2020-05-13
Tutti i governi pagano per liberare i loro rapiti
I servizi segreti si occupano indistintamente di ogni connazionale caduto in mano ai tagliagole. La strategia è versare i riscatti, seppur in varie forme. La parte più difficile della missione è sempre l'ultima: quando la politica si dà battaglia attorno al risultato.Tutti i governi trattano per la liberazione dei loro cittadini presi in ostaggio in teatri esteri: offrono denaro, aiuti umanitari, liberazione di propri prigionieri, importanti fette dei loro interessi nazionali; ma lo fanno in silenzio, attraverso sotterfugi e percorrendo vie tortuose.Si avvalgono di società finanziarie (i cui rappresentanti ricordano fisicamente più ex appartenenti a corpi speciali delle Forze Armate che oscuri impiegati da scrivania), o di grandi enti di importanza strategica (che vengono poi ricompensati con trattamenti di favore non necessariamente in linea con le leggi del libero mercato); stringono patti scellerati con governi di Stati confinanti con quello di interesse (sorvolando sullo scarso rispetto dei diritti umani esercitato da tali governi); forniscono a Stati terzi materiale bellico, anche di armamento, in spregio ad eventuali embarghi che impedirebbero tali trasferimenti.E le trattative a volte non riguardano solo ostaggi ancora in vita, ma anche resti di persone decedute durante la detenzione: perché anche il recupero di una salma può apportare beneficio politico al governante di turno.L'Italia è comunemente additata come uno Stato che paga, solo perché non usa sotterfugi né persegue procedure che possono esporre a futuri ricatti il governo, ma utilizza i fondi riservati che sono destinati alle attività di intelligence.Ma è anche la nazione che per le negoziazioni seleziona attentamente i propri rappresentanti e gli interlocutori, per non rimanere vittima di raggiri: infatti, sinora, le trattative sono andate sempre a buon fine, e non risulta che somme di denaro siano state elargite senza avere in cambio quanto pattuito, né che abbiano raggiunto destinazioni diverse da quelle verso cui erano dirette.Non va poi sottovalutato come l'opzione militare (liberazione con la forza) sia sempre esclusa; nei sequestri operati in danno di petroliere dai pirati somali (argomento stranamente poco trattato dalla stampa), anche quando si sarebbe potuto intervenire con la forza si è sempre optato per la soluzione pacifica, nel solco di una tradizione ormai consolidata.Solo nel caso del sequestro di due operativi del Sismi in Afghanistan (settembre 2007) fu dato il consenso all'azione di forza dei reparti speciali britannici che avevano individuato il nascondiglio: in quel caso, evidentemente, la scelta politica si fondò sul fatto che si trattava di agenti governativi, e come tali «sacrificabili» a differenza dei civili.Nessuna polemica, allora, nessuna protesta: chi mette in gioco la propria vita per lo Stato mette in conto di poterla perdere.Nel discettare di rapimenti e liberazioni, la Rete svolge purtroppo un'opera nefasta, lanciando parole d'ordine di condanna ed esecrazione che prescindono solitamente dalla conoscenza di luoghi, situazioni, circostanze.I particolari di una negoziazione sono giustamente tenuti riservati, e pochissimi ne conoscono asperità ed umiliazioni; per cui ci si aspetterebbe che almeno i giornalisti, quali professionisti dell'informazione, moderassero i termini, anziché accendere micce di maldicenza che vanno poi ad innescare esplosivi la cui potenza distruttiva è ignota; e tutto ciò solo per solleticare la pancia della popolazione, quando non per servire le manovre dei loro referenti politici. Purtroppo, infatti, l'Italia è anche la nazione dove la liceità dell'azione di governo in casi delicati viene ciecamente avallata dalla maggioranza, ed altrettanto ciecamente contestata dall'opposizione, per cui il comportamento adottato da una compagine governativa in un determinato momento storico diventa illecito, criticabile, iniquo agli occhi delle stesse forze politiche che tale compagine rappresentavano ma che nel frattempo sono passate all'opposizione.La mancanza di equilibrio politico nel trattare questioni attinenti all'interesse nazionale sottopone gli operatori della sicurezza (agenti dei Servizi ed elementi della Polizia Giudiziaria) ad una continua altalena emotiva, che finisce per incidere sull'operatività degli stessi, ed inficia gravemente l'immagine del Paese nei contesti internazionali.Ogni cittadino italiano rapito all'estero ha lo stesso valore per lo Stato, che non distingue le circostanze in cui si è verificato l'evento; è singolare, però, come i motivi della presenza della vittima in un determinato luogo incidano poi sulle reazioni politiche che seguono alla sua liberazione: i cooperanti, come spesso anche i giornalisti, vengono additati come incoscienti avventurieri, mentre i turisti vengono inspiegabilmente assolti; per pietà cristiana, i religiosi vengono generalmente «perdonati».Sarebbe piuttosto opportuno che fosse fatto espresso divieto a cooperanti e turisti di recarsi in aree pericolose, prevedendo sanzioni per i trasgressori, anche se tale misura incontrerebbe certamente l'ostracismo dei liberali ad ogni costo.Mentre appare impraticabile la via della polizza assicurativa, dato che sarebbe difficile trovare una compagnia che si assumesse tale oneroso impegno, se non a fronte di premi proibitivi. Quanto infine alle passerelle mediatiche organizzate da rappresentati del governo in occasione dei rientri in patria degli ostaggi liberati, va sottolineato che raramente i politici riescono a sottrarsi al fascino della sovraesposizione; prova ne sia il teatrino approntato per salutare il rimpatrio di un terrorista da anni latitante all'estero, dimentichi dei ripetuti pronunciamenti della Corte Costituzionale in merito alla dignità del detenuto.E chi ieri sorrideva in favore di telecamera, oggi si erge a giudice di chi abbraccia la giovane liberata.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)