2021-05-13
Se Locatelli leva la casacca dello scienziato e fa il politico
Il capo del Cts contro i dettami sul richiamo Il teatrino rischia di confondere i cittadini. Fidatevi della scienza: è un ritornello che noi cittadini ci sentiamo ripetere fin dall'inizio della pandemia. E così abbiamo fatto, dalle mascherine all'aperto al coprifuoco, fino all'attuale sistema a zone. Talvolta dubbiosi circa la reale efficacia delle misure adottate, gli italiani si sono comunque sempre rimessi al giudizio dei sedicenti esperti. Ma come comportarci quando sono gli stessi scienziati a contraddire i dettami della scienza? Cio è esattamente quanto sta accadendo in queste ultime ore, con il battibecco a distanza tra la casa produttrice e le autorità sanitarie italiane ed europee in merito alle tempistiche della seconda dose del vaccino Pfizer. «L'intervallo tra la prima e la seconda somministrazione prolungato alla sesta settimana, quindi ai 42 giorni, non inficia minimamente l'efficacia dell'immunizzazione e ci permette di riuscire a somministrare molte più dosi di vaccino», ha dichiarato ieri intervenendo ad Agorà il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e, dallo scorso 17 marzo, anche coordinatore del Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute. Di tutt'altro avviso la casa farmaceutica, che il giorno prima aveva ribadito la necessità di ripetere l'inoculo a distanza di sole tre settimane. Secondo il direttore medico di Pfizer Italia, Valeria Marino, «il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni» e «dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito». Affermazioni quelle di Pfizer che «rischiano solo di creare sconcerto e credo che sarebbero auspicabilmente evitabili», a detta di Locatelli. «Capisco che chi lavora nell'industria abbia atteggiamenti molto protettivi rispetto agli studi condotti», ha aggiunto il numero uno del Cts, «ma studi della vita reale che si sono andati ad accumulare hanno esattamente indicato» l'efficacia della seconda dose a sei settimane di distanza dalla prima.La posizione espressa dal professor Locatelli è perfettamente coerente con la linea volta ad ampliare la forbice temporale tra le due dosi adottata dal governo guidato da Mario Draghi. Una strategia - giusta o sbagliata che sia - che ha uno scopo ben preciso, vale a dire vaccinare il maggior numero possibile di individui. Viene spontaneo, tuttavia, chiedersi se in questa occasione Locatelli, voluto a capo del Comitato tecnico scientifico dallo stesso premier Draghi, indossi la casacca della scienza oppure quella della politica. Come si legge sul sito del ministero, infatti, lo scopo del Cts è quello di fornire «consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell'emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del coronavirus», e non certo difendere le scelte politiche che doverosamente rimangono in capo a governo e Parlamento.Nonostante l'Agenzia europea del farmaco ieri si sia espressa positivamente sulla possibilità di inoculare la seconda dose a distanza di 42 giorni, la questione sul piano scientifico rimane tutt'altro che chiara. Sia il riassunto delle caratteristiche del prodotto disponibile sul sito dell'Ema che su quello dell'Aifa raccomandano di somministrare la seconda dose tre settimane dopo la prima. Nove partecipanti su dieci (93,1%) agli studi condotti da Pfizer sull'efficacia del vaccino, inoltre, hanno ricevuto il secondo inoculo tra i 19 e i 23 giorni dopo la «dose 1».E sebbene il Centro di prevenzione e controllo delle malattie americano preveda la possibilità di somministrare la seconda dose entro 42 giorni dalla prima, l'eventualità viene contemplata solo se «non è possibile rispettare l'intervallo raccomandato (21 giorni, ndr) ed è inevitabile un ritardo nella vaccinazione». Con questo balletto di cifre, l'unico sconcerto all'orizzonte è quello che rischia di colpire gli incolpevoli cittadini, i quali vorrebbero solo vaccinarsi e tornare al più presto alla normalità.