2023-02-20
Scusi dottor Bassetti, posso ancora chiamarla «dottore»?
Caro Matteo Bassetti, cara virostar un po’ in disuso, capisco che sia difficile per lei, come per tutti i suoi colleghi, il ritorno a una vita normale, dopo essere stato una delle stelle del firmamento catodico, ma stia attento a non scendere troppo in basso nel tentativo di far parlare ancora un po’ di sé. Mi riferisco al tweet con cui liquida le nostre inchieste sulle morti improvvise come «gigantesca balla» e «falsa verità», arricchendo il tutto con insulti e altri termini appartenenti a categorie tipicamente scientifiche come «che schifo». Roba da far schizzare il suo H Index alle stelle, insomma.Vede, caro professore, può darsi che quando l’Istat inglese avvia una ricerca sulla relazione fra mortalità e vaccini stia sbagliando; può darsi che tanti suoi esimi colleghi che stanno studiando questa materia stiano sbagliando, e può darsi che i parenti delle vittime che chiedono verità dopo aver assistito sgomenti a strani cambiamenti nei documenti che registrano le cause della morte dei loro cari le facciano schifo. Può darsi. Ma se fosse un vero medico e un vero scienziato, se le stesse a cuore davvero la ricerca scientifica e non soltanto la ricerca della telecamera o del servizio fotografico su Chi, lei non reagirebbe a queste notizie insultando chi le dà. Ma si metterebbe al lavoro, infuriato più di noi per i dati inesistenti o traballanti e le autopsie non fatte, perché la scienza da secoli va avanti così. Sollevando dubbi e cercando risposte. Non proclamando verità nutrite solo di cipria, supponenza e consulenze con Big Pharma.Purtroppo però lei in questi anni di ubriacatura mediatica s’è dimenticato che cosa sia la scienza, nel caso l’abbia mai saputo. E così continua a proclamare i suoi dogmi. Come quando diceva: «Il coronavirus? Fuori dalla Cina non è contagioso». Oppure: «La seconda ondata? Non ci sarà». Oppure: «La terza dose? Non ce ne sarà bisogno». O come quando s’inventava che in California c’erano il «100 per cento dei vaccinati» facendo una memorabile figura di palta in diretta tv. Non ne ha mai azzeccata una nemmeno per sbaglio, ma ha continuato a insultare tutti. Il premio Nobel Luc Montagnier? «Un rincoglionito». Il preside della facoltà di medicina della Statale di Milano? «Dice cretinate». I medici di base che curano i malati anziché mandarli a morire in ospedale? «Maghi e fattucchiere». Ora dice che noi le facciamo schifo. Bene, siamo in buona compagnia.Ma mi sa dire, caro professore, quand’è che ha deciso che la scienza dovesse diventare insulto? E perché? Capisco il suo amore per le telecamere («sono una droga», disse), capisco le paparazzate sui settimanali di gossip, il red carpet in smoking a Venezia, capisco persino le orrende canzoncine natalizie sui vaccini. Quello che non capisco è perché lei abbia paura della ricerca della verità. Noi non insultiamo nessuno. Solleviamo dubbi. Forse possiamo farlo perché, a differenza di voi medici, non riceviamo contributi dalle case farmaceutiche. Voi sì. Legittimamente. Regolarmente. Ma li ricevete. E allora prima di parlare di schifo, si sciacqui la bocca e si metta a lavorare. O sarò costretto a dar ragione a un mio amico che quando ha comprato il suo libro Il mondo è dei microbi è rimasto deluso. Pensava fosse un’autobiografia.
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli