2025-04-25
Teologi à la carte, convertiti postumi. Serra e Fazio diventano «Papa boys»
La penna rossa su «Repubblica» afferma che non è importante la messa ma come si guarda «politicamente» il mondo. Per il conduttore serve insistere su «inclusione e immigrati». La De Gregorio discetta di catechismo.Ah, ma allora è anche teologo! Dopo essersi atteggiato a stratega e aver promosso manifestazioni con la potenza conferitagli dallo spirito di Ventotene che lo pervadeva, ora Michele Serra s’eleva al Soglio pontificio e fa tintinnare le chiavi del paradiso, sostituendosi a San Pietro per decidere chi possa entrare e chi no. «Ai funerali del Papa ci saranno parecchie persone che lo detestavano», ha scritto ieri il nostro su Repubblica. «Politici e governanti di destra, ufficialmente cristiani, per i quali questo papato è stato un macigno indigeribile».Per carità, di sicuro in occasione dei funerali l’ipocrisia non manca mai e a celebrare i defunti ci si mette anche chi in vita non li sopportava. Ma qui il discorso è ben più ampio. «Sono stato battezzato ma non sono cristiano, non credo che Gesù fosse il figlio di Dio incarnato in una vergine: la fede è una cosa seria, non la si può aggiustare», continua Serra. «Ma la morte di questo Papa è un mio lutto (e di altri simili a me), molto ma molto di più di quanto lo sia per una moltitudine di cristiani “ufficiali” ai quali Bergoglio dev’essere sembrato un intruso - tal quale Gesù ai suoi coevi, e Francesco d’Assisi ai suoi. Non è vero, non è mai stato vero che sia la disciplina formale della religione (andare a messa, pretendere il crocifisso nelle scuole e negli edifici pubblici) a fare la differenza. La differenza più profonda, più significativa dal punto di vista umano è la differenza politica, ovvero come si cerca di guardare al mondo e agli uomini. E quella che segna i pensieri e le vite».In verità, come hanno puntualmente mostrato teologi potenti quali Romano Guardini e Joseph Ratzinger, la liturgia è esattamente il cuore della fede cattolica. Se si sgretola, ben poco rimane. Tanto più che il cristianesimo è, più che una religione, una persona. E se non si crede nella divinità di Cristo allora, semplicemente, non si è cristiani. Il che è legittimo, ma dovrebbe consigliare se non altro un minimo di cautela nell’esprimere valutazioni sull’ortodossia di questo e quell’altro. E, invece, siamo pieni di sinceri progressisti che si riservano il privilegio di insegnare al mondo il catechismo, di spiegare come Concita De Gregorio quale sia il senso profondo del cristianesimo, di separare come Serra il grano dal loglio. Ci sono David Parenzo e Giovanna Botteri che discettano di uso politico della religione da parte delle destre anche se poi si cimentano nella stessa impresa e ammaestrano le folle sulla infallibilità papale senza nemmeno sapere di che si tratti. C’è Dacia Maraini che dà patenti di fede sincera a destra e a manca. C’è anche chi, più modestamente, si limita a raccontare la propria esperienza privata, come ha fatto Fabio Fazio, il quale dichiara: «Ero uno di quei credenti che diceva “sono credente ma”. Ecco, lui ha riavvicinato quei credenti che aggiungevano un ma. Lui ci ha presi e ci ha detto “no, no, e niente ma, venite”. Sono certo che il prossimo Papa non potrà non tenere conto di quello che è stato Francesco. E spero che questo percorso di inclusione delle persone continui». Fazio spiega che Bergoglio «aveva straordinariamente a cuore i migranti, le persone malate e sofferenti, i carcerati. Semplicemente per lui questa attenzione significava portare il Vangelo». Ed è sicuramente bello sentire parole tanto commosse e gonfie di emozione. Viene da chiedersi, tuttavia, se questi convertiti postumi ritenessero infallibile e, soprattutto, condivisibile il Papa quando definiva sicari i medici che praticano aborti, gridava contro la «cultura del neutro», le ideologie transumane e l’utero in affitto.Ora, non c’è dubbio che sia più che umano e largamente praticato il vizio di ascoltare i capi religiosi solo quando esprimono posizioni politicamente profittevoli, a destra come a sinistra. Ma un minimo di decenza in più sarebbe comunque consigliabile. Non c’è dubbio, inoltre, che sia stato lo stesso Francesco a incentivare questa ambiguità. Una lettura molto interessante a tale riguardo è quella offerta da Loris Zanatta, professore di Storia dell’America Latina, su El Mundo: «In Italia assistiamo in questi giorni a una specie di idolatria di massa disgustosa», ha scritto l’accademico. «Immagino che in Spagna succederà lo stesso. L’idolatria per Bergoglio come Papa rivoluzionario mi pare ipocrita e ridicola. In termini di riforma della Chiesa, non c’è stata nessuna rivoluzione, bensì molte parole e molta astuzia». Attenzione, Zanatta non è di sicuro un temibile destrorso, anzi. E sostiene: «Bergoglio è sempre stato un uomo straordinariamente astuto. Ma l’impronta che lui lascia, che ritengo preoccupante, è di aver accelerato il distacco del cattolicesimo dalle sue radici culturali europee. In termini storici, Francesco è un tipico rappresentante del populismo latinoamericano, di un cattolicesimo erede della Controriforma». A suo avviso, «Bergoglio rappresenta una tradizione antimoderna del cattolicesimo, che in passato si definiva conservatrice e che, invece, oggi si definisce progressista».Insomma, a quanto pare c’è un po’ di confusione sotto il cielo e la situazione è grottesca. Per altro, i sinistrorsi folgorati sulla via di Damasco, mentre da un lato elogiano Bergoglio in contrapposizione alle destre senza cuore, dall’altro criticano la scelta di dedicargli cinque giorni di lutto nazionale: anche qui, del Papa piace solo che giova alla causa. Di nuovo, anche a questo riguardo l’ambiguità pontificale non ha giovato. Se tirare il sacerdote per la tonaca è in parte umana debolezza e in parte odioso dolo, è anche vero che una postura di gesuitica doppiezza non può che accentuare fraintendimenti e divisioni.Il risultato è quello che perfino il vaticanista Marco Politi notava ieri su La7: in piazza San Pietro non si sono riunite folle altrettanto numerose di quelle che si riunirono per Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger. Le cifre ufficiali confermano: per salutare la salma di Benedetto XVI, che pure era emerito, arrivarono in 195.000. Per Giovanni Paolo II fu addirittura difficile contare le teste riunite. Per Bergoglio si è parlato di 20.000, poi di 50.000, poi qualcuno - forse resosi conto della situazione - ha azzardato 61.000. Segno senz’altro della secolarizzazione che avanza ma anche del fatto che, come ha detto Politi, in questi anni nella Chiesa ci sono state lacerazioni dolorose. Che sono, forse, la più pesante eredità di questo pontificato.
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