2024-11-08
I sindacati contro Landini: «È pericoloso»
Maurizio Landini (Imagoeconomica)
Cisl e Ugl prendono le distanze dai deliri della Cgil che invoca rivolte sociali. Paolo Capone: «Le tensioni possono degenerare». Anche Antonio Tajani sbotta : «Parole irresponsabili». Oggi ennesimo sciopero dei trasporti di venerdì per bloccare il Paese.Chi bazzica da anni gli ambienti sindacali ammette sconsolato: non ricordo una periodo di divisioni così profonde tra le tre principali sigle. Quella che un tempo veniva definita la Triplice non solo non è più una «cosa sola», ma si spacca a accapiglia un giorno sì e l’altro pure su tutti i principali dossier economici che riguardano la vita del Paese. Manovra, rinnovo dei contratti, scioperi e «separazione dei poteri», la necessità cioè tenere su due diversi piani la battaglia politica dalla rappresentanza dei lavoratori: da tempo ormai si è creato un solco profondo tra Cgil e Uil da una parte e Cisl (spesso e volentieri accompagnata dalla Ugl) dall’altra. I primi barricaderi a prescindere, pronti a dire «no» al governo su tutto e sempre un passettino più in là rispetto al labile confine tra le corrette rivendicazioni dei lavoratori e le posizioni dei partiti. I secondo predisposti al dialogo, a provare a ricucire e a trovare intese con l’esecutivo. Che la situazione sia questa non è una novità. Ma la situazione è deflagrata dopo le ultime dichiarazioni di Maurizio Landini. Il segretario della Cgil ha passato il segno. Anche perché se fai sciopero a giorni alterni diventa difficile continuare a trovare motivazioni valide e così ci vuole poco ad arrivare all’invocazione della «rivolta sociale».«Il Paese ha bisogno di unità, coesione, concordia e corresponsabilità per affrontare insieme le tante sfide che abbiamo davanti a noi», ha ricordato il numero uno della Cisl Luigi Sbarra, «è sbagliato infiammare gli animi e invocare le rivolte sociali. La vera esigenza, la grande prospettiva è la partecipazione per migliorare le conquiste sociali e rivendicare diritti e tutele». Meno felpati invece i toni del leader dell’Ugl, Paolo Capone. «Le parole di Landini sono pericolose», ha evidenziato alla Verità, «Serve una riflessione profonda sul ruolo che ogni leader sindacale deve assumere. Incitare alla rivolta non è una soluzione e rischia di acuire tensioni latenti che potrebbero degenerare». Concetti che vengono tenuti insieme dalle parole del vicepremier e ministro degli Esteri di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha parlato ai margini del viaggio a Pechino con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La rivolta sociale», ha voluto precisare, «non è un messaggio di grande responsabilità, fa pensare a manifestazioni violente. I sindacati sono divisi, da una parte Cgil e Uil, dall’altra Cisl e gli autonomi, l’Ugl. Sono molto perplesso e dispiaciuto da questo atteggiamento fondamentalista. Bisogna tener conto della situazione, il sindacato deve fare la sua parte e non ostacolare la tutela dei lavoratori». Parole di strettissima attualità. Ha fatto rumore, e per certi versi è storica, la firma che poche ore fa la Cisl (insieme ai sindacati autonomi Confsal-Unsa, Flp e Confintesa) ha messo sul contratto degli statali. Parliamo degli addetti ai ministeri, circa 200.000 persone, che hanno portato a casa aumenti mensili lordi da 121 fino a 194 euro (in media 165 euro), buoni pasto anche per chi lavora in smart working, oltre alla possibilità di sperimentare la settimana corta di quattro giorni a parità di salario e di ore lavorate. La Cisl ha contrattato per mesi con l’Aran (lo Stato) e alla fine ha portato a casa un risultato che mette un po’ di soldi nelle tasche dei lavoratori. Oltre a incassare un modello organizzativi (la settimana cortissima solo per determinate categorie e con determinati paletti) per certi versi innovativi. Ha negoziato, però, nella consapevolezza che la Cgil e la Uil non avrebbero mai firmato. Dall’alto di una pregiudiziale politica chiedevano infatti che fosse recuperata tutta l’inflazione del periodo (parliamo del 2022-2024) che supera il 15%. Richieste impossibili da esaudire. Anche per questo motivo, quando Landini invoca delirando «la rivolta sociale», non solo è pericoloso, ma è anche poco credibile, perché sta invocando la rivolta di quella base sociale che i suoi «no» rischiano di impoverire. E anche quando blatera di crisi dei diritti a causa del governo di centrodestra, dovrebbe mettersi nei panni di milioni di italiani che ogni venerdì sono costretti a fare i conti con uno sciopero, quasi sempre dei trasporti. Oggi l’ennesimo. Ventiquattro ore di passione per chi si muove in bus, tram e metro. Viaggiano questa volte compatte Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna. Sul piatto «la carenza di risorse, la mancanza di politiche di programmazione e la necessità di una riforma del settore e per la salute e sicurezza sul lavoro oltre al rinnovo del contratto nazionale scaduto il 31 dicembre del 2023». Tralasciamo per un attimo il merito della vertenza e poniamo per assurdo che tutte le pretese dei sindacati siano assolutamente condivisibili. Viene da chiedersi però, come sia possibile che per ogni fine settimana previsto dal calendario ci sia uno sciopero (peraltro a questo giro senza il rispetto delle fasce di garanzia) che penalizza milioni di persone (peraltro quasi sempre appartenenti alla fascia medio bassa del livello retributivo) costrette a ritardare al lavoro o a inventarsi «i giri» più assurdi per raggiungere la sede aziendale. Questa sì che è una «abitudine malata» che meriterebbe una «rivolta sociale».
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)
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