2021-11-21
Nelle scuole non s’impara più l’italiano corretto. Però trionfano gli asterischi
Il liceo Cavour a Torino (Getty Images)
«Rivoluzione» al liceo torinese Cavour: la desinenza maschile e femminile messa al bando. Senza tema di ridicolo guardando i terrificanti risultati dei test Invalsi.Il liceo Cavour di Torino, il migliore della città secondo la classifica della Fondazione Agnelli, ha deciso di utilizzare per tutte le comunicazioni (collettive o individuali) l'asterisco alla fine delle parole al posto del maschile o femminile. Non più «iscritti», ma «iscritt*» o «ragazz*».Povero Camillo Benso conte di Cavour, inconsapevole vittima di Michela Murgia. Di che parliamo? Perché evochiamo congiuntamente il più grande statista italiano e la discussa scrittrice che ha elaborato l'indimenticabile «fascistometro»?Perché il liceo classico torinese intitolato a Cavour ha inopinatamente deciso di fare proprio uno dei vezzi della Murgia e di altri scatenati sostenitori del politicamente corretto applicato in generale alla lingua, e in particolare ai plurali, alle desinenze. Qual è la tesi di costoro? Che applicare il «maschile plurale» non sia inclusivo, anzi sia in fondo un po' sessista, e sottintenda una prevalenza del maschile sul femminile. E allora? E allora ci vuole l'asterisco, per neutralizzare, democratizzare e demascolinizzare l'uso della lingua italiana. Non si sa più se ridere o piangere dinanzi a simili teorie. Sta di fatto che anche il liceo Cavour, nelle comunicazioni scolastiche, si adeguerà a questo metodo. Con toni lirici, la cronaca della Stampa si esalta. Scrive testualmente il quotidiano torinese, con sprezzo del ridicolo: il liceo Cavour «ha deciso di fare un passo avanti nelle questioni di genere». Poi una raffica di esempi, che il giornale esplicita per far capire ai lettori (noi, impuniti e retrogradi, non oseremmo mai scrivere: lettor*) come funzionerebbe la geniale innovazione: «non più «studenti», ma «student*», non «iscritti», ma «iscritt*», non «ragazzi» ma «ragazz*»». E ancora, in un crescendo surreale, si spiega che la scuola, avendo aderito a un progetto del Miur dedicato all'inclusione di genere e chiamato «Noi siamo pari», abbia deciso nel «regolamento di istituto che per tutte le comunicazioni (interne, esterne, individuali o collettive) dovranno essere utilizzate parole che non escludano e non taglino fuori nessuna persona». Quindi, chi usa il maschile plurale esclude e taglia fuori, sappiatelo.Si loda e s'imbroda il preside Enzo Salcone, sempre al microfono del quotidiano torinese: «Vede, le generazioni che frequentano adesso le superiori sono molto più avanti, sono sensibili al tema e hanno risposto in modo estremamente positivo. Noi abbiamo semplicemente formalizzato in un regolamento quello che vivono nella quotidianità di ogni giorno. Questioni come queste sono vissute in modo problematico dagli adulti, non dai giovani». E poco più avanti, con involontaria comicità: «La nostra stessa Costituzione vieta le discriminazioni. Non abbiamo fatto niente di rivoluzionario, se non dare attuazione al dettato costituzionale». C'è forse da dedurre, secondo il dirigente scolastico, che se si usa il maschile plurale si viola l'articolo 3 della Carta? A onor del vero, il liceo Cavour non è il primo a infilarsi in questo surreale tunnel. La cronaca di Torino del Corriere ci fa infatti sapere che già l'istituto Avogadro aveva fatto la medesima scelta, come anche l'Università di Torino e il Convitto Umberto I. Il preside dell'Avogadro, Tommaso De Luca, ci rende edotti di un tormentato dibattito interiore: «Preferisco il doppio genere per lungo, ad esempio «studenti e studentesse» e se non è possibile utilizzo l'asterisco nelle mie comunicazioni». Per i feticisti della materia, la ripetizione (una parola declinata al maschile e una al femminile) è anche l'avventurosa tesi esposta da Elena Loewenthal sulla Stampa, in risposta a un lungo pezzo di Luca Ricolfi su Repubblica, che si era saggiamente schierato contro queste follie linguistiche. Resta solo da capire, nell'ipotesi cara alla Loewenthal, se, nell'ordine cronologico di scrittura, si debba prima usare la parola al maschile o quella al femminile. Non vorremmo per lei che qualche talebano le obiettasse che anche premettendo gli «studenti» alle «studentesse» si potrebbe in qualche modo perpetuare l'orrida tendenza maschilista. Giova sottolineare che (noi) scherziamo, qui: non vorremmo dare suggerimenti che qualcuno potrebbe prendere sul serio in questa lunare disputa. Ma torniamo a De Luca, preside dell'Avogadro, e al motivo per cui ha bocciato la ripetizione: «La consapevolezza dell'opinabilità della scelta mi ha fatto decidere per l'uso dell'asterisco nelle circolari, cioè nei documenti esplicitamente firmati da me». E ora possiamo tutti sentirci più tranquilli. Sempre il Corriere, con linguaggio criptico, ci fa sapere che al Convitto Umberto I hanno «adottato le “carriere alias" per studenti con disforia di genere o che chiedono di essere chiamati in altro modo e usano la “schwa" e l'asterisco per le comunicazioni interne via posta elettronica». Contro tutto questo si è espressa, preannunciando una sua lettera al ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, la parlamentare di Fdi Augusta Montaruli. A tutti, da qui, ci permetteremmo di suggerire una pausa di riflessione. Giusto il tempo per dare uno sguardo ai terrificanti risultati degli ultimi test Invalsi, che certificano risultati e standard sempre peggiori da parte degli studenti italiani. Forse dedicarsi un po' di meno agli asterischi, e un po' di più al tema di italiano, alla versione di greco e latino e al compito di matematica, potrebbe giovare.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)