2021-03-10
Sfida tra Cina e Russia sui Balcani
Europa tagliata fuori nella contesa geopolitica dei vaccini. La Verità ha le prove dei contatti tra Macedonia e Pechino. Che sarebbe uscita dall'affare temendo truffe.Nell'ultimo anno, i Paesi dell'immediato vicinato dell'Ue, da essa dipendenti economicamente e spesso aventi lo status di candidati, sono stati ancora una volta completamente delusi da Bruxelles. L'Ue, che da decenni ormai insegue gli eventi anziché dominarli, ha dimostrato tutta la sua insipienza nella gestione del Covid-19 tanto in casa, quanto nella regione dei Balcani occidentali, la cui stabilità sociale può influire direttamente su quella politica del Vecchio continente. La decisione dei governi europei di impedire l'esportazione di materiale medico a inizio pandemia e successivamente quella di vietare una corsia preferenziale per la fornitura di vaccini dimostra quanto poco abbiano appreso dalla storia le élite politiche nostrane. Belgrado, che ha gestito una curva epidemiologica comparabile a quella dei Paesi continentali, senza mai imporre lockdown ai cittadini, è l'unica Capitale della regione che è riuscita a garantirsi dall'inizio una sufficiente disponibilità di vaccini dalla Russia e dalla Cina. Grazie alle abbondanti scorte, che permettono di gestire una campagna di vaccinazione nazionale, il presidente serbo, Alksander Vučić, sta sfruttando la situazione per aumentare il proprio credito politico quale guida dell'unica potenza regionale credibile. Egli ha, infatti, donato 5.000 dosi alla Bosnia Erzegovina e 8.000 dosi alla Macedonia. Inoltre i bosniaci, prigionieri di uno Stato al collasso, confinante con l'Ue, hanno dato vita al turismo vaccinale che li porta a cercare aiuto negli ospedali serbi. Una situazione caotica, potenzialmente esplosiva, che ha portato anche il presidente sloveno, Borut Pahor, a promettere l'invio di 4.800 vaccini a Sarajevo. Il Montenegro ha ricevuto settimana scorsa in regalo 30.000 dosi dalla Cina, mentre in Albania il presidente, Edi Rama, ha dovuto muoversi con i propri mezzi per contenere l'eventuale scontento alle prossime elezioni parlamentari di aprile, assicurandosi qualche migliaio di vaccini da un misterioso donatore europeo, che preferirebbe rimanere anonimo. La prolungata crisi di governo e la recente elezione del nuovo Parlamento non hanno aiutato il Kosovo nella gestione della problematica. A oggi, se si esclude una fugace regalia serba di poche centinaia di dosi a favore della propria comunità, il più giovane degli Stati europei non ha alcun mezzo per combattere il Covid. Il futuro premier, Albin Kurti, ha in mano solo una promessa di consegna da parte del sistema Covax delle prime dosi di vaccino per il mese di maggio. Ma l'apoteosi della malagestione dei vaccini è stata raggiunta ancora una volta in Macedonia, dove il locale governo, guidato da Zoran Zaev, sarebbe disposto a barattare la propria sopravvivenza, anche a spese della salute dei cittadini. In un'intervista televisiva rilasciata a gennaio, Zaev informava i macedoni che non avrebbe mai cercato aiuto in Cina o Russia, in quanto il Paese, dopo essere entrato nella Nato, si deve affidare ai propri alleati occidentali. La Verità è tuttavia entrata in possesso di due lettere del ministro della Salute, Venko Filipche, che sbugiarderebbero, ancora una volta, il premier macedone. La prima lettera dimostra che il ministro Filipche avrebbe inviato una richiesta alla Sinopharm cinese, già in data 25 dicembre 2020, mentre una seconda lettera, datata 25 gennaio, nella quale il ministro solleverebbe la Cina da qualsiasi responsabilità sugli effetti negativi del vaccino, dimostrerebbe la premura del governo balcanico nella conclusione dell'affare. Zaev ha ammesso, successivamente, d'essersi rivolto a Pechino, ma a fine febbraio la Cina comunista gli ha restituito l'anticipo versato per l'acquisto. La ragione, secondo le fonti della Verità, è da ricollegarsi al fatto che l'affare doveva essere gestito attraverso una società di comodo avente sede a Hong Kong che si trova riportata anche in tutte le lettere ufficiali del ministro. Il fatto che una società privata, risultata a una prima analisi priva di solide fondamenta, ma avente fondi sufficienti depositati presso la Deutsche Bank tedesca, fosse inserita d'imperio dal governo macedone nella mediazione avrebbe fatto sorgere in Pechino il dubbio di trovarsi di fronte a un tentativo di frode e avrebbe portato all'annullamento della procedura. In fondo, la Cina si è attenuta fin dall'inizio della pandemia al principio di gestione diretta degli aiuti e delle commissioni con i governi. L'ennesimo presunto tentativo di corruttela perpetrato dalla rete di Zaev, anche a scapito della salute dei cittadini, si è questa volta infranto sugli scogli della testardaggine del regime comunista cinese.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)