Qualcuno ha piegato, sul sito Web di Palazzo Madama, la versione in inglese della Carta alle teorie arcobaleno: la parola «sesso» dell’articolo 3 non è più tradotta con «sex» ma con il vocabolo caro al mondo Lgbt. Così l’ideologia si sostituisce pure al Parlamento.
Qualcuno ha piegato, sul sito Web di Palazzo Madama, la versione in inglese della Carta alle teorie arcobaleno: la parola «sesso» dell’articolo 3 non è più tradotta con «sex» ma con il vocabolo caro al mondo Lgbt. Così l’ideologia si sostituisce pure al Parlamento.Chi ha infilato il «gender» nella Costituzione? L’estate sta finendo e, con lei, la fame di gialli da ombrellone. Ma questo mistero di palazzo intrigherà anche chi ha fatto già ritorno al leopardiano «travaglio usato». La trama è questa: sulla pagina Web del Senato, è disponibile una versione della nostra Carta fondamentale tradotta in inglese.Ma tra i pdf che circolano online, c’è una discrepanza piuttosto rilevante. In Rete, infatti, si trova ancora una variante più datata del testo, nella quale è riportata una resa pressoché letterale dell’articolo 3. Questo è l’originale italiano: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». E questa è la versione inglese: «All citizens have equal social dignity and are equal before the law, without distinction of sex, race, language, religion, political opinion, personal and social conditions». Inappuntabile. Ma ora viene il bello.La versione aggiornata della Costituzione in inglese, il collegamento alla quale è inserito in fondo all’apposita sezione del sito di Palazzo Madama, riporta una traduzione leggermente modificata.Guardate voi stessi: «All citizens shall have equal social dignity and shall be equal before the law, without distinction of gender, race, language, religion, political opinion, personal and social conditions». Notato niente di strano? Sì, è vero: dal present simple, siamo passati alla costruzione con la particella «shall», che veicola più correttamente l’idea di una prescrizione, di un’esortazione rivolta al futuro, che è poi il modo nel quale noi intendiamo i verbi all’indicativo del dettato costituzionale. I cittadini «hanno» la stessa dignità sociale e «sono» uguali dinanzi alla legge, sia nel senso che quella era la loro condizione al momento dell’entrata in vigore della Carta, sia nel senso che in quella condizione giuridica e politica dovranno rimanere per sempre.Ma non è di sottigliezze grammaticali che vogliamo occuparci. Vi siete mica accorti che, nel testo inglese, il vecchio «sex» è stato sostituito dal nuovo «gender»? Proprio così: nell’elenco delle discriminazioni rifiutate dalla Repubblica italiana è sparita quella in base al sesso, ovvero il dato biologico, ed è comparsa quella in virtù del genere.Un elemento antropologico, culturale, o magari ideologico. Come se, ai lettori internazionali, chi ha riadattato il testo volesse comunicare che lo spirito dei Padri costituenti non solo richiede l’identica protezione di maschi e femmine e dei loro diversi orientamenti sessuali (il che è scontato), bensì riconosce pure l’esistenza di molteplici, al limite infiniti generi, in quanto distinti dal sesso naturale.Con un tratto di penna - o meglio, di tastiera del pc - qualcuno ha emendato la Costituzione senza passare dal Parlamento. Non potendo agire su quella in lingua italiana, si è sbizzarrito con la versione inglese, trasmettendo a un pubblico potenzialmente globale un’impressione sbagliata: che la nostra legge fondamentale sposi l’ideologia gender. Non ce ne siamo resi conto, però il ddl Zan è stato infilato in Costituzione. Di soppiatto: in fondo, fa fede il dettato entrato in vigore il primo gennaio 1948. Tanto più che la curiosa anomalia arcobaleno è presente soltanto nell’edizione 2023 del Senato (anche se, spulciando su Internet, si scopre che l’articolo 3 rivisitato in chiave gender esiste almeno dal 2018). Sul sito della Camera, al contrario, vi sono due traduzioni, una inglese e una in francese. Ed entrambe si attengono alla classica dicitura: «sex» per la lingua di re Carlo III, «sexe» per quella di Emmanuel Macron.Così, arriviamo alla parziale soluzione del giallo. Chi è il traduttore creativo che ha rimaneggiato la Carta a uso e consumo degli interessati stranieri? All’interno del pdf, si legge che «gli aspetti linguistici sono stati curati dal Servizio degli affari internazionali del Senato della Repubblica».L’organico di Palazzo Madama, al 17 luglio scorso, identificava nella dottoressa Alessandra Lai la responsabile dell’ufficio. In teoria, è lei a rispondere dell’operato degli esperti che hanno prodotto il documento. Inoltre, considerato che «supervisione e coordinamento» erano affidati al segretariato generale, il dettaglio è sfuggito (o è risultato gradito) a Elisabetta Serafin, segretaria generale del Senato, prima donna a rivestire questo ruolo, nonché la dirigente di sesso (o di genere?) femminile a ricoprire il più alto incarico nell’intera pubblica amministrazione italiana. Sarebbe interessante sapere, infine, cosa ne pensa il presidente del Senato, Ignazio La Russa.Tra i giuristi, vige un diffuso consenso secondo cui, dal momento che fissano i principi fondamentali della Repubblica, i primi 12 articoli della Carta non sono modificabili nemmeno con la procedura aggravata. Non sappiamo se, un giorno, alla politica verrà in mente di aggiornare la Costituzione, per farle adottare ufficialmente l’ideologia gender. In caso, a Palazzo Madama si sono portati avanti.
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