Da Madame Chanel a Frau Blucher (per le referenze vedere Frankenstein junior) ci aspetta un futuro di rigore e l’avverarsi della profezia di Angela Merkel: ciò che è buono per la Germania è buono per l’Europa perché la Germania è l’Europa. Fin quando almeno Berlino non deciderà – ed è prospettiva tutt’altro che remota – di uscire dall’euro. In Italia sarebbe una mazzata per i vari Romano Prodi, Mario Monti, Mario Draghi, in ultimo Paolo Gentiloni, convinti che l’euro fosse il vincolo esterno che ci aiutava nello sviluppo, ma a conti fatti ce n’è forse abbastanza per dire che il vincolo esterno ha soffocato la crescita.
Isabel Godde coniugata Schnabel, 54 anni, nata a Dortmund dunque intrisa del carbone della Ruhr, capigliatura e carattere da fare invidia a Gutrune, l’eroina del wagneriano L’anello del Nibelungo, ha fatto una mossa a sorpresa: si candida alla successione di Christine Lagarde al vertice della Bce e soprattutto annuncia che farà di tutto per far rialzare i tassi. Il rigore è servito e l’en plein della Germania pure. Ha parlato con Bloomberg, che significa mandare un messaggio diretto ai mercati. Di cui peraltro lei si occupa. È donna potente e sta dal 2020 ai piani altissimi dell’Eurotower – è membro del consiglio direttivo e sorveglia il quantitative easing cioè l’acquisto titoli da parte della Bce: ai tedeschi il «whatever it takes» di Mario Draghi non è mai andato a genio – e si occupa delle banche. Da un decennio è uno dei cinque saggi che guidano la politica economica tedesca. Nessuno ovviamente ha mai pensato che la Bce faccia gli interessi della Germania, come quando la Schnabel prima si è opposta alla fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank e poi si è messa di traverso alla scalata che Unicredit ha tentato alla banca tedesca. Così ieri a Bloomberg ha confidato: «Sia i mercati sia i partecipanti ai sondaggi si aspettano che la prossima mossa sui tassi sarà un rialzo, anche se non nell’immediato: mi trovo abbastanza a mio agio con queste aspettative». Ha anche spiegato il perché, al netto del fatto che tutti sanno che la nibelunga è una vestale del rigore. Il calo dell’inflazione di fondo si è arrestato, stanno crescendo i salari che sono il bersaglio preferito della Schnabel tutta welfare e moderazione, il contraccolpo atteso dai dazi americani è stato meno forte del previsto, ci sono politiche fiscali d’espansione dunque è logico attendersi un rialzo dell’inflazione e la Bce deve anticipare.
Isabel Schnabel gioca in contropiede: tutti si aspettavano un’ulteriore limatura dei tassi per sostenere un’economia oggettivamente asfittica nell’Eurozona; la crescita attesa per il 2026 è dell’1,2% contro il 5% della Cina, il 7% dell’India, il 2,2 degli Usa. Christine Lagarde – presidente che scade a ottobre del 2027 – aveva fatto capire che si doveva al massimo star fermi sui tassi. Ma la Schnabel va in direzione ostinata e patriotticamente contraria. Anche rispetto alle altre banche centrali: la Fed incalzata da Donald Trump annuncia tagli, così la Banca del Giappone che resta all’1% e del pari fa la Cina; tutti spingono sui tassi per dare ossigeno all’economia. Ma la Schnabel no. Confida a Bloomberg: «Se mi venisse chiesto di sostituire Christine Lagarde alla presidenza della Bce sarei pronta».
Se la Schnabel salisse in cima all’Eurotower i tedeschi avrebbero tutto: Ursula von der Leyen alla Commissione e la nibelunga alla Bce. Ma è la Schnabel che fa più comodo a Berlino. Da tempo si vocifera che la Germania lasci l’euro. Afd lo vuole, gli industriali ci pensano. Hanno scoperto che conviene loro produrre in Cina grazie alla Von der Leyen che proclama l’indipendenza energetica dalla Russia e se l’euro si rafforza loro pagano meno, in più costringono gli altri Paesi esportatori – l’Italia per prima – a vendere più caro. I comparti industriali degli europei che hanno meno interesse all’«offi-Cina» potrebbero essere indotti a emigrare: ad esempio in Usa visto che Donald Trump con i dazi vuole arrivare a reindustrializzare l’America. Una volta ottenuto questo risultato la Germania potrebbe sganciarsi dall’euro e tornando al marco devasterebbe gli altri partner e in particolare la Francia. Che nell’immediato ha tutto da temere da un rialzo dei tassi visto che ha il debito in forte ascesa. Anche Berlino sta facendo molto debito: potrebbe però a un certo punto ridenominarlo in marchi – solo i tedeschi possono permettersi un’uscita indolore dalla moneta unica – lasciando la patata di un euro bollente in mano agli altri. Perciò la Schnabel ha il compito di pompare l’euro alzando i tassi. Fanta-monetarismo? Può darsi, ma le parole e i simboli contano. La scultura che a Francoforte rappresenta l’euro è messa male: ha bisogno di restauro, ma né gli sponsor privati né il Comune hanno intenzione di mettere un euro per l’euro. Così deve pagare di tasca la Bce. Christine Lagarde su X ha provato a stoppare la polemica: «Siamo lieti di aver trovato una soluzione per garantire il futuro della scultura per le migliaia di persone che la visitano a Francoforte. L’euro incarna l’idea di un’Europa unita e simboleggia il lavoro della Bce». Di certo non per gli sponsor tedeschi che hanno già consumato l’euro-exit



