2022-09-20
La sinistra senza veli: democrazia è solo se vinciamo noi
Ezio Mauro (Valerio Pennicino/Getty Images for FONDAZIONE ARTEA)
Repubblica ripete la litania sull’Italia isolata e a rischio autocrazia in caso di vittoria della destra. Il solito gioco dei progressisti: se gli elettori votano contro lo status quo, la sovranità popolare diventa una minaccia.«Che cosa ci aspetta se vince la destra». Era questo ieri il titolo del commento di prima pagina di Repubblica, quotidiano progressista e anche un po’ capitalista (è di proprietà della famiglia Agnelli). Ovviamente nell’editoriale non era contemplato alcun punto di domanda, perché l’articolo era assertivo al punto giusto, cioè non ammetteva alcun dubbio su ciò che potrebbe accadere al nostro Paese qualora domenica prossima trionfassero Giorgia Meloni e i suoi alleati. Del resto, da giorni è il ritornello della grande stampa, che ripete a raffica lo stesso concetto: se a questa tornata elettorale vince il centrodestra, perde l’Italia, che rischia di rimanere isolata in Europa e trattata da paria dalle democrazie occidentali. A mettere in fila le ragioni della temuta esclusione ci ha pensato Ezio Mauro, che di Repubblica per vent’anni è stato il direttore e che quando c’è da alzare il tiro e usare l’artiglieria pesante viene richiamato in servizio, come capita sempre quando il gioco si fa duro. Mauro le idee le ha chiare: con Meloni, Salvini e Berlusconi al governo si rischia grosso, perché c’è un concreto pericolo di finire ai margini della comunità internazionale, sorvegliati speciali del mondo civile. Non per i conti, che ovviamente si mettono maluccio (ma a riparare quelli non è riuscito neppure San Mario Draghi, infatti il debito pubblico con l’ex presidente della Bce è passato da 2.640 a 2.770 miliardi di euro), bensì per i diritti. Già: se prima eravamo considerati la pecora nera dell’Europa per via della disastrata situazione finanziaria, ora rischiamo di essere, oltre che nera, anche la pecorella smarrita della democrazia. Spiega l’ex direttore del quotidiano caro alla sinistra e alla casa automobilistica: «Oggi è la democrazia che deve piegarsi fino a comprendere nel suo seno la negazione della sua stessa natura, perché i leader neo-autoritari hanno innescato la loro variante eretica sull’albero della credenza democratica tradizionale». Mi rendo conto che il ragionamento è un po’ arzigogolato, al punto da risultare quasi incomprensibile, ma Mauro mira a illustrare l’ossimoro della «democrazia illiberale», ovvero l’idea di una democrazia che entra in conflitto con sé stessa fino a negare i suoi principi. «È l’universale democratico che tramonta», scrive. «Logorata dalle tre crisi finanziaria, sanitaria e della rappresentanza, la democrazia non gode di buona salute, vede crescere attorno a sé disuguaglianze che la politica non riesce a ridurre, e soprattutto avverte che molte di queste disuguaglianze diventano esclusioni, contraddicendo lo stesso principio democratico». Qui il discorso si fa più oscuro e se non si presta attenzione, si rischia di perdersi in un labirinto illogico, ma quando la diritta via pare smarrita, ecco che il novello Virgilio ci fa approdare in una radura che schiarisce ogni pensiero. «Così trova spazio una predicazione populista, che scarica tutte le colpe della crisi sulla democrazia, denunciandola come una creatura del Novecento adatta solo ai periodi di redistribuzione, troppo gravata dal groviglio di regole che la appesantiscono e troppo debole per fronteggiare l’emergenza». Risultato? «Meglio puntare sull’unzione del voto, sull’esercizio pieno del comando con la sovranità che si dispiega libera da lacci e lacciuoli, senza più obblighi sovrannazionali e vincoli di società: ognuno per sé, il leader per tutti e sopra ogni cosa la nazione che torna centrale, in un’Europa matrigna». Qui il corto circuito però ci fa ritornare al buio, perché dopo averci fatto capire che quel che accade è colpa di una manovra che insegue sogni putiniani e regimi illiberali, poi la guida che ci prepara nel viaggio all’Inferno nella speranza di ricondurci in Paradiso, cioè con la sinistra, entra in conflitto con sé stessa. Da un lato difende la democrazia, considerandola «l’unica religione civile superstite» dopo la scomparsa delle ideologie, ma dall’altro Mauro la guarda con terrore quando questa democrazia prende il volto di Meloni e di Orbán e dunque, l’ex direttore sente il dovere di denunciare «l’unzione del voto» come nuova malattia moderna, pericolo pubblico capace di contagiare le democrazie fino a trasformarle in autocrazie. Sotto sotto si capisce che l’idea su cui si regge il discorso è che la democrazia va bene solo quando il popolo vota chi vuole la nomenclatura che governa il Paese, ma se per caso si azzarda a scegliere qualcun altro, ovvero chi punta a una rottura con il passato, la democrazia diventa autocrazia, anche se è legittimata da una scelta popolare. «Il nodo della democrazia viene dunque al pettine, per Orbán ma anche per la Lega e Fratelli d’Italia». La democrazia illiberale, conclude Mauro, è estranea alla cultura europea, è contraria ai principi dell’Occidente. Ma così dicendo, l’ex direttore non si rende conto che a essere illiberale è chi, come lui, nega il diritto di scegliersi, con un voto democratico, da chi farsi rappresentare. Per lui non contano nulla le aspirazioni del popolo, contano solo i lacci e lacciuoli, come li chiama, che ci tengono incardinati allo status quo. La sovranità non esiste, non appartiene come recita la Costituzione al popolo, ma alle convenzioni, all’identità che altri hanno sposato o sottoscritto. In democrazia il potere viene esercitato dal popolo tramite rappresentanti liberamente eletti, ma se il popolo non è libero di farsi rappresentare e se chi ha eletto non è libero di fare gli interessi di chi lo ha votato, allora la democrazia non esiste più. Esiste una burocrazia antidemocratica, una sovrastruttura che risponde non ai cittadini, ma a una classe di ottimati che vuole delegittimare il parlamento, abolire i diritti di espressione (il politicamente corretto che si cerca di imporre va in questa direzione) e mandare al diavolo i principi liberali. In pratica, ciò che si persegue non è più democrazia. Dunque gli italiani, più che interrogarsi su che cosa ci aspetti se vince la destra, dovrebbero chiedersi che cosa ci attende se vince questa sinistra. Ps. Oggi il nostro giornale compie sei anni. Contro tutti i pronostici di chi si augurava che una voce libera si spegnesse dopo poche settimane, La Verità da un anno è il quotidiano più venduto dell’area moderata, con tassi mensili di crescita che non hanno paragoni. Il merito ovviamente è di voi lettori che avete apprezzato chi non ha padroni né padrini e di questo oggi vi voglio ringraziare.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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