2024-07-25
Se va come vuole l’Ue l’Italia sarà costretta a importare energia dagli Stati dell’Unione
Lo spazio per le rinnovabili è insufficiente. Per colmare il gap, finiremmo per dipendere dai Paesi in sorplus, come la Spagna.In Europa c’è abbondanza di spazio per accogliere tutte le rinnovabili che servono, dice l’ennesima Ong green ben finanziata e con stretti legami con la Commissione europea. Nessuna preoccupazione, pannelli solari e pale eoliche occupano spazio, ma questo vi è a sufficienza. Tranne che in Italia e in Germania, per la verità, che non troverebbero abbastanza posto (per l’eolico su terra).Dopo le polemiche, ancora vivaci, in Italia sul decreto del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che limita il fotovoltaico nelle aree agricole, arriva un report dell’European Environmental Bureau, secondo cui le esigenze di energia solare ed eolica onshore dell’Ue possono essere soddisfatte senza compromettere la produzione alimentare o gli sforzi di protezione della natura. Anche escludendo i terreni agricoli produttivi e le aree ad alta biodiversità, resta molto spazio in Europa per l’energia eolica e solare, dice Eeb. Nel rapporto («Land For Renewables«) le eccezioni sono rappresentate da Germania e Italia, Paesi nei quali non ci sarebbe spazio sufficiente per gli impianti eolici necessari a raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica al 2040.L’uso del suolo per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile è diventato un tema caldo solo recentemente, anche se era sin dall’inizio della riconversione green uno dei tanti problemi notevoli. A un certo punto sembra porsi una scelta tra produzione alimentare e produzione di energia. Non è così, in realtà, nella maggior parte dei casi (almeno non ancora, per fortuna). Ma la Eeb, organizzazione non governativa finanziata dal solito network green e ovviamente con sede a Bruxelles, si è preoccupata di andare a verificare quanta superficie del territorio europeo è necessario occupare per installare tutta la potenza elettrica fotovoltaica ed eolica che serve a raggiungere gli «ambiziosi» obiettivi di neutralità climatica al 2040.A livello complessivo europeo, a fronte della disponibilità di un 5,2% di territorio adatto alle installazioni di fotovoltaico ed eolico, la necessità sarebbe pari al 2,2% del territorio. Diversa è la situazione Paese per Paese. In Italia, il 56,4% del territorio è costituito da superfici agricole e un 19% circa è area protetta, con l’8,79% di aree edificate.L’Italia, nello scenario a zero emissioni al 2040, dovrebbe installare 228.000 MW di potenza fotovoltaica e 39.000 MW di potenza eolica. Queste due tecnologie, secondo il rapporto, forniranno il 68% della produzione elettrica italiana a quella data (il 41% dei consumi energetici totali). Per ospitare queste capacità produttive, Eeb stima che sia necessario il 2,7% del territorio.L’Ue, però, ha calcolato che lo 0,91% del territorio italiano è adatto per pannelli solari a terra, lo 0,46% è adatto alle pale eoliche e lo 0,25% per pannelli solari sui tetti. In totale, si tratta dell’1,62% del territorio. Per cui, non c’è abbastanza spazio per installare quanto servirebbe. Chiariamo subito, però, che il problema non riguarda i pannelli solari, che invece avrebbero spazio in sovrabbondanza. Il problema riguarda l’eolico, poiché a fronte di solo lo 0,46% di territorio adatto servirebbe l’1,32% della superficie. Del resto, come è noto, il nostro è un Paese in cui il vento costante necessario è limitato a poche zone già sfruttate o in procinto di esserlo.Ne risulta che, al pari della Germania, l’Italia per raggiungere i suoi obiettivi di emissioni zero al 2040 avrebbe bisogno di una «super rete europea interconnessa» (sic) per ottenere l’energia da altri Paesi in surplus (come per esempio la Spagna), «consentendo solidarietà e riduzione dello spreco di energia». Cioè l’Italia dovrebbe comunque importare energia, analogamente a quanto sta facendo ora.Difficile dare un giudizio serio su queste affermazioni. Il rapporto, peraltro, contiene alcuni caveat non da poco.Il primo è che il fabbisogno di fonti rinnovabili è calcolato anche tenendo conto di uno stop totale all’energia nucleare, il che non ha completamente senso, visto che se c’è una tecnologia a basse emissioni (praticamente nulle) è proprio il nucleare. Il secondo aspetto, non molto in evidenza nel rapporto, è che gli obiettivi di capacità produttiva a fonti rinnovabili sono legati ad ipotesi di consumi energetici di un certo tipo. Quali? Quelli indicati dall’Accordo di Parigi del 2015, che fanno riferimento ad una riduzione dei consumi energetici indotta da «cambiamenti comportamentali», tra cui la riduzione dei viaggi aerei, un calo della domanda di energia superiore agli attuali obiettivi dell’Ue, un calo nel consumo della carne.Lo studio ignora altresì il problema della sovrapposizione tra necessità di biomassa, biocarburanti, agricoltura, rinnovabili, protezione della natura. Anche l’Agenzia europea per l’ambiente, in un rapporto dello scorso anno, non è riuscita a risolvere questa complicatissima equazione.Insomma, siamo alle solite e a dirlo è una Ong di Bruxelles: per stare in piedi, il green ha bisogno di un calo dei consumi. Non si sta parlando di efficienza (che comunque è poco meno di una illusione), ma di vera e propria decrescita.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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