
Critiche e indignazione per la festa di compleanno di Matteo Salvini insieme ai leader della coalizione: «Un insulto alle vittime di Cutro». Però sono passati 12 giorni dalla tragedia: è una sceneggiata strumentale. Le stragi del mare c’erano anche con i progressisti.«Silenzio e preghiera». In questi casi la Chiesa che indica la via della pietà ha una visione alta, non speculativa. E rappresenta il volto dell’umanità perduta dentro una società stritolata dall’effimero, dall’eterno presente, dalla meschina superficialità dei social. Se a prima vista stride la comprensibile ma ben poco istituzionale allegria dei vertici governativi (Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi) mentre brindano alla festa di compleanno di Matteo Salvini, a una banale riflessione ancora di più sconcertano le sceneggiate strumentali di chi, dopo 12 giorni, continua a cavalcare con indignazione a comando il naufragio di Cutro.Passeggiare sui cadaveri è un atto violento e squallido; la sinistra, che da due settimane si esibisce con ferocia in questo esercizio da pelle d’oca, sembra in preda a un delirio che ha ben poco di umano. La logica della spallata, dello scontro frontale purchessia, delle «mani insanguinate» - davanti a un Paese consapevole dell’alta percentuale di fatalità di un simile dramma del mare - ha qualcosa di sfuggente e subdolo.Da una parte suona posticcio e calcolato, è un voler sfruttare l’emotività suscitata da quei corpi senza vita accarezzati dalle onde di risacca per staccare dividendi politici. Dall’altra è un sabba costruito sulla rabbia, qualcosa che arriva dalle cabine elettorali del 25 settembre; il semplice e infantile rifiuto che possa esistere una maggioranza diversa dalla propria.Legare il brindisi salviniano alla tenuta dell’Annunziata di Uggiate Trevano (Como) 12 giorni dopo il naufragio dei migranti rappresenta una forzatura facile, da titolo becero, alla quale ben volentieri si sono sottoposti giornali che si pretendono autorevoli.Sono gli stessi che ogni giorno - assisi sul vecchio e nuovo testamento della professione - insegnano a una categoria di anime inquiete a stipendio fisso le doti dell’equilibrio e dell’imparzialità. Ma se il giornalismo militante (quello col ditino alzato del «Non ha imparato la lezioneee!», del «Ci doveva andare primaaa!», della «strage di Statooo!») non fa più neppure notizia e annoia perfino Carl Bernstein e Bob Woodward, stupisce la crudeltà gratuita di parlamentari con i canini affilati, pronti a sbranare per una libbra di visibilità.L’esempio massimo (o minimo) è di Simona Malpezzi, capogruppo al Senato del Pd: «Non hanno reso omaggio ai morti di Cutro, hanno messo in piedi una patetica messinscena, cambiato gli impegni istituzionali per andare a cantare alla festa di Salvini». La costruzione di una realtà parallela, il piegare ciò che è fattuale alla propria narrazione è sempre stato un metodo da Kgb, evidentemente imparato a memoria dai nipotini.Così il Consiglio dei ministri nel paese del dolore diventa «patetica messinscena» per la cuoca di Lenin e le presenze quotidiane di rappresentanti dell’esecutivo scompaiono nel nulla. Perché si sa che al Nazareno esiste l’esclusiva del dolore. Malpezzi conclude così l’invettiva, che curiosamente somiglia a un editoriale de La Repubblica: «Disumanità, cinismo, improvvisazione e spregiudicatezza. Questo governo spiegato in pochi gesti, che vergogna».Non è da meno il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, capo della polizia del karma, che dopo aver abolito la parola «patrioti» per sostituirla con «partigiani» ha aperto il file del tormento ed è rimasto «molto colpito dalle immagini che ho visto tornando a casa, della conferenza stampa del governo e del karaoke di Salvini e della Meloni che non hanno voluto incontrare i famigliari delle vittime ma hanno trovato il tempo di festeggiare un compleanno». Il borgomastro era contrariato perché ha dovuto saltare la partita del Bologna contro la Lazio in tribuna d’onore.A completare il festival dell’indignazione a comando, ecco Chiara Gribaudo: «Qui non c’è nessun karaoke, nessuna voglia di festeggiare. Solo dolore, rabbia ma anche la convinzione che un Paese migliore e solidale esiste». Il suo tweet non poteva mancare, è in corsa per diventare braccio destro di Elly Schlein. Come dicono a Genova: ha la sua convenienza.Lo scenario è desolante e le prefiche a comando, con il loro karaoke di frasi fatte, lanciano un messaggio che non passa inosservato. Mentre i naufraghi di Cutro sono «vittime» con tutto il bagaglio di disperazione pubblica che allunga la sua rabbia sullo «Stato colpevole», i naufraghi di Lampedusa del 2013 (governo di Enrico Letta) e i bambini che hanno perso vita nelle traversate mentre a palazzo Chigi c’erano Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, Mario Draghi sono semplici «morti» per caso.Loro diversi, annullati, non meritevoli di memoria collettiva, con il torto supremo di essersi inabissati mentre non era fair disturbare il manovratore. Invece stiamo parlando della stessa tragedia, della stessa emergenza che la sinistra si rifiuta di vedere per calcolo. E della gelida disumanità di chi strumentalizza i video con le bare allineate per guadagnare mezzo punto nei sondaggi del weekend.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.