2022-06-01
Se il referendum non le piace la Littizzetto trasforma la Rai in tribuna del silenzio
Luciana Littizzetto (Ansa)
Era sponsor dei quesiti su fine vita, procreazione assistita e cannabis. Ma processi infiniti, innocenti in galera e criminali a piede libero sono solo «questione tecnica».Non siamo Perry Mason. E sul water non leggiamo il manuale di diritto costituzionale. Perciò: perché dovrebbe interessarci la giustizia? Così Luciana Littizzetto, comica che sta a Fabio Fazio come Topo Gigio stava a Mago Zurlì, ha liquidato i cinque referendum del 12 giugno in poche battute: sono una questione «tecnica», ha detto. In effetti, come non averci pensato prima? I processi che durano all’infinito sono una questione tecnica. Gli innocenti che finiscono in galera sono una questione tecnica. E anche i delinquenti a piede libero sono una questione tecnica. «Se telefoni a tuo nonno gli chiedi se ha la gotta, non gli chiedi che cosa sia il Csm», spiega la showgirl in versione editorialista del servizio pubblico Rai-Tv. E peccato che nessuno abbia raccolto ancora le firme per modificare l’elezione della gotta. Alla fine la trasmissione Che Tempo che fa, teatro della performance istituzionale della Littizzetto, si è vergognata e ha cancellato il tweet. «Per non rischiare di strumentalizzare», ha detto. Ma in realtà c’è poco da strumentalizzare. L’intervento era stato chiarissimo: «Il 12 giugno pensavo di andare al mare», ha cominciato Lucianina in versione bagnina. Poi se l’è presa con il fatto che il referendum in Italia è abrogativo e dunque, dai tempi del divorzio, per dire sì bisogna dire no. Poi ha cominciato con Perry Mason, il water, il nonno, il fatto che a tavola «da Sondrio a Reggio Calabria» non si parla di separazione delle carriere. Da sincera democratica ha ironizzato sull’ignoranza degli italiani: «Abbiamo creduto per anni che Forum fosse reale e adesso dobbiamo esprimerci sull’elezioni dei consigli giudiziari?». Ha ammesso l’ignoranza sua: «Ma che cacchio ne so? Mi chiedono un parere su qualcosa che non so». E di fronte all’ovvia obiezione, e cioè che sarebbe bene informarsi, ha replicato: «Se dovessimo informarci su tutte le leggi, aboliamo il Parlamento». Ma sì, aboliamo il Parlamento e affidiamo tutto a Perry Mason. Poi dicono che quella diseducativa è Bianca Berlinguer. Il fatto singolare è che lo strumento del referendum, così deprecabile oggi per affrontare i temi della giustizia, non lo era altrettanto, a sentir la medesima Littizzetto, né per la cannabis e l’eutanasia (quesiti posti insieme a quelli sulla giustizia e bocciati dalla Consulta) e tanto meno per la procreazione assistita (giugno 2005). Anzi in quell’occasione lei stessa fu promotrice della raccolta di firme con il Partito radicale e sostenne la campagna per il voto con manifestazioni in piazza insieme a Dario Fo, Franca Rame, Platinette, musicisti, cantanti e showmen assortiti. Al che non può che sorgere qualche dubbio: sul water Lucianina non legge il manuale di diritto costituzionale, d’accordo. Ma legge forse il manuale di medicina della riproduzione? Le linee guida per il trattamento della fertilità? Il compendio delle tecniche per la riserva ovarica? Altro dubbio: se per esprimersi sulla giustizia bisogna per forza essere Perry Mason, allora per esprimersi sulla procreazione assistita bisogna essere il Dottor House? O il dottor Shepherd di Grey’s Anatomy? Perché è vero che a tavola, a Sondrio e Reggio Calabria, non si parla di separazione delle carriere dei giudici. Ma non si parla nemmeno di embriogenesi, vitrificazione, ovodonazione e crioconservazione. E allora perché, secondo la Littizzetto, su quei temi era giusto consultare gli italiani, e invece sulla giustizia no? Conosco la risposta: quelli sono temi etici, che coinvolgono tutti, la giustizia no. Ma davvero? Ne siamo sicuri? Siamo sicuri che lo sfascio della giustizia non riguardi tutti assai più della donazione del gamete congelato (per quanto importante sia il gamete congelato)? Il nonno con la gotta, quello che telefona alla Littizzetto, ebbene: è più facile che abbia a che fare con un tribunale o con una fecondazione in vitro? E dunque sarà più interessato a sapere le ultime sull’inseminazione intrauterina o sul modo in cui vengono scelti i magistrati che lo devono giudicare? Il «che cacchio ne so?» lanciato dalla Littizzetto in prima serata Rai, è un sistema diversamente democratico che può essere applicato più o meno a tutto. Così come «decida il Parlamento». Può valere per le questioni della giustizia come per qualsiasi altro argomento. Per la cannabis. Per l’eutanasia. Per la fecondazione assistita. Ma, in realtà, se c’è un tema in cui è giusto informarsi e decidere è proprio quello della giustizia. Perché tocca tutti. E perché la riforma è bloccata da anni, impantanata nelle relazioni sporche tra magistratura e politica. Solo un intervento deciso, dal basso, può smuovere le cose e accendere una speranza di cambiamento. Forse non ci si riuscirà. L’impresa è difficile dal momento che i quesiti più importanti (quello sulla responsabilità dei magistrati, per esempio) non sono stati ammessi. E dal momento che su questi referendum è calato un silenzio imbarazzante. Ma bisogna provarci, con buona pace della Littizzetto, alla quale evidentemente, la giustizia non interessa perché è convinta che a difenderla in ogni caso ci pensa Perry Mason. Mentre lei, sul water, può continuare a leggere beatamente Topo Gigio.