2020-03-20
Se è la Lega a difendere il Parlamento il governo grida all’ostruzionismo
Dopo settimane di gestione a colpi di decreti presidenziali, il Pd prova a concentrare l'esame del Cura Italia in una sola commissione. Sergio Mattarella chiama le opposizioni. Matteo Salvini: «Abbiamo una marea di proposte».Il primo a provarci, con un attacco maldestro su Twitter che ha scatenato un clamoroso effetto boomerang, è stato il solitamente cauto e sorvegliato Andrea Orlando, il vicesegretario del Pd: «Incredibile! La Lega in Senato fa ostruzionismo sul decreto per affrontare la crisi economica? Vi prego, ripensateci, l'Italia ha bisogno di aiuto subito!!!». A parte l'abuso di punti esclamativi, la reazione degli utenti è stata furiosa. Tra le risposte più nette, quella del leghista Massimo Garavaglia, uno che non è abituato a strillare, ma che stavolta ha replicato con motivata durezza: «Ma cosa dici??? Che ostruzionismo se ci tenete a casa??? Fateci venire in Aula, fate venire Conte e Gualtieri in Aula. Roba da matti». In effetti, la risposta inferocita dell'ex viceministro leghista è fondatissima, per almeno tre ragioni. Primo: finora il governo ha usufruito di un clima ultracollaborativo da parte delle opposizioni, benché Palazzo Chigi non ne abbia considerato le proposte più rilevanti, a partire da quelle fiscali. Secondo: per lunghe settimane, prima dell'ultimo provvedimento economico, il governo ha proceduto in modo irrituale attraverso quelli che vengono definiti Dpcm (Decreti del presidente del Consiglio dei ministri), una specie di decreto ministeriale (sia pure di provenienza del premier), una sorta di atto amministrativo. Terzo: in materia economica, per arrivare a un decreto legge (cioè a un atto normativo di livello primario, per cui occorre l'esame parlamentare e la conversione in legge), si sono dovuti attendere molti giorni, persi per colpa del caos e delle incertezze della maggioranza. Adesso comunque il decreto legge è arrivato, è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, è in vigore, e il Parlamento ha 60 giorni per convertirlo in legge, dopo averlo esaminato e modificato. E il primo approdo nell'Aula di Palazzo Madama, dove il provvedimento è stato incardinato, è già previsto per l'8 aprile. E allora cosa voleva il Pd? Voleva fare il colpaccio di concentrare tutto il lavoro in una sola Commissione, facendola lavorare - come si dice tecnicamente - in sede «redigente», cioè facendo tutto in Commissione, e lasciando all'Aula il solo voto finale, senz'altra possibilità emendativa. O addirittura (ipotesi cara a Roberto Fico), dando vita a una commissione speciale, tipo quelle che vengono istituite a inizio legislatura per esaminare i provvedimenti indifferibili, prima della costituzione delle commissioni ordinarie.La Lega ha detto no per due ragioni. La prima ha a che fare con la dignità stessa del Parlamento, già sin troppo mortificato dalla gestione contiana. E ciascuno immagina (si pensi alla polemica estiva sui «pieni poteri», che oggi appare perfino surreale) cosa sarebbe successo se fosse stato Matteo Salvini e non Giuseppe Conte, da Palazzo Chigi, ad agire secondo questi criteri. La seconda ragione riguarda il fatto che il decreto è tecnicamente un provvedimento omnibus. A stretto rigore, dovrebbe perfino essere criticato per evidente disomogeneità di materia, visto che contiene misure fiscali, di lavoro, sanitarie, e così via, fino alla contestata parte «svuotacarceri». In termini di pulizia normativa, sarebbe stato molto meglio realizzare due o tre decreti più scarni e omogenei, consentendone un esame ultraveloce da parte delle specifiche Commissioni parlamentari di competenza. Morale: fermi restando i tempi (che non slitteranno di un minuto: l'8 aprile in Aula al Senato, e approvazione definitiva entro 60 giorni dal 18 marzo scorso), dopo quattro ore di tesissima discussione in Conferenza dei capigruppo, il provvedimento è stato assegnato alla commissione Bilancio (che inizierà i suoi lavori il 23 marzo), con i pareri delle commissioni Affari costituzionali, Giustizia, Esteri, Difesa, Finanze, Istruzione, Lavori pubblici, Agricoltura, Industria, Lavoro, Sanità, Ambiente, Politiche dell'Ue e della commissione per le questioni regionali. Tutte queste Commissioni saranno convocate tra il 25 e il 26. E nel provvedimento confluiranno le precedenti misure varate dal governo, mentre il termine per presentare emendamenti è stato fissato per il 27.Nel merito, la posizione della Lega resta quella illustrata l'altro giorno da Matteo Salvini: «Noi stiamo raccogliendo le proposte che vengono da tutto il mondo produttivo che dice: “Così non basta, così non serve". Se il decreto migliora e serve davvero a curare il Paese, c'è l'ok della Lega. Se invece rimane questo, a scatola chiusa, se ci dicono o è così o buona notte, non approviamo deleghe in bianco». E la proposta principale dei leghisti, oltre all'ostilità alla misura sulle carceri, resta quella fiscale di un «anno bianco», cioè di una completa moratoria fiscale per tutto il 2020. Ora sta al governo ascoltare o invece chiudere la porta, limitandosi alle misure annunciate a inizio settimana: di tutta evidenza, insufficienti per un mondo produttivo che è già a un passo dal collasso. Intanto, è stato Sergio Mattarella a provare a fare da pontiere, telefonando a Salvini: «Poco fa mi ha chiamato il presidente Mattarella», ha detto il leader leghista. «L'ho sentito, è stato cortese, abbiamo discusso di come collaborare, di come aiutare l'Italia e noi abbiamo detto che abbiamo una marea di proposte da fare, che siamo disponibili a collaborare». Insomma, il leader leghista si attende fatti e risposte concrete alle sue proposte emendative. Le buone maniere del Colle, pur apprezzate rispetto alla sordità provocatoria di Palazzo Chigi, non bastano.
(Ansa)
«Alla magistratura contabile voglio dire che sono rimasta francamente un po’ incuriosita di fronte ad alcuni rilievi, come quello nel quale ci si chiedeva per quale ragione avessimo condiviso una parte della documentazione via link, perché verrebbe voglia di rispondere “perché c’è internet”. Dopodiché il governo aspetta i rilievi, risponderà ai rilievi, sia chiaro che l’obiettivo è fare il ponte sullo Stretto di Messina, che è un’opera strategica, sarà un’opera ingegneristica unica al mondo». «Noi siamo eredi di una civiltà che con i suoi ponti ha meravigliato il mondo per millenni – ha aggiunto Meloni – e io non mi rassegno all’idea che non si possa più fare oggi perché siamo soffocati dalla burocrazia e dai cavilli».
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(Ansa)
«È bene che la magistratura, come io auspico, esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso, e io lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura». «Mi auguro che il referendum sulla separazione delle carriere venga mantenuto in termini giudiziari, pacati e razionali e che non venga politicizzato nell’interesse della politica ma soprattutto della magistratura. Non si tratta di una legge punitiva nei confronti della magistratura, visto che già prospettata da Giuliano Vassalli quando era nella Resistenza e ha rischiato la vita per liberare Pertini e Saragat».
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