2022-11-24
«La caccia italiana ha bisogno di una nuova legge»
Nel riquadro, Sergio Berlato (IStock)
L’europarlamentare di Fdi-Ecr Sergio Berlato raccoglie firme per modificare la norma: «L’ecosistema va tutelato assieme alle nostre tradizioni».In Italia la caccia è regolata dalla legge 157 dell’11 febbraio 1992, un testo che consente l’esercizio dell’attività venatoria purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno alle produzioni agricole. Sergio Berlato, europarlamentare di Fratelli d’Italia-Ecr, ha presentato una proposta per aggiornare questo testo.Onorevole Berlato, perché andrebbe riformata la legge sulla caccia?«Noi abbiamo una normativa approvata nel 1992, più di 30 anni fa. La nostra proposta mira ad aggiornare questa legge statale in modo da garantire un presupposto fondamentale che è quello del rispetto delle direttive comunitarie di riferimento: la 2009/147/Cee, conosciuta come direttiva uccelli, e la 92/43/Cee, nota come direttiva habitat».Con quali obiettivi?«Garantire la tutela dell’ecosistema, ma nel rispetto delle nostre tradizioni».Ovvero?«Noi abbiamo predisposto queste proposte di aggiornamento di questa legge obsoleta e inadeguata cercando di sottoporre queste modifiche - senza etichettarle politicamente - a tutti i parlamentari di tutte le forze politiche per poi arrivare a un’azione convergente trasversale e nel minor tempo possibile all’approvazione in Parlamento. Per rendere la legge nazionale attuale e rispettosa degli usi, dei costumi e delle tradizioni locali che ci sono in Italia».Come sta procedendo?«Abbiamo attivato una petizione popolare di raccolta firme su tutto il territorio nazionale e ne abbiamo già raccolte in poco più di un mese 170.000, ma puntiamo a 500.000 per far vedere a tutti i parlamentari qual è il livello di condivisione».Lei è presidente dell’Associazione per la cultura rurale. C’è un problema di cultura in questo ambito?«È l’approccio culturale che porta a non raggiungere gli obiettivi prefissati. È questo l’approccio del mondo integralista-animalista che non vorrebbe neppure toccare gli animali, quando in realtà sa qual è la parola d’ordine in tutto il mondo?».Quale?«Non è imbalsamazione e nemmeno tutela assoluta, ma gestione. Mi spiego con un esempio che abbiamo in natura».Prego.«Gli alberi da frutto, per continuare a dare frutti rigogliosi, non devono essere messi sotto una campana di vetro per paura che qualcuno li possa toccare, come vorrebbero fare gli animalisti in un approccio ideologico sbagliato. L’albero deve essere oggetto di continue manutenzioni, deve essere irrigato e soprattutto potato, perché grazie alla potatura fatta da mani esperte, produrrà frutti rigogliosi».E chi parla di tortura?«Ignora che mettendogli sopra una campana di vetro quell’albero darà frutti sempre più striminziti, poi non ne darà affatto, fino a rischiare di morire soffocato dalle erbe infestanti. Noi partiamo dal presupposto che queste tematiche dovrebbero essere trattate da persone che conoscono queste cose perché sono parti integranti dell’ambiente. L’ambientalismo non deve essere semplicemente predicato come fanno diverse associazioni animaliste, ma praticato».Un ambientalismo che non si nutre di slogan, ma di fatti?«Se non c’è ambiente non ci può essere fauna selvatica. Ecco perché noi ci definiamo ambientalisti non per moda ma per necessità, perché sappiamo che dalla qualità dell’ambiente che ci circonda, dipendono non solo le nostre attività, ma anche la salute nostra e dei nostri cari».