Se non si ha paura dell’ottovolante i titoli bancari sono un’opportunità
Chi investe nei mercati finanziari sa bene che non tutto lo spread viene per nuocere. Soprattutto dopo che Standard & Poor's ha, contrariamente alle attese, mantenuto il rating sull'Italia a BBB rivedendo al ribasso le prospettive e portando l'outlook a negativo.
Chi non ha paura dell'ottovolante dei mercati, dunque, sa bene che questo momento può rappresentare un'opportunità per investire a prezzo di saldo. Del resto, qualche giorno fa un esperto di Jp Morgan asset management, Nick Gartside, aveva detto chiaramente che questo è un buon momento per fare acquisti a Piazza Affari. «I fondamentali dell'Italia restano buoni. Per questo, per noi, l'impennata dello spread italiano rappresenta un'opportunità di investimento», aveva detto l'esperto.
Tra i titoli più colpiti dallo spread Btp-Bund al galoppo ci sono proprio i titoli bancari. Negli ultimi giorni sono stati costellati da segni meno, tendenza che si è subito invertita il giorno in cui S&P's non ha mostrato il pollice verso sul nostro Paese.
«Abitualmente si fa riferimento allo spread a 10 anni tra Btp e Bund, la parte di curva sicuramente più importante per definire il costo del denaro e quindi la solvibilità di un emittente nel “cosiddetto" lungo termine», spiegano gli esperti di Marzotto Sim. «Diversamente però, la parte rilevante dell'esposizione delle banche è su scadenze molto più brevi, solitamente nel segmento a 2 e 3 anni», spiegano. «Questo da un lato riduce (almeno teoricamente) il rischio perché si tratta di scadenze meno lunghe, dall'altro fa sì che nell'ottica di valutare il rischio complessivo delle banche ci interessi il rendimento del Btp a 2 anni più che quello a 10».
Data questa considerazione il contesto generale, almeno per il momento, non sembrerebbe così negativo per le banche italiane. «Se lo spread a 10 anni che recentemente ha toccato nuovi massimi a 330 bps (rispetto ai 300 punti base toccati a maggio) sembrerebbe evidenziare una situazione preoccupante, in realtà lo è di meno se analizziamo i tassi a 2 e 3 anni in maggio, a fine giugno e nel mese di ottobre», spiegano gli esperti.
In effetti in maggio, alla prima esplosione dello spread, i tassi a 2 anni (che avevano rendimento negativo fino a poche settimane prima) erano saliti fino al 2,7%. Tra giugno e ottobre la forchetta è stata tra lo 0,5 e l'1,75% di rendimento. La semestrale si era chiusa con il Btp a 2 anni non lontano dallo 0,7% di rendimento. Attualmente siamo all'1,19% sul 2 anni e all'1,82% sul 3 anni. Non si tratta dunque di livelli troppo preoccupanti. «La cosiddetta “soglia del dolore" la possiamo posizionare quindi oltre i 3 anni», dicono da Marzotto Sim.
Per chi non teme la volatilità dunque, le opportunità ci sono. Gli esperti di CedLab, piattaforma di investimenti che opera nel settore dei certificati, mostrano come i titoli tipo Unicredit, Intesa Sanpaolo o Ubi Banca (Isin rispettivamente: It0005239360, It0000072618 e It0003487029) abbiano scontato molto l'incertezza degli ultimi mesi raggiungendo anche perdite a doppia cifra.
Per questo, vista la progressiva fine della crisi economica e il mancato abbassamento del rating da parte di alcune delle maggiori società di rating, ci sono tutti gli ingredienti perché questi titoli possano tornare a prendere il volo.
Per i risparmiatori più esperti ci sono poi i certificati di investimento che hanno come sottostante i titoli bancari, asset però non tra i più tranquilli a Piazza Affari.






