2024-12-10
Una Napoli inedita protagonista della serie Disney «Uonderbois»
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Con sei episodi disponibili su Disney+ da venerdì 6 dicembre, la serie diretta da Andrea De Sica e Giorgio Romano torna a Napoli, dove tante serie, prima di lei, sono state. Ci torna, tuttavia, con uno spirito che poco ha a che spartire con il realismo violento della serialità italiana.Napoli, ancora una volta. Napoli spoglia, però, della retorica che di solito la accompagna. Uonderbois, sei episodi disponibili su Disney+ da venerdì 6 dicembre, torna dove tante serie, prima di lei, sono state. Ci torna, tuttavia, con uno spirito che poco ha a che spartire con il realismo violento della serialità italiana. Uonderbois, diretta da Andrea De Sica e Giorgio Romano, ritrova le origini di Napoli, il folklore, i colori, le leggende. E lo fa attraverso una formula che Netflix, su tutti, ha inaugurato.Sono ragazzini i protagonisti dello show, goffi come i Goonies, il piglio più moderno di Undici e della sua banda. Nell'economia della serie, hanno deciso di ribattezzarsi uonderbois, omaggio diretto alla figura per la quale provano un'ammirazione cieca e assoluta, fideistica: non Maradona, ma Tonino Uonderboi, figura mitologica, a mezza via tra un supereroe e Robin Hood. Nel folklore partenopeo, sarebbe stato il Munaciello, ma Disney+ lo ha riscattato dalla sua natura deforme, gli ha dato abiti nuovi, un appeal che non avrebbe mai avuto. Uonderboi si muove in skateboard, capace di raddrizzare le piccole storture del quotidiano. Ed è a lui che guardano i dodicenni, permettendo ad ogni spettatore di ripercorrere, attraverso lo sguardo ingenuo e romantico di ogni ragazzino, la sua cieca convinzione che tutto ancora sia possibile, le leggende di Napoli.Uonderbois, che fra i protagonisti annovera anche Serena Rossi, trasfigurata al punto da risultare pressoché irriconoscibile, e Massimiliano Caiazzo, si muove tra il misticismo partenopeo e ne riscopre la bellezza. Ed è una Napoli diversa (finalmente) quella che rivive nella serie tv, magica, ricca: una Napoli colma di fantasia e di speranza, lontana dal sangue camorristico che la narrazione comune non manca né ha mancato mai di raccontare. C'è da perdersi, allora, nei vicoli, dietro i uonderbois, le loro corse. I piccoli, Ciceroni in miniatura di questa Napoli fuori dal tempo, attraversano la città convinti, in cuor loro, di poter recuperare una statuetta preziosa, raffigurante Maradona. La statuetta pare contenere una mappa che si credeva persa e poter condurre, con ciò, ad un tesoro immenso, nascosto nelle profondità della Napoli sotterranea. Vale, dunque, un mucchio di soldi, così tanti che la Vecchia (quella Serena Rossi opportunamente trasformata) ha scelto di accettare la statuetta come pagamento per la vendita di una casa popolare. La casa in cui i uonderbois sono nati e cresciuti. I ragazzini hanno provato a far desistere la Vecchia, a chiederle di rinunciare alla vendita e di lasciare loro un tetto sopra la testa. Ma la donnaccia, ingolosita dalla promessa del tesoro, non ha voluto sentir ragioni. Così, la magia, il soprannaturale. Tonino Uonderboi è intervenuto e ha rubato la statuetta, dando inizio ad un inseguimento fanciullesco. Lui in testa, dietro i uonderbois. Per ultima, la Vecchia e, sullo sfondo, Napoli: il mare, i vicoli, gli spazi angusti della Napoli sotterranea, conditi, tutti, dalla meravigliosa leggerezza che il folklore offre.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)