
Carpenteria, ingegneria civile, ma anche oggetti di piacere quotidiano e rimedi anti insonnia. Ogni albero ha il suo perchéProseguiamo nell’elencare gli usi dimenticati dei vari tipi di legno. L’olmo oramai è il grande assente dal nostro paesaggio ma era uno dei sovrani arborei che troneggiavano lungo i viali di campagna, prima che una malattia, la grafiosi, lo decimasse a partire dall’inizio del XX secolo, facendolo di fatto scomparire dal paesaggio agreste; le cronache attestano, ad esempio, che quella lunga arteria che si apriva nei campi, alle porte di Torino, e raggiungeva la base della collina ove sorgeva, e sorge tutt’ora, il castello di Rivoli, molto battuta dai turisti francesi ed europei che seguivano le rotte del Gran Tour, era alberato a olmi, mentre nei campi comparivano, ovviamente, legioni di gelsi e coltivazioni di cereali. L’olmo campestre assicurava un legname bruno-rossiccio, resistente in condizioni di secco ma anche piantato nell’acqua, quindi utilizzato in edilizia civile, navale e ferroviaria, per costruire carri e macchine agricole, artiglieria e altro ancora.Il legno di abete era utilizzato moltissimo in falegnameria e in edilizia, soprattutto per tetti, travi, capriate e rivestimenti. Le diverse tipologie di pino invece offrono legname d’opera massiccio, carpenteria, opere idrauliche, vetture ferroviarie, modelli per scultura, alberi da nave. Il larice veniva usato per le stesse finalità ma con un costo maggiore, grazie all’assenza di nodi e al profumo particolare. Sulle montagne del Trentino e del Sudtirolo, in legno del cirmolo o pino cembro si costruivano le culle dei bambini, poiché il legno è assai resinoso e profumato e concilia il sonno, tanto è vero che esistono imprese che producono cuscini con scaglie e trucioli di questo tipo di legno, letti e altri oggetti da riposo. Il pino veniva usato anche per far carbone, realizzare vasi e utensili vari. Il pino silvestre era molto usato nelle costruzioni navali per lance, alberi, banchi, bompressi e pinnoni. Le resine erano ottime per i lumi nelle cucine. Il legno del salice ben sopporta l’acqua e l’umidità ed ecco perché era fondamentale in palizzate e dighe. Il legno di ciliegio è rosato e veniva usato essenzialmente per piccoli oggetti ed ebanisteria. I legni di pero, melo e mandorlo venivano usati per intarsi, scultura e incisioni. Il legno di noce soffre i tarli, e non sopporta bene l’esposizione esterna; veniva usato in ebanisteria, per realizzare porte, modelli di fonderia, casse di fucili - d’altronde la civiltà agricola era anche una civiltà di cacciatori. Il legno di robinia o gaggia è giallo-verdognolo, duro e resistente, ottimo se usato all’esterno; veniva usato per gli attrezzi del falegname, ruote dentate, pavimenti e mobili. Il gelso era coltivato nelle regioni nelle quali si distribuisce la Pianura Padana fin dai tempi di Ludovico Il Moro, come integratore alle economie domestiche, curato soprattutto dalle donne che ne tagliavano i rami e li mettevano nelle stanze per la coltivazione dei bachi da seta, ma anche il suo legno talora veniva usato, in falegnameria, per farne botti e carri. E qualche lettore ricorderà la celebre scena del contadino che ne abbatte uno per farne le scarpe del figlio ne L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, girato nelle mie campagne natie, la bassa bergamasca.Il carpino concede legno bianco e tenace, ottimo per realizzare viti da inserire nei torchi, per realizzare aste, scale, ruote, stanghe, nonché liuti e altri strumenti musicali, ma altrettanto ottimo «materiale da fuoco»; inoltre il suo «libro», la parte interna della corteccia, era ampiamente utilizzata per tingere la lana. Il suo fogliame ottimo per le pecore, mentre un decotto si preparava per curare le ferite dei cavalli.L’olivo è un legname giallastro, malleabile ma molto pesante, lo si usava in ebanisteria o per realizzare oggetti di uso casalingo, quali piatti e stoviglie, portastecchi, calamai, arcolai, scatole, zuccheriere e cava-turaccioli. Il bagolaro, o spaccasassi, albero molto presente nelle nostre campagne, autoctono e oggi anche molto urbanizzato, visto che non di rado se ne incontrano filari, concede un legno duro e dritto, bianco, scarsi nodi, utile quindi in carpenteria, nonché da scolpire e intagliare; ruote, utensili domestici, timoni per carri, flauti.Il platano, oggi il campione delle alberature urbane, concede un legno chiaro per falegnameria ed ebanisteria, ma mediocre combustibile. Il frassino è da sempre uno degli alberi più vicini alle attività umane nei territori montani. Offre un legno duro e bianco, elastico, non soffre alterazioni causate dal calore o dall’umidità, si usa per lavori di intaglio e tornio, nella realizzazione di carri, mannaie, forche, martelli, bittoni, stanche per bottai. La manna che produce era un’ottima purga, la corteccia, ricca di tannino, era usata per la concia delle pelli e colorare i tessuti di verde o azzurro; le fronde fresche erano usate per alimentare il bestiame casalingo, e non a caso alcune delle piante secolari arrivate fino a noi ne portano ancora i segni nel loro sviluppo verticale. Il ginepro offre un legno giallastro e profumato, leggero, non viene attaccato da insetti, buono sia in interno che a esterno. In varie località il legno viene usato per artigianeria specifica: ad esempio in Slavonia per fare pipe, nella Francia del Sud per alcune botti di vino. Le bacche, raccolte a settembre, venivano e vengono tutt’ora usate per realizzare distillati, grappe, acquaviti, spiriti. Le sue foglie trattate in un certo modo danno tabacco da naso o da fiuto che serviva per aiutare le lenire le vie respiratorie nei mesi invernali.L’elenco delle essenze sarebbe lunghissimo e finiremmo per compilare un vasto catalogo degli usi e dei costumi di tante parti del mondo. Cosa resta a noi oggi di quel mondo? Una saggezza che forse, se il futuro sarà davvero più ecologico e meno legato ai combustibili fossili, potrebbe richiedere di tornare in auge. Oppure vivremo in un’epoca nella quale ogni essere vivente avrà i suoi diritti e noi non avremo più modo d’infrangerli per alcuna cagione?(2. Fine)
Ansa
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