2021-04-22
Sfida marittima dell’Europa alla Cina. Pronte le missioni navali nel Pacifico
L'Unione pubblica un rapporto in cui si mira a rafforzare gli accordi con i Paesi bagnati dall'oceano orientale. Obiettivo è garantire affari, sicurezza e diritti umani. Una mossa in aperto contrasto all'egemonia di Pechino.Dal 2008 le navi militari di nazioni Ue pattugliano il golfo di Aden, un pezzo del Corno d'Africa e dell'oceano indiano circostante. La missione si chiama Atalanta e come obiettivo ha quello di perseguire i pirati ed evitare attacchi. Fino a oggi però l'Ue non aveva mai immaginato di guardare più in là e di immaginare il Pacifico come uno specchio d'acqua di cui interessarsi. In agenda c'era il Mediterraneo che è un lago turbolento e l'Atlantico che è un lago placido che ci separa dagli Usa. Ora l'Ue ha deciso che è il caso di interessarsi all'Indo Pacifico e pur senza mai nominarla di lanciare la prima sfida marittima (e non solo) alla Cina. La scorsa settima il Consiglio dell'Unione ha pubblicato 10 pagine dense per descrivere quella che sarà la strategia del prossimo decennio. «L'Ue dovrà aumentare la propria presenza nella Regione», si legge nel testo, «per contribuire a rafforzare la stabilità e la sicurezza dell'area e promuovere la legge internazionale a favore dei diritti umani». Non solo. L'Ue promette di rafforzare la partnership con le nazioni comprese nell'arco che va dal Giappone alla Nuova Zelanda passando per Thailandia, Singapore e Corea del Sud. Il primo obiettivo è mantenere la stabilità delle tratte commerciali via mare. Il secondo è implementare relazioni di natura sanitaria e biomedicale con un passaggio specifico sui vaccini. Il terzo è il tema della cybersecurity. Tre pilastri che sembrano rispondere all'appello lanciato dagli Usa, adesso guidati da Joe Biden, e di contrasto tre pilastri che sembrano costruiti attorno ai confini dell'impero cinese. Quando Mario Draghi si è insediato ha citato in un solo passaggio il Dragone. Il riferimento era criptico ma non certo lusinghiero per Pechino. Draghi riferendosi ai confini della Cina ha tenuto a specificare esclusivamente la presenza di situazioni instabili. Che per un impero come quello cinese, ossessionato dai confini, è un messaggio tutt'altro che distensivo. Alla luce della nuova strategia Ue, le parole di Draghi diventano un po' meno criptiche. Ciò non significa che a breve ci saranno navi della nostra Marina nel mar cinese, ma a partire dal 2022 sarà facile assistere a missioni Ue che da Gibuti si allungheranno sempre più verso Taiwan. Per il semplice motivo che i traffici marittimi transitano lungo quell'asse. Sarà come piantare una bandierina in un'area che i cinesi considerano di loro proprietà. «Il Consiglio», prosegue il documento, «è convinto che l'estensione della cooperazione dalle coste africane fino alle isole del Pacifico permetterà di implementare una nuova agenda». Summit bilaterali con la Malesia, la Thailandia e le Maldive al fine di scambiare informazioni e proteggere le materie prime e contrastare la criminalità fisica e quella cyber. La Ue punta in sostanza a creare un minimo spazio per inserirsi in quelli che altrimenti rischiano di diventare accordi economici e commerciali tutti sbilanciati verso la Cina. Infine, nel documento spuntano due parole che sono rivoluzionarie rispetto all'ultimo decennio. Prima di ribadire il rilancio delle operazioni di Atalanta e l'allargamento delle missioni navali ai Paesi dell'Indo Pacifico, l'Ue mette nel mirino attività «cyber e di disinformazione». Nel farlo specifica che il contrasto dovrà avvenire in collaborazione con gli altri Paesi che hanno la medesima visione e lo stesso approccio sul tema dei diritti umani. Insomma, la Cina è citata solo una volta ma è chiaramente il destinatario della nuova strategia. Ciò non significa che sarà tutto rose e fiori. Bisognerà capire se la Francia aderirà alla nuova prospettiva oppure continuerà ad andare per la propria strada e soprattutto come si porrà Berlino nei confronti della Cina dopo l'addio di Angela Merkel. Sarà anche importante che la strategia marittima sia sostenuta da quella terrestre nel Sahel, dove l'Italia sta cercando di conquistare un ruolo sempre più importante. Presidiare il Pacifico sarà fondamentale purché non si perda il controllo dell'area subsahariana e delle sponde del Medioriente. L'ha ricordato ieri in Aula il titolare della Difesa, Lorenzo Guerini. Il quale non a caso ha dedicato un ulteriore passaggio al rischio cinese nel Mediterraneo. Si deve a lui il merito della sostituzione di una nave indonesiana della missione Unifil con una nostra, evitando l'arrivo di una fregata cinese. Segno che molte cose stanno cambiando, anche se gli equilibri restano fragili. Ieri, in merito al tema dell'automotive il ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti ha lanciato un alert contro Pechino. «L'industria italiana ed europea non lasci alla Cina lo sviluppo del settore elettrico perché sarebbe beffardo che l'Europa con le sue risorse» stanziate anche con il Recovery plan per la mobilità sostenibile «benefici le aziende cinesi che producono autobus e camion elettrici», ha detto, aggiungendo che è il caso che l'industria italiana si attrezzi. Il riferimento è al tavolo che si terrà oggi al Mise con Iveco e i rappresentanti sindacali della filiera delle quattro ruote.