2024-08-13
Se si lodano pure i perdenti, vincere è inutile
Sergio Mattarella (Getty Images)
Mattarella allarga l’invito a palazzo agli atleti arrivati quarti. Allora, dato che i risultati non contano, riceva anche i quinti e i sesti. Che senso ha, inoltre, esaltare gli sconfitti e poi glorificare Gianmarco Tamberi che ha compromesso la sua salute per poter salire sul podio?Ci mancava solo la celebrazione del quarto posto. Nelle Olimpiadi delle follie siamo arrivati a questo: si esulta per chi ha inseguito il podio e non l’ha raggiunto. Del resto non è forse per ciò che si gareggia? Non è per ciò che ci si allena? Per vedersi sconfitti, ovvio. Evviva, che bello, siamo arrivati quarti. Siamo proprio bravi, noi italiani: abbiamo il record dei quarti posti. «Sono venti», s’entusiasma il presidente del Coni Malagò, aggiungendo che ci sono altri cinque piazzamenti «assimilabili». Che cosa significhi, non si capisce, ma a occhio e croce vuol dire che abbiamo perso. Ottimo: non è un valido motivo per festeggiare? In tutto il mondo le «medaglie di legno» sono segno di sconfitta. Per noi sono diventate un trionfo. Infatti l’Ansa ci fa sapere che, per la prima volta, al Quirinale, quando il 23 settembre si svolgerà la cerimonia per la consegna del tricolore ai vincitori delle Olimpiadi, saranno ricevuti anche loro, i quarti classificati. Così ha deciso il re della Repubblica, Sergio Mattarella. E il re può fare quello che vuole, ovvio. Anche decidere che il legno d’ora in avanti vale oro, e che arrivare quarti è meglio che arrivare primi, e che star giù dal podio è meglio che salirci su. Avanziamo solo un dubbio: perché i quarti classificati sì e i quinti no? Ci permettiamo, sommessamente, di perorare lassù sul Colle la causa dei quinti classificati. E già che ci siamo, anche dei sesti: non si vorranno mica escludere proprio loro? E già che ci siamo: i settimi? E gli ottavi? E i noni? E gli ultimi classificati? Se, come dicono i trombettieri del Colle, «il valore di una prestazione non dipende dalla medaglia» nessuno va lasciato a casa. Tutti al Quirinale, evviva, si fa festa per le gare vinte. Ma, soprattutto, per quelle perse. Che poi è piuttosto ridicolo, se ci pensate. Da una parte si celebra il numero delle medaglie ottenute (40 come a Tokyo, ma con 12 d’oro), dall’altra si manda il messaggio che non sono le medaglie che contano. Da una parte si festeggia estasiati per la vittoria delle bravissime ragazze d’oro della pallavolo, dall’altra si dice che vincere non è poi così importante. Da una parte ci si entusiasma per essere arrivati primi in tanti sport, dall’altra si festeggia il quarto posto perché «è il piazzamento del più forte tranne i primi tre». Sicuro: il quarto posto è il piazzamento più forte tranne i primi tre. Ma anche il quinto è il piazzamento del più forte tranne i primi quattro. E il sesto è il piazzamento del più forte tranne i primi cinque. E l’ultimo è il piazzamento del più forte tranne tutti gli altri. Che facciamo? Alle prossime Olimpiadi ci alleniamo per riuscire a perdere un po’ di più? O eliminiamo direttamente le competizioni e distribuiamo le medaglie con criteri da socialismo olimpico? Ma sì: a ciascun atleta non più secondo i propri meriti, ma secondo i propri bisogni. Non è necessario gareggiare, basta la pianificazione dei podi in stile soviet: un po’ d’oro a quello, un po’ d’argento all’altro. L’unica cosa che non servirà distribuire è il bronzo. Di quello ce n’è fin troppo, in queste Olimpiadi. Soprattutto sulle facce dei commentatori. Dopo gli eccessi della grandeur francese, infatti, negli ultimi giorni ci è toccato assistere agli eccessi dell’ebrezza italiana. Tutti ubriachi di giochi fino a perdere la ragione. Tanto da festeggiare i quarti posti. E tanto da trasformare in eroe nazionale un atleta come Gianmarco Tamberi che ha sottoposto il suo fisico a uno dimagrimento estremo, una dieta stressata oltre ogni norma sanitaria, con la riduzione della massa grassa a limiti pericolosissimi. Lui stesso sapeva di star facendo una cosa sbagliata («Non vorrei che qualcuno copiasse quello che faccio io per dimagrire», aveva detto). Ne valeva la pena? E perché i nostri giornali esaltano Tamberi che si rovina per una medaglia d’oro se poi dicono che vincere la medaglia non conta nulla? Le telecamere sono rimaste fisse all’infinito sulle sue lacrime: non ci siamo persi nemmeno un suo singhiozzo, nemmeno un suo lamento e pazienza se nel frattempo c’era un altro atleta italiano, dal volto pulito e il fisico integro, che cercava di lottare per la medaglia nel salto in alto, ignorato dai più. Noi avevamo scelto il perdente Tamberi, quello che prima gioca con la sua salute e poi ci racconta, minuto per minuto, i suoi vomiti di sangue sui social. Un vero eroe nazionale.E l’altro eroe nazionale Julio Velasco? Lui è stato bravo davvero, si capisce. Ma anche qui si è persa la misura. Anche qui l’ubriacatura olimpica ha offuscato la ragione. Quel poveretto che pensa di far ridere, Luca Bottura, dopo aver sobriamente commentato a caldo la vittoria delle azzurre («Vannacci suca») ha pensato di ridarsi un tono sulla Stampa proponendo Velasco come «presidente di tutto, padrone del mondo, monarca illuminato delle galassie». Va beh, direte voi, un caso disperato. Ma in realtà tutti i giornali sono pieni di ritratti estasiati e inginocchiati di Julio Velasco, l’«uomo di sinistra», che parla di Che Guevara fino alle tre del mattino e dà una mano a Veltroni, ma solo «perché sapevo che avrebbe perso» (che dite? Mandiamo sul Colle pure Veltroni? Come perdente non è male no?). E nessuno che si accorga che gli eccessi nel descrivere «il maestro» inevitabilmente finiscono per ridimensionare l’impresa delle ragazze. Fiumi di orgoglio femminista, e poi si arriva a questo punto, a lasciar intendere che queste atlete del volley sì, sono bravine, ma senza quel maschio super intelligente non avrebbero vinto mai. Al massimo forse sarebbero arrivate quarte. E verrebbe da dire: peccato non l’abbiano fatto, altrimenti sai che festa al Quirinale.
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