2022-04-19
Ormai lo dicono. Per l’Europa in vista un futuro di buio e fame
Studio di due dirigenti del gruppo finanziario su come attuare l’embargo sul gas di Mosca: servirà il razionamento. «Gli orrori della guerra faranno accettare il pesante sacrificio». Il «Wall Street Journal»: «Armi in più fasi all’Ucraina dalla Nato».«Siamo ben posizionati. Abbiamo gas negli stoccaggi e avremo nuovo gas da altri fornitori. Se anche dovessero essere prese misure di contenimento, queste sarebbero miti. Stiamo parlando di una riduzione di 1-2 gradi delle temperature del riscaldamento e di variazioni analoghe per i condizionatori». Con queste parole il premier Mario Draghi ha dissipato domenica sul Corriere della Sera le preoccupazioni sugli effetti delle sanzioni e sul proseguimento della guerra in Ucraina. C’è da augurarsi che abbia ragione perché, a leggere quanto pubblicato sabato sul Washington Post, siamo avviati verso una lunga e dolorosa lotta tra la libertà e la tirannide. Da vincere affamando la Russia e armando fino ai denti gli ucraini. C’è solo un «piccolo» dettaglio, omesso da Draghi ma descritto in modo chiaro dagli americani: al fine di annichilire la Russia, il sacrificio dell’Ucraina è solo il primo passo. La vera carne da cannone di questa guerra per procura, da lanciare come un kamikaze contro Mosca, sarà l’economia europea.Da Washington, due alti esponenti del gruppo di servizi finanziari (rating, ma non solo) Standard & Poor, Daniel Yergin e Carlos Pascual (già ambasciatore Usa in Messico e Ucraina e per tale motivo particolarmente autorevole), hanno disegnato un lucido e complesso percorso che porterà all’attivazione dell’arma letale per la Russia, cioè il definitivo embargo Ue alle importazioni di petrolio e gas. Non c’è più tempo da perdere, non è consentita alcuna gradualità nel tagliare i flussi e così infliggere da subito alla Russia perdite per 250 miliardi di dollari l’anno. Si tratta di un’operazione molto complessa che va condotta con abilità per evitare di restare a secco. Ma nessun problema, gli Usa fanno sapere che hanno pensato già loro a tutto. Si tratterà di impostare una stretta cooperazione tra i governi Usa ed europei e le rispettive imprese per gestire su base quotidiana i complessi flussi logistici. «Siamo in tempo di guerra» e c’è bisogno di una «costante condivisione di informazioni tra governi e imprese, sul modello di quanto avvenuto durante l’ultimo conflitto mondiale, la guerra di Corea o la crisi del Canale di Suez». L’export di petrolio russo è pari a circa 7,5 milioni di barili/giorno, la metà del quale è acquistato dall’Europa per soddisfare il 35% del suo consumo. Ci penseranno le riserve strategiche Usa e l’aumento della produzione dei Paesi Opec a colmare il divario. Ma è sul gas che i calcoli si complicano ed emergono costi che mettono i brividi. Gli americani ammettono che non c’è abbastanza gas liquefatto da trasportare e né ci sono le infrastrutture per farlo e l’aumento delle fonti energetiche rinnovabili richiede tempi lunghi. Allora il loro piano prevede la temporanea riattivazione delle centrali a carbone, il ritardato spegnimento di tre reattori nucleari tedeschi, un cambio delle abitudini di consumo (i famosi condizionatori di Draghi) e, dulcis in fundo, il razionamento. La parola che Draghi allontana come la peste, e che però, proprio domenica, campeggiava in apertura del quotidiano spagnolo El Paìs.Come far accettare agli europei tali enormi costi? La risposta è di un cinismo agghiacciante: «Sarà l’incalzare degli orrori della guerra a farci accettare il pesante sacrificio richiesto». Ma non solo: per mitigare l’impatto economico, i governi potrebbero «puntare l’attenzione verso le attività finanziarie russe in Europa». Insomma, siamo quasi all’esproprio proletario di antica memoria. L’Europa non deve temere di restare ostaggio di Putin, perché l’indipendenza energetica Usa è una scelta strategica azzeccata che sarà messa a disposizione degli europei, concludono gli autori. Ovviamente tale generosità avrà un prezzo per il Cecchio Continente, su cui per ora si tace.La determinazione Usa emerge in modo ancora più netto leggendo Paula Dobriansky e Richard Levine (già alti esponenti dell’amministrazione Usa) sul Wall Street Journal. È in atto un definitivo regolamento di conti con il regime russo di Vladimir Putin che «deve terminare con la vittoria dell’Ucraina», non c’è possibilità di un negoziato di pace.A tal fine, la Nato deve recitare un ruolo attivo nel consentire la vittoria nei due fronti del Donbass e della costa sul Mar Nero. Il piano è quello di inviare armi in più fasi. Dapprima saranno inviate armi pesanti, successivamente mezzi corazzati e relativi istruttori per il pronto utilizzo e poi, in caso di protrarsi della guerra, anche carri armati Usa e Uk. Serviranno anche aerei da combattimento e, poiché i Mig-29 non possono volare direttamente dalle basi in Germania, la Nato deve trovare il modo di depistare i russi circa il reale luogo di partenza dei velivoli. Serviranno inoltre missile antinave Harpoon per impedire alla flotta russa di operare lungo la costa ucraina. Infine, per neutralizzare i missili balistici di medio raggio che insidiano i civili, sarà necessario fornire delle batterie antimissili Patriot. Gli autori chiamano alle armi in nome della difesa della «libertà come diritto inalienabile, che a nessun tiranno è consentito distruggere» e terminano paragonando Putin a Stalin che negli anni Trenta lasciò morire di fame milioni di ucraini.Stupisce la leggerezza con cui si considerano gestibili le conseguenze del tentativo di distruzione sia economica che militare della Russia e si respinge qualsiasi ipotesi di compromesso e di pace. L’ipotesi del default russo non pare un grande problema, visto dalla riva del Potomac. Secondo loro, a parità di potere di acquisto, il peso del Pil di Mosca su quello mondiale è «appena» il 3,1% ed è «solo» il principale fornitore europeo di petrolio e gas. Per abbattere il tiranno, siamo vittime spendibili.Ma almeno, a differenza dello scenario edulcorato di Draghi, sappiamo la verità su cosa ci attende. E no, non basterà spegnere il condizionatore.