
Nell'era Mussari, il leader provinciale della Cgil diede l'ok all'operazione Antonveneta.Non c'è solo il Pd a piangere lacrime di coccodrillo per il futuro del Monte dei Paschi. Al grido di dolore di questi giorni di campagna elettorale senese per le suppletive di ottobre, con il nodo esuberi che incombe sui voti per il candidato-segretario Enrico Letta, si uniscono i sindacati. Con un «no pasaran» quasi unanime, se si esclude la posizione di Lando Maria Sileoni della Fabi, che martedì ha ridimensionato gli allarmi, sottolineando che il problema si risolve con i prepensionamenti garantiti dal fondo di settore. Proprio come molti esponenti del centrosinistra che oggi piangono dopo aver attivato il processo di rimozione kafkiano, anche una parte del sindacato soffre però di improvvise amnesie. Sfortunatamente chi negli ultimi 20 anni ha seguito da cronista finanziario le vicende del Monte dei Paschi ha ottima memoria. E ricorda che nel cda di Mps, negli anni d'oro della gestione di Giuseppe Mussari, sedeva l'ex segretario provinciale della Cgil: Fabio Borghi. Consigliere appunto del Monte dal 2003 al 2012, nominato su indicazione della Fondazione Mps (di cui era stato membro dal settembre 2001 all'aprile 2003). La carriera di Borghi è tutta nella galassia Mps: è stato presidente del Fondo pensione complementare per i dipendenti del Monte, consigliere della Cassa di previdenza aziendale per il personale, presidente di Mps Gestione crediti, di Mps Banca personale e presidente di Mps leasing and factoring. E fuori da Siena, anche membro del cda di Banca Monte Parma e di Unipol Gruppo finanziario.Ma soprattutto Borghi era nel board che a novembre 2007 approva l'acquisto di Antonveneta. Per questo viene ascoltato il 14 novembre del 2012 dai pm senesi: «Ho saputo della possibilità dell'acquisizione di Antonveneta nel corso della riunione tenutasi alle ore 8 circa dell'8 novembre 2007 presso l'ufficio del presidente Mussari. Il 7 sera fui chiamato dal segretario del presidente, che mi convocò per il giorno dopo dicendomi che il presidente ci doveva dare delle informazioni riservate. A quella riunione», racconta ancora Borghi, «erano presenti anche gli altri componenti del cda nominati dalla Fondazione e il direttore generale Antonio Vigni. Nell'occasione, Mussari ci disse che vi era la possibilità di acquisire Antonveneta al prezzo di 9 miliardi, ci illustrò le ricadute sulla banca in termini di contrazione dei costi e di redditività. Gli chiedemmo come si era determinato il prezzo e in che modo sarebbe stato pagato. Per grandi linee ci disse che tra gli strumenti che sarebbero stati utilizzati per pagare il prezzo vi era anche un aumento di capitale. Non ci disse che aveva già informato gli altro soci», ma «che dopo l'incontro con i consiglieri nominati dalla fondazione aveva in programma degli incontri anche con altri consiglieri». E poi Borghi aggiunge: «Non dissi ad alcuno di quanto avevamo saputo da Mussari nel corso della riunione . Ricordo però di avere inviato a Maurizio Cenni, allora sindaco di Siena, un sms del seguente tenore: “Allora ci compriamo Antonveneta?" senza ricevere alcuna risposta». Lo stesso Cenni, del resto, era un ex sindacalista (segretario provinciale di Latina) prima di essere eletto nelle liste del Pds e infine diventare primo cittadino. Un altro esponente della Fisac, Paolo Calosi, dopo la nomina di Borghi alla presidenza di Mps leasing, era diventato capo del personale della stessa. E sempre in Mps leasing sedeva anche Claudio Vigni, anche lui ex segretario generale della Cgil di Siena. Resta agli atti il comunicato stampa vergato insieme dalle segreterie di Cgil, Cisl e Uil, nelle loro sigle bancarie, subito dopo l'acquisto della banca padovana: «Esprimiamo grande soddisfazione per l'operazione Antonveneta, che mette al riparo Mps da speculazioni mediatiche e finanziarie». Amen.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






