.O di Francesca Pascale, ostracizzata perché si accompagnava al medesimo ma ora redenta perché si è presa a borsettate con Daniela Santanchè.Intendiamoci, concede Ricolfi: i primi tre virus possono infettare, con gradazioni diverse e a seconda delle stagioni politiche, anche la destra.Ma «la credenza» di essere «il sale della terra» - l’autocertificazione della propria, presunta «superiorità» - è esclusiva della sinistra.Che salendo in cattedra, abusa del «linguaggio codificato» di cui sopra (ricorrendo per esempio, in mancanza di argomenti, al «benaltrismo», ovvero alla replica che non risponde perché «il problema è ben altro, signora mia"?) e si mette a tromboneggiare, a gureggiare.E qui torna utilissimo l’elenco dei gureggioni, dei paraguru, dei «venerati maestri» di Berselli, scomparso a 59 anni nel 2010, libero quanto raffinato «pensatore», editorialista di Repubblica e Espresso, nonché direttore della casa editrice e poi della rivista Il Mulino, abile nel mixare l’"alto» degli Adelphi con il «basso» della pop music.Incipit: «C’è qualcosa che non va. E il qualcosa che non va è il conformismo diffuso, l’ovvio dei popoli, il velluto di ipocrisia collettiva che sembra aver coperto con una specie di indiscusso canone artistico, intellettuale e spettacolare l’Italia contemporanea, in ragione del quale tutti sono d’accordo con tutti, e nessuno obietta mai niente». Una cappa asfissiante, figlia del «regime ferreo degli infallibili, che inibisce qualsiasi critica». E che impone di inchinarsi davanti ai suoi totem, si chiamino Pier Paolo Pasolini, Norberto Bobbio, Umberto Eco, «santini» di cui ripetere a pappagallo qualche frase, magari riportata male e capita peggio dopo aver compulsato Wikipedia, «il luogo per eccellenza dove tutti sanno quello che sanno tutti» (Walter Siti, Contro l’impegno, 2021), tracimando nello stereotipo e nel luogocomunismo.Berselli, con eleganza intrisa di ironia, passa in rassegna gli «intoccabili», da Alessandro Baricco a Nanni Moretti, da Paolo Mieli a Massimo Cacciari, da Roberto Calasso a Dario Fo, inchiodandoli ai loro giri di valzer, supercazzole e «revisioni» che, se e quando ci sono, arrivano comunque sempre fuori tempo massimo. Un cortocircuito per cui le forze cosiddette «progressiste» si rivelano sempre in ritardo sulla storia, arroccate spesso e volentieri nella difesa dell’esistente, nella conservazione dello status quo, rendite di posizione e privilegi annessi.I vent'anni dall’uscita delle opere di Ricolfi e Berselli sono dunque passati invano.I sinistrati non solo non sono diventati simpatici.Risultano addirittura meno empatici di prima.Se la cantano e se la suonano sulle note dello stesso spartito: pedagogismo, arroganza, dogmi granitici.La permanente chiamata alle armi e alla vigilanza «democratica e antifascista».Anche in letteratura e nel giornalismo, che vanno intesi come pratica militante.Con il fine messianico di promuovere il Bene e il Giusto, guarire le persone e riparare il mondo, confermando chi scrive, e chi legge, nella convinzione di trovarsi dalla parte giusta. Una deriva che nel suo pamphlet Siti fotografa, facendo per esempio le pulci agli «impegnati» Saviano e Michela Murgia.Opponendo il dubbio alle certezze ideologiche, perché davanti all’ambivalenza e alla contraddittorietà del reale, nessuno può dire di avere la verità in tasca.«Tu verdad? No, la Verdad, y ven conmigo a buscarla. La tuya, guàrdatela» è il lascito del poeta spagnolo Antonio Machado: «La tua verità? No, la Verità, e vieni con me a cercarla. La tua, tienitela».Versi da gemellare a quelli di William Butler Yeats posti da Ricolfi alla fine del suo saggio: «I migliori mancano di ogni convinzione, mentre i peggiori traboccano di intense passioni». «La sinistra si crede in eterno affascinante e invece non piace, è antipatica e incomprensibile, supponente e malata di politica. Non dice quello che pensa. E non è quello che dice», Alfonso Berardinelli, 2005.Amen.
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