2023-06-02
Se non comanda il dem scopre il (finto) dissenso sulla guerra
Recita di Elly Schlein e compagni: si scandalizzano per i fondi Pnrr dirottati sulle armi e poi votano la norma Ue. Dopo mesi di caccia ai «putiniani», approfittano dell’atlantismo della Meloni per rifarsi il look da pacifisti.Sì che è finita l’era di Enrico Letta, quello che, con le sanzioni, pensava di «portare al collasso» la Russia nel giro di «qualche giorno» (lo disse a marzo 2022). Ma dove sono stati, finora, gli europiddini, scandalizzati dalla norma Ue che autorizza l’uso dei fondi Pnrr per comprare munizioni alla resistenza ucraina, norma che tuttavia hanno votato? Erano distratti, quando l’uomo che piazzarono persino nei loro manifesti elettorali, Mario Draghi, impose il sostegno militare a Kiev, con la grottesca alternativa tra pace e condizionatori? Erano in bagno, quando, insieme al resto dell’arco costituzionale, incluso il Movimento 5 stelle dell’oggi gandhiano Giuseppe Conte, il loro partito approvò il primo decreto armi, dando la stura all’invio di forniture belliche per un anno intero? Avevano sul serio abboccato alle interviste ai combattenti di Azov, che spiegavano di non avere nulla a che fare con Hitler, essendo, anzi, estimatori di Kant? Stavano leggendo pure loro la Critica della ragion pura, mentre la stampa italiana andava a caccia di dissidenti «putiniani», straparlando di dossier dei servizi segreti su intellettuali, politici e giornalisti? Allora, era un’eresia, una bestemmia, un oltraggio, invocare negoziati, o denunciare i pericoli di un’escalation del conflitto. Tutti compatti, guai ad avventurarsi nei distinguo, nelle sfumature, nei ragionamenti, ché poi si faceva brutta figura con il mondo libero, si passava dalla parte degli invasori di Stati sovrani, dei massacratori di civili, dei rapitori di bambini. Adesso, il Pd bipolare riscopre un tiepido antimilitarismo. Contrordine, compagni: bisogna supportare la resistenza ucraina, ma anche favorire le trattative; bisogna soddisfare le richieste del «nuovo Churchill», fino alla vittoria ma non fino al suicidio. Dunque, armi sì, o si mostrerebbe una faccia di tolla indigeribile. Però, non con i soldi degli asili nido. Matite e colori sono buoni, fucili e cannoni sono cattivi. È il riflesso pavloviano dell’ex popolo dei girotondi. Ed è a certe amenità che s’è aggrappata Elly Schlein, nel tentativo di tenere insieme i suoi fratelli coltelli, ormai insofferenti alla tuta mimetica che indossano da un anno e mezzo: la destra torva vuole togliere le scuole ai bambini per pagare le munizioni a Zelensky. Cos’è successo, nel frattempo, perché la sinistra, che s’è fatta andar bene i battaglioni neonazisti e ha rinnegato gli ex idoli ribelli, da Michele Santoro a Carlo Rovelli, scalpitasse per fermare la corsa agli arsenali? Azzardiamo un’ipotesi: da quando a Palazzo Chigi è arrivata l’atlantista Giorgia Meloni, il pluralismo delle idee sulla guerra non è più un affare da agenti occulti del Cremlino. È diventato legittimo pensarla diversamente. Per la precisione, è diventato legittimo pensare. Alla vigilia della plenaria del Parlamento europeo di ieri, la strategia dei progressisti era piuttosto contorta. I dem hanno convinto il gruppo dei socialisti a sostenere un emendamento che neutralizzasse il comma 3 dell’articolo 6 dell’Asap, l’Act in support of ammunition production: niente finanziamenti del Recovery al comparto Difesa. Le premesse erano drammatiche: il partito più bellicista d’Italia, quello più pieno di lacchè con l’elmetto, minacciava un Aventino a Bruxelles. Eppure, la neo segretaria ha chiesto che la proposta della Commissione Ue fosse votata in ogni caso. In sostanza, il Pd ha fatto le barricate con il polistirolo: ci stracciamo le vesti, solo che l’Asap lo approviamo lo stesso. Ipocriti? Doppi? Furbi? Sicuramente, i dem sono in crisi d’identità. È il metodo Schlein, appunto: non sono d’accordo, ma lo faccio. Come con l’inceneritore di Roma: dipendesse da me direi di no, però che volete, mi ci trovo, è colpa dei vecchi dirigenti.La leader piddina ha evitato l’incendio ma non le scintille. Sull’emendamento, le truppe europee hanno obbedito ai comandi del Nazareno; sull’ok finale alla norma, invece, si sono verificate le paventate dissociazioni. Tipo il voto contrario di Massimiliano Smeriglio e l’astensione di Alessandra Moretti, nonché di Camilla Laureti, colei che doveva essere, secondo Domani, l’«avamposto di Schlein» nell’Ue. Ergo, quale sarebbe la linea della Schlein? Stiamo con Kiev, ma anche con gli asili nido? Il piano di Elly prevedeva un terzo pilastro: andare in Senato e chiedere alla Meloni «un impegno nero su bianco». Perché «non abbiamo dubbi sul supporto all’Ucraina, così come siamo favorevoli a una Difesa comune europea». Ma «non è per noi possibile accettare di utilizzare le risorse del Pnrr per produrre munizioni». Un discorsone da paladini della giustizia sociale. Peccato il Pd fosse quello che se ne infischiava dell’impennata di bollette e carburanti: chi si lamentava non era povero. Era putiniano. A Palazzo Madama, Francesco Boccia s’è lanciato in una intemerata sulla «necessità di votare al più presto un atto di indirizzo che trasformi l’impegno del ministro Fitto in atti non più reversibili». Aspettiamo una risoluzione che vincoli l’esecutivo. In fondo, le contraddizioni non mancano a destra. La presidenza del Consiglio ha subito manifestato - all’Ansa, non all’Aula - la propria contrarietà a dirottare i finanziamenti del Recovery sugli armamenti. Nondimeno, ieri, all’Eurocamera, Fdi ha confermato l’assenso all’Asap. Vale la stessa obiezione indirizzata al Pd: se quel comma sul Pnrr è sbagliato, perché votare sì alla legge? Vista la collezione di atteggiamenti schizoidi, sorge un dubbio: non sarà tutto un gioco delle parti? Una commedia per fingere che esiste ancora una dialettica politica? Una recita di marionette, il cui burattinaio tira i fili dall’altra sponda dell’Oceano?
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)