
Giulio Fanti, esperto mondiale della reliquia, boccia lo studio che ritiene finte le macchie di sangue: «Ricostruzione parziale. Non tiene conto delle ferite causate da torture e schiodatura». Barcolla, dal punto di vista scientifico, lo studio che ritiene «false» la metà delle macchie di sangue sulla Sindone di Torino. Secondo Giulio Fanti, professore di ingegneria industriale all'Università di Padova, tra i massimi esperti mondiali sulla Sindone, non stanno in piedi i risultati apparsi qualche giorno fa sul Journal of Forensic Sciences a firma di Luigi Garlaschelli, chimico del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze (Cicap) e di Matteo Borrini, antropologo forense dell'Università di Liverpool. Trattando, come se fosse la «scena del crimine», il lenzuolo di lino, che per la tradizione cristiana è stato usato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro, i due ricercatori hanno verificato che, «in base alle incontrovertibili leggi della fisica», una buona parte delle tracce ematiche presenti nella reliquia, sono «incongruenti». Sulle stesse impronte, però, hanno realizzato il modello 3D dell'uomo della Sindone. Qualcosa non torna…«Innanzitutto, la notizia non è nuova perché è stata pubblicata un anno fa in Italia e da anni, su Youtube, girano video. Ora, dopo la divulgazione all'estero, è tornata di interesse», dice Fanti.Come docente di misure meccaniche, da vent'anni allo studio della reliquia, che idea si è fatto di questo lavoro? «Dal punto di vista scientifico è di scarsissimo valore perché presuppone, senza le necessarie spiegazioni, che le colature di sangue furono prodotte solo quando l'uomo della Sindone era in croce o nel sepolcro. Non considera invece che anche un cadavere può colare sangue, per esempio, durante la deposizione dalla croce o durante il trasporto nel sepolcro».Borrini e Garlaschelli hanno ricostruito il modo in cui si sono formate le varie macchie di sangue sulla Sindone. L'unica ipotesi compatibile è risultata quella della crocefissione. «Le braccia molto estese verso l'alto, in una posizione superiore a 45 gradi», si legge nello studio. «La quasi totalità delle macchie», hanno dichiarato i due autori, «non sono compatibili con alcuna posizione di un corpo umano, né crocifisso e né supino nel sepolcro». Cosa ne pensa?«Hanno verificato solo due posizioni: verticale, cioè in croce, o disteso sul piano del sepolcro. Ma tra la croce e la deposizione c'è di mezzo la schiodatura e tutto il trasporto: queste operazioni non sono secondarie per cambiare il verso della colatura del sangue».Alla stampa hanno dichiarato di essere partiti da una persona crocifissa.«Tenere conto di solo due posizioni, croce e sepolcro, non è un approccio scientificamente corretto».I due autori hanno impiegato un manichino e, sullo stesso Garlaschelli, è stato usato sangue vero e finto. Il risultato è che «le macchie somigliano più a pennellate che a colature vere di sangue». Ma sono di sangue o no?«Su questo fatto, due anni fa, ho pubblicato un articolo su una rivista internazionale. Le tracce ematiche in parte sono di sangue, in parte di pigmento. Le prime tracce erano di sangue, probabilmente di 2.000 anni fa. Nel 1600 circa, però, alcune macchie si sarebbero scolorite e allora sarebbero state ritoccate con pigmenti molto simili a quelli impiegati per fare una copia della Sindone, quella di Palma di Montechiaro. È facile pensare che l'artista che ha riprodotto la copia siciliana abbia anche ritoccato quella originale».Quindi è già noto che le macchie non sono solo di sangue. Tornando allo studio, «i rivoletti di sangue sul polso, che sarebbero caduti dagli avambracci, non dovrebbero risultare verticali rispetto alla testa come invece sono sul lenzuolo». Cosa risponde?«È vero, è coerente con l'uomo crocifisso, ma ancora non si tiene conto della schiodatura e della deposizione».La macchia sul torace «è troppo grande per essere verosimile», dice lo studio. Il residuo di sangue sulla regione lombare, sarebbe «irrealistica», secondo i due. In base al test sul manichino, se «la cintura di sangue nella regione lombare» fosse dovuta alla ferita dal costato riportato dai Vangeli, dopo la morte, quando il corpo era sdraiato nel sepolcro, «la macchia di sangue non dovrebbe trovarsi in corrispondenza dei reni, ma nella regione della scapola». Quindi?«Ancora una volta la ricostruzione è molto realistica, ma non tiene conto delle torture. Le macchie, probabilmente, sono dovute a uno di questi due fatti. Durante la deposizione il sangue che scorreva sulle braccia è colato e ha toccato il corpo coprendo la regione lombare. Oppure, più verosimilmente, quelle macchie sono i postumi della flagellazione. I flagelli hanno colpito duramente la regione renale, quindi colava molto sangue. Una volta che dal verticale il corpo è stato posto in orizzontale, si sono prodotte le macchie». Borrini e Garlaschelli arrivano alla conclusione che «ci sono indizi gravi, precisi e concordanti che puntano verso un unico verdetto possibile, cioè che siamo davanti a un artefatto». Voi, con il calco tridimensionale, costruito tenendo conto di tutte le ferite, dite che l'uomo della Sindone è compatibile con il Gesù del Vangelo…«Certo! E tutte le impronte sono coerenti. Se partiamo dalla flagellazione alla resurrezione, la Sindone è coerente; se prendiamo singolarmente due parti, ovvio che qualcosa non torna».Prendendo due fotogrammi di un film, è difficile spiegare tutta la storia. Come è possibile che studi così trovino spazio? «I soldi muovono molte cose. Stiamo scrivendo un articolo scientifico per chiarire questi aspetti ».
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