2018-06-22
«Sì ai ricorsi contro il bonus Poletti». Rivalutare le pensioni non è un tabù
La Corte europea dei diritti dell'uomo accoglie le istanze di 10.000 italiani che contestano l'effetto della legge Fornero. Rischia di cadere il principio secondo cui i conti pubblici valgono più dei princìpi.Mentre il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ieri ribadiva la volontà di smontare la legge Fornero, dall'Europa arrivava una notizia che politicamente può dimostrarsi una leva di vantaggio quando si tratterà di dibattere con Bruxelles sulle coperture necessarie. La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato ricevibile il ricorso di 10.000 pensionati che lo scorso inverno hanno denunciato la nostra Corte costituzionale per aver dichiarato legittimo il bonus Poletti. Il tentativo (riuscito) di portare avanti la mancata rivalutazione delle pensioni voluta dall'allora ministro Elsa Fornero, prevedendo nei fatti un assegno riparatorio infinitamente più esiguo rispetto al diritto acquisito. La Consulta nel 2015 aveva bocciato il meccanismo del governo Monti, e così in molti si aspettavano che i giudici - a distanza di due anni - valutassero incostituzionale pure l'intervento del governo Renzi. Invece a fine dicembre 2017 i pensionati italiani in sole 48 ore hanno incassato un destro e un sinistro. Primo, la conferma dell'automatismo sull'età pensionabile: già dal 2019 si terminerà il lavoro a 67 anni. Poi, la Consulta che ha definitivamente bocciato la dozzina di ricorsi presentati contro il bonus Poletti. E ha salvato il governo dal dover rimborsare a circa 6 milioni di pensionati 10 miliardi di euro.L'escamotage che il governo di Matteo Renzi aveva studiato nel 2015 consisteva nel versare una cifra, minima e una tantum, in modo da ovviare alla sentenza dello stesso anno e della medesima Corte che bocciava la mancata rivalutazione risalente al 2012-2013, dovuta agli interventi dell'allora ministro Elsa Fornero. La Corte lo scorso inverno aveva chiaramente optato per la ragion di Stato lasciando decadere i diritti acquisiti. Che valgono per tutti, anche per quei 471.000 italiani che percepiscono un assegno da 37 anni. La Consulta ha fatto capire a milioni di cittadini che solo la macchina pubblica può stracciare i contratti sottoscritti. L'inverso, infatti, non è consentito.Adesso, la decisione della Cedu di aprire il processo e dichiarare ricevibile il ricorso impone una serie di riflessioni. Innanzitutto, spiega Pietro Frisani, il titolare dello studio legale che sostiene i ricorrenti, «si tratta di un traguardo estremamente importante se si considerano i dati statistici forniti dalla stessa Corte europea per ciò che concerne la ricevibilità dei ricorsi e che riportano cifre di sbarramento altissime: oltre il 90% dei ricorsi viene dichiarato irricevibile». Dei ricorsi che superano lo sbarramento, sempre secondo i dati statistici forniti dalla Corte, il 75% si conclude con una sentenza di accertamento dell'avvenuta violazione dei parametri della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e la condanna dello Stato membro. «Essere parte di quel 10% che riesce a superare il primo grande sbarramento della ricevibilità, lascia molto più che ben sperare sul buon fine delle istanze dei pensionati italiani formulate alla Corte di Strasburgo», prosegue Frisani, «e ciò perché il giudizio di ricevibilità presuppone anche una valutazione sulla probabile fondatezza del merito della pretesa vantata». In punto di diritto, ciò che lo studio Frisani ha chiesto è la condanna dello Stato italiano per la violazione del diritto di proprietà. A questo punto si apre la strada del diritto. Da un lato la ragion di Stato e le necessità di restare nei parametri. Dall'altra parte la scelta politica di garantire i diritti acquisiti. La battaglia alla legge Fornero, inserita nel contratto di governo gialloblù prende anche questo spicchio. Non c'è solo il prolungamento dell'età lavorativa e la difficoltà di mantenere elevata la produttività in numerosi comparti industriali, c'è anche la rottura di una diga. Come ha dimostrato l'ok al bonus Poletti, una volta che si applicano le forbici lo Stato può in ogni momento intervenire al ribasso. Perché il passaggio dal modello retributivo a quello contributivo è un falso storico. Il vecchio modello si basa sulla media dei redditi dell'ultimo decennio di attività, il secondo sui contributi effettivamente versati. In realtà ciò che il lavoratore versa viene utilizzato per pagare gli assegni correnti e non riavrà quanto sborsato. Ecco perché riportare la contrattualistica al punto di partenza da qualunque governo è importante. Significa dire che Stato e cittadino sono equivalenti.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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