È esplosa la ricerca su Google della frase «malore improvviso». Il governo, invece di iniziare crociate, faccia chiarezza coi dati.
È esplosa la ricerca su Google della frase «malore improvviso». Il governo, invece di iniziare crociate, faccia chiarezza coi dati.La comunicazione e la trasparenza sono probabilmente tra le vittime dell'emergenza sanitaria determinata dal Covid. Disinformazione, informazioni contraddittorie e scarsità di dati la fanno da padrone e alimentano un clima di paura e sospetto. Invece di confrontarsi sui dati, spiegati in modo chiaro all'opinione pubblica, assistiamo a un dibattito (volutamente?) polarizzato in cui dominano le posizioni ideologiche.Per offrirvi l'evidenza dell'inquietudine e dell'insicurezza che serpeggia nell'opinione pubblica, abbiamo provato a fare una ricerca seguendo un metodo abbastanza noto (tra gli altri, l'economista Ashoka Mody nel suo ultimo libro ne fa un uso frequente): cercare, per ciascun mese, i risultati che appaiono su Google digitando «malore improvviso» sia nell'intero Web sia nella sezione «notizie».I dati ottenuti sono impressionanti e delineano una netta tendenza. Come si rileva dal grafico, dall'inizio del 2021 i risultati manifestano una netta impennata rispetto a un andamento tutto sommato stabile registrato negli anni precedenti. Siamo di fronte a risultati pari a tre-quattro volte quelli del 2019 e circa il doppio di quelli del 2020. Consapevoli che questo dato avrebbe potuto essere «sporcato» da contributi di ogni genere, non verificabili, che circolano sul Web, abbiamo voluto restringere il campo d'indagine alla sezione «notizie» in cui appaiono solo risultati provenienti da siti di organi di informazione locale e nazionale o solo online e, pur cambiando la scala del fenomeno, la tendenza resta pressoché identica: soprattutto negli ultimi cinque mesi, la media mobile a tre mesi manifesta una significativa crescita rispetto ad anni precedenti sostanzialmente stabili.Sgombriamo subito il campo da infondate deduzioni: non intendiamo stabilire - basandoci sulla mera correlazione temporale tra questi dati e la campagna di vaccinazione - alcuna relazione causale tra i due eventi. Intendiamo invece «misurare la febbre» dell'inquietudine dell'opinione pubblica rispetto a un fenomeno che, dopo essere stato pressoché costante per anni, ora domina il Web. Non solo. È giunto a dominare anche le redazioni che, da pochi mesi a questa parte, mostrano una straordinaria sensibilità rispetto a questi casi definiti come «malore improvviso». È solo una crescita di attenzione verso eventi in passato trascurati o anche un'effettiva crescita di casi? In questa sede ci limitiamo a ipotizzare le due possibili determinanti del fenomeno.Di fronte a questo dilagare di episodi che sconfinano nell'aneddotica, spiace constatare che si fa fatica a trovare l'informazione basata su un'ampia base di dati raccolti e analizzati con metodo scientifico. Sarebbe in prima battuta interesse del governo diffondere dati attendibili e stabili circa la modesta incidenza delle reazioni avverse ai vaccini e alla loro capacità di abbassare notevolmente la probabilità di ammalarsi in modo grave. Soprattutto alla luce dell'intenzione, manifestata nell'ultima conferenza stampa, dal premier Mario Draghi, di estendere l'obbligo di vaccinazione, o la misura di fatto equivalente del certificato verde, per talune categorie di lavoratori. Invece la comunicazione è stata improntata al rude e manicheo «non ti vaccini, ti ammali, muori», ottenendo il controproducente effetto di attizzare il fuoco sul Web. Il tutto anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, che condiziona l'obbligo al fatto che esso «non incida negativamente sullo stato di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiono normali e, pertanto tollerabili». Allora la domanda è: se le conseguenze non sono note e stabilmente definite - anche e soprattutto perché la fase 4 di monitoraggio dura fino a cinque anni - come si fa a imporre l'obbligo senza violare l'articolo 32 della Carta?E qui veniamo alla nota dolente della farmacovigilanza. Questi vaccini sono stati autorizzati, sulla base di test parziali e provvisori in continuo aggiornamento, sotto la condizione della presentazione, secondo un calendario predefinito che terminerà nel dicembre 2023, di ulteriori dati. Assume quindi ancora più importanza la fase di monitoraggio post commercializzazione che, in questo caso, è solo passiva, cioè lasciata all'iniziativa del paziente. È interesse preminente di tutti che questa fase veda affluire il maggior numero di segnalazioni di eventi e reazioni avverse la cui valutazione, si badi bene, spetterà a un algoritmo, all'Aifa e ai centri regionali di farmacovigilanza, che stabiliranno l'eventuale esistenza di una relazione causale tra vaccino e reazione avversa. Il governo dovrebbe incentivare la costituzione di una robusta base dati, facilmente accessibile, proprio per fornire l'evidenza della relativa sicurezza dei vaccini e invece questi dati vanno scovati con il lanternino. Nell'ultimo rapporto di farmacovigilanza dell'Aifa aggiornato al 26 luglio leggiamo un tasso di segnalazione di 128 casi ogni 100.000 dosi somministrate, lo 0,13%. In particolare la segnalazione di eventi non gravi è di 111 casi e quella di eventi gravi è di 16 casi (0,75 con esito fatale), sempre per 100.000 dosi. L'algoritmo ha rilevato il nesso di causalità nel 74% delle segnalazioni di eventi avversi gravi, e la valutazione complessiva ha trovato correlazione nel 43% di segnalazioni di eventi gravi.Sono sufficienti questi dati per imporre l'obbligo? Lasciare nell'ombra il sistema della farmacovigilanza non aiuta alla costruzione di una affidabile base dati, l'unico strumento accettabile per prendere responsabilmente delle decisioni. Altrimenti c'è il Far west del Web e dei ricatti del certificato verde.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






