2024-08-04
«Self reliance», la commedia divertente arriva su Paramount+
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«Self reliance» (Paramount+)
Self Reliance, in Italia è stato tradotto con Autosufficienza, sarà disponibile (anche) su Paramount+ da mercoledì 7 agosto,. È un film piacevole, di quelli che si guardano senza troppo badare all’orologio o al cellulare. Protagonista è Tom, un uomo tristanzuolo, che si trascina mollemente attraverso un’esistenza abitudinaria, insoddisfacente ma non al punto da spingerlo a cambiare.Self Reliance, in Italia, è stato tradotto con «Autosufficienza»: una parola sola, a indicare il debutto alla regia di Jake Johnson. Un debutto che, al pari di altri, avrebbe potuto essere complicato. Passare dal ruolo di attore a quello di capoprogetto non è semplice né, tantomeno, scontato. Non è automatico che chi sappia recitare, guadagnandosi così il plauso di critica e pubblico, sappia perciò dirigere. Anzi. Spesso, è vero il contrario: è un peccato di ubrys, l’ambizione cieca, sorda ai pacati rimproveri della realtà, a contraddistinguere i debutti alla regia di chi è stato attore. Perciò, forse, l’esordio di Jake Johnson ha fatto tanto scalpore. Perché l’attore, un buon attore nel comparto comico, si è destreggiato più che dignitosamente alla regia. Autosufficienza, disponibile (anche) su Paramount+ da mercoledì 7 agosto, è un film piacevole, di quelli che si guardano senza troppo badare all’orologio o al cellulare. Protagonista è Tom, un uomo tristanzuolo, che si trascina mollemente attraverso un’esistenza abitudinaria, insoddisfacente ma non al punto da spingerlo a cambiare. Tom è triste, in lutto per la propria relazione finita. Ha un lavoro anonimo, fonte di nessuna felicità. Perciò, quando Andy Samberg, nel ruolo di se stesso, gli si avvicina in limousine, proponendogli di salire, Tom non ha alcuna esitazione. E a quel suo sì ne segue un altro, ben più impegnativo: la promessa di partecipare ad un format sperimentale, a mezza via fra reality e game show. Quell’essere senza nerbo accetta di essere un concorrente all’interno di un gioco per la vita, in cui sicari prezzolati devono ucciderlo. Condizione necessaria perché i tentati omicidi possano avvenire è la solitudine. Tom pensa, dunque, di sfangarla facilmente, aggiudicandosi così il milione di dollari in palio. Ma nessuno fra famiglia e amici crede all’esistenza del gioco, e nessuno è disposto a tenergli compagnia.Autosufficienza segue, allora, le peripezie di un Tom costretto a recidere il proprio cordone ombelicale, sostituendo alla famiglia perfetti sconosciuti. E qui, in questa sua ricerca, che è propedeutica alla sopravvivenza, si potrebbe cercare il significato profondo del film, un insegnamento, un’allegoria che porti al compimento di una morale. Ma, nel mezzo dell’estate, è meglio che i condizionali restino tali e Autosufficienza venga raccontata unicamente per quel che è in superficie, una commedia divertita e divertente.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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