2021-08-10
Senza numeri trasparenti si fomenta il panico
I dati sui ricoverati ne ignorano le condizioni. Effetti avversi dei sieri raccolti solo su segnalazioni spontanee.La variante delta non sta correndo, il tasso di positività si alza di poco, scende il giorno seguente, non preoccupa. I ricoveri in reparto Covid e in terapia intensiva sono sotto controllo, eppure questo ministero della Salute non riesce a tranquillizzare i cittadini. Vediamo alzarsi grida indignate quando sui social circolano notizie non verificate su eventi avversi ai vaccini, ma l'unica risposta seria che questo governo deve dare sono dati puntuali, aggiornati. Non lo fa, è ben lontano da un'operazione trasparenza che sarebbe più utile di spot affidati a testimonial di sé stessi, non dell'opportunità di un vaccino. Nel bollettino quotidiano della Protezione civile abbiamo sempre la conta delle ospedalizzazioni Covid, senza che venga precisato se i pazienti avevano altre patologie, se erano caduti dalla scaletta riordinando lo sgabuzzino mentre erano in quarantena, se l'infezione era il sintomo principale o se mostravano altre sofferenze. Dati semplicissimi da fornire, basta che vengano chiesti alle Regioni e confluiscano in un database dell'Istituto superiore della sanità che forse già ha, ma non rende noto. Che cosa significa «ricoveri con sintomi»? Perché quelle persone sono finite in ospedale e non sono state curate a domicilio? Non stavano già bene, avevano un diabete o una malattia cardiaca che li rendeva più a rischio dopo la positività al tampone, o non avevano ricevuto cure tempestive diverse da «tachipirina e vigile attesa»? Il sistema informativo sanitario continua a non togliere dubbi, né fornisce certezze. Prendiamo anche l'ultimo rapporto, il settimo sulla sorveglianza dei vaccini Covid, dell'Agenzia italiana del farmaco. Leggiamo che «al 26 luglio 2021 sono state inserite 128 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate». Al 26 giugno erano 154, quindi il tasso di segnalazione sarebbe in calo ma è difficile crederci. Perché confrontando i dati pubblicati da Aifa con quelli di V-Safe, la app che i Centers for disease control and prevention, l'organizzazione statunitense per lo studio e la prevenzione delle malattie infettive, utilizza per monitorare effetti avversi in chi riceve il vaccino Covid, ci accorgiamo che le segnalazioni prese in considerazione dalla nostra agenzia regolatoria sono circa 600 volte meno di quelle Usa. Per Comirnaty, il vaccino di Pfizer, l'Aifa riporta un tasso cumulativo (prima e seconda dose) di 122, secondo V-Safe sono invece 67.000 quelle avverse locali e 56.000 quelle avverse sistemiche. Sulle reazioni al vaccino Spikevax di Moderna, l'agenzia diretta da Nicola Magrini mette un tasso 82 ogni 100.000 che secondo l'agenzia americana è di 78.000 per reazioni avverse locali e 63.500 per quelle sistemiche. Come è possibile che il sistema di sorveglianza dell'Aifa conteggi così pochi eventi avversi/ reazioni, rispetto a quelli raccolti da V-Safe che include meno del 10% dei vaccinati? Rimane incomprensibile perché gli americani registrino numeri così alti, un impatto significativo sulla salute dopo la vaccinazione, mentre noi dovremmo «gioire» di sole 84.322 segnalazioni di eventi avversi successivi a 65,9 milioni di dosi di vaccino somministrate. Certo, il mistero lo spiega la stessa agenzia italiana, ammettendo che «il 96% circa di queste segnalazioni è di tipo spontaneo». Avviene solo in base a segnalazione spontanee di sanitari, dei cittadini vaccinati o di familiari di persone cui è stato inoculato il farmaco. Questa non è farmacovigilanza attiva, che segue a campione, nel tempo, il decorso post vaccinazione. Peraltro è singolare notare che nell'ultimo rapporto Aifa risultano diminuite dal 47% al 39,5% le segnalazioni fatte da medici e dal 25% al 15% quelle ad opera di altro sanitario. Significa che i vaccini somministrati oggi sono diversi e meno reattogeni? Difficile crederlo, forse qualche dottore o infermiere si sta stancando di segnalare spontaneamente, mentre aumenta chi lo fa tra i pazienti, passati dal 6 al 25%. Se poi l'Aifa dichiara che «complessivamente, il 43% di tutte le segnalazioni gravi valutate è correlabile alla vaccinazione» e che «il 25% di cittadini con reazioni gravi risulta non ancora guarito al momento della segnalazione», è evidente che l'informazione non è chiara, né completa. Preoccupa. E invece di conteggiare quei pochi, per fortuna, morti per Covid nelle ultime settimane, sarebbe necessario autorizzare le autopsie, unico mezzo per comprendere la causa di un decesso ancor oggi classificato sotto la voce coronavirus che nulla spiega, solo terrorizza come all'inizio della pandemia.
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