2023-12-03
Il sermone verde del Papa: meno democrazia e rieducazione ecologista
Bergoglio, assente alla Cop 28, affida il suo messaggio al Segretario di Stato Parolin. Rilanciando le tesi radicali della «Laudate Deum» e accusando i «nazionalismi».È gesuita, ma non è il Papa nero; è il Papa verde. Francesco, che in questo periodo non è in condizioni nemmeno di affacciarsi per l’Angelus, ci teneva a volare a Dubai, alla Cop 28. I medici l’hanno fermato. Così, ieri, a leggere il suo discorso c’era il Segretario di Stato, Pietro Parolin. Quello che ha riportato il cardinale sarebbe stato un messaggio perfetto in bocca a Greta Thunberg, al netto dei riferimenti teologici. Sì: non è più chiaro quanto, nelle prediche ambientaliste del Pontefice, vi sia di cattolico. E quanto ciò che vi è di cattolico serva, in realtà, a incartare con paramenti sacri delle tesi piuttosto profane. «La devastazione del creato è un’offesa a Dio», lamenta Jorge Mario Bergoglio, paventando «un conflitto tra le generazioni» e condannando l’ingiustizia degli effetti dell’inquinamento, che si riversano «soprattutto sui più deboli». Poi, sotto la crosta ortodossa, le sbandate. Quella panteistica: «Ascoltiamo il gemere della Terra». Quella millenaristica, tipo Ultima generazione: «Il domani o sarà di tutti o non sarà». Quella scientista: «È acclarato che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana». Un assunto con cui non sono d’accordo tanti illustri luminari, che il Papa, nella recente esortazione apostolica Laudate Deum, aveva liquidato come «una minima percentuale», intenta a negare l’«evidenza».Un colpo al cerchio e uno alla botte. In linea con i predecessori, severi nei confronti del capitalismo predatorio, Francesco bacchetta «l’ambizione di produrre e possedere», divenuta «ossessione» e «sfociata in un’avidità senza limiti, che ha fatto dell’ambiente l’oggetto di uno sfruttamento sfrenato». A dirigere i giochi è l’imperativo di «tutelare i ricavi propri e delle aziende», piuttosto che il bene comune. Perciò, il Pontefice suggerisce di dirottare le risorse «sprecate negli armamenti», disperse nelle guerre combattute dal Medio Oriente all’Ucraina, verso un «fondo mondiale per eliminare definitivamente la fame». Dopodiché, sorgono perplessità di merito. Mentre la diagnosi è impeccabile, la terapia è discutibile. La soluzione alla (presunta) crisi climatica promossa dalla Santa sede non è quella delle piccole patrie, bensì quella dei grandi «negoziati internazionali». Di un «multilateralismo» che, nella visione del successore di Pietro, si divincola dalla gabbia delle sovranità.Bergoglio arriva a prendersela, inopinatamente, con i «nazionalismi», «schemi del passato» da superare grazie a un «cambiamento politico», trainato dal cambiamento climatico. Quanto è cattolico svuotare le democrazie nazionali sulla scorta di un’emergenza artefatta? È vero che, nel mondo globalizzato, tutti condividono una quota di responsabilità per il destino dell’umanità. Ma è vero pure che non ci si può rifugiare in una rappresentazione ingenua e ottimistica degli accordi planetari, confidando nella buona fede del Leviatano. Il potere va controllato. E la democrazia - efficace soltanto, e solo in misura limitata, a livello degli Stati - offre uno dei pochi sistemi di vigilanza dei governati sui governanti. La Santa sede, sulla questione, sorvola. E insegue l’ecomoda. Nel messaggio affidato al cardinale Parolin, Francesco ripete il concetto espresso nella Laudate Deum: le decisioni della Cop 28 dovranno essere «efficienti, vincolanti e facilmente monitorabili». E comprendere, oltre alla «eliminazione dei combustibili fossili», che sarà un salasso, «l’educazione a stili di vita meno dipendenti da questi ultimi». Chi garantisce che, dalla sensibilizzazione, non si arrivi repentinamente alla sostenibilità forzata? Se gli impegni «vincolanti» si fissano, anziché alle urne, ai vertici tra i big, l’autodeterminazione dei popoli - già cara a Benedetto XV - va a farsi benedire. E non nel senso buono.È difficile che la Cop rappresenti, come auspica il Pontefice, «un punto di svolta». La kermesse è arrivata alla ventottesima edizione e, di risultati concreti, non se ne sono mai visti. Con l’aria che tira, è quasi meglio che l’andazzo prosegua. L’inerzia dei «nazionalismi» ci salverebbe dal Moloch delle Nazioni Unite, o dell’Unione europea, che ci riprogrammano per nuovi «stili di vita», privandoci di influenza sulle politiche pubbliche, potere d’acquisto e benessere. Nel nostro interesse, eh…Sono proprio i rischi del dirigismo globale ad accrescere le perplessità di molti fedeli e di una quota della gerarchia ecclesiastica, non più riducibile alla fronda conservatrice. Anzi, viene da domandarsi quanta farina del sacco di Bergoglio ci sia nei documenti ufficiali e nei suoi discorsi e quanto, invece, i ghost writer riproducano gli argomenti radicali di alcuni dei consiglieri di cui Francesco ha voluto circondarsi. Da Jeffrey Sachs, chiamato all’Accademia delle scienze sociali, fino a Mariana Mazzucato, membro della Pontificia accademia per la vita, abortista, convinta che si dovrebbe incutere nella gente il timore di un’emergenza idrica, per spingerla a trangugiare il bibitone green. A suo modo, è un progetto cristiano: nel futuro ecologico, per citare quelli di Davos, non possederemo nulla, saremo felici e camperemo di Spirito Santo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)