2025-04-18
Scontro sui tassi Bce-Fed. Donald s’arrabbia
Christine Lagarde e Jerome Powell
Mentre Christine Lagarde taglia il costo del denaro di altri 25 punti, l’omologo Usa lo lascia invariato. Ira di Trump: «Powell va licenziato in fretta». Intanto, Giancarlo Giorgetti annuncia spese per la Difesa al 2% del Pil già da quest’anno, ma senza deroghe al Patto di stabilità.Lì dove non arriva la trattativa, interviene la politica monetaria. Mentre Bruxelles cerca uno spiraglio di apertura a Washington per arrivare a un accordo sui dazi, la Bce apre il paracadute per l’economia europea. Ieri il consiglio direttivo della Banca centrale ha deciso un nuovo taglio dei tassi d’interesse di 25 punti base, dopo quello varato lo scorso 6 marzo. Il tasso sui depositi, quello di riferimento, passa dal 2,50% al 2,25% mentre quello sulle operazioni di rifinanziamento principali invece cala dal 2,65% al 2,40% e sui prestiti marginali dal 2,90% al 2,65%. Una mossa disallineata rispetto a quanto fatto oltre Oceano dalla Fed che, invece, a dispetto di quello che si aspettava Donald Trump, ha mantenuto invariato il costo del denaro. Da tempo le due banche centrali agiscono in modo differente, a fronte delle stesse problematiche economiche. Anche negli Stati Uniti si teme l’inflazione e un arresto della crescita economica, ma l’uso della leva monetaria che tanto avrebbe fatto gioco a Washington non è stata attuata. Le illazioni da retroscena sono le più diverse, a cominciare dall’ipotesi che sulla Fed abbiano agito i grandi investitori e i potenti gruppi di Wall Street, per stringere nell’angolo il presidente Trump e costringerlo a fare retromarcia. Così mentre la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha spiegato l’inevitabilità della decisione che «scaturisce dalla valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione» e che i prossimi passi sui tassi «saranno basati sulla valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari», per il presidente della Fed, Jerome Powell, la mossa migliore, al momento, è di rimanere immobile finché i dati non mostreranno chiaramente come l’economia statunitense si sta muovendo. Tutti e due fanno un’identica analisi della situazione ma arrivano a conclusioni diverse. Lagarde ha sottolineato che «l’aumento dei problemi del commercio globale va ad aggiungersi» agli altri elementi che spingono al ribasso le prospettive dell’Eurozona, «pesando sulle esportazioni, mentre il peggioramento del sentiment può portare a un irrigidimento delle condizioni finanziarie». Poi ha ribadito che «l’impatto netto delle tariffe sull’inflazione si vedrà con il passare del tempo poiché siamo in presenza di uno choc negativo sulla domanda. Alcuni dazi sono già in vigore e da una media del 3% siamo passati al 13% sulle merci». Nel comunicato finale la Bce indica come «probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Tali fattori possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l’area dell’euro». Lagarde infine ha detto che «c’è una certa unanimità sul fatto che i dazi avranno impatti che dipenderanno in larga misura dalla parte del mondo in cui ci si trova. E ciò giustifica il fatto che anche le risposte di politica monetaria saranno differenti».Tanto differenti che Powell non solo ha lasciato invariato il costo del denaro ma ha lanciato un duro avvertimento alla Casa Bianca, sulle possibili conseguenze della guerra commerciale. «Il livello degli aumenti tariffari annunciati finora - ha detto durante un evento all’Economic Club di Chicago - è significativamente maggiore del previsto e la persistente incertezza sui dazi potrebbe causare danni economici duraturi. L’economia si avvia verso una crescita più debole, una maggiore disoccupazione e un’inflazione più rapida e la Fed si trova ad affrontare una situazione che non si verificava da circa mezzo secolo». Secondo il presidente della Fed, la prospettiva è di «uno scenario difficile in cui i nostri obiettivi a doppio mandato sono in discussione, si tratta di cambiamenti politici molto radicali». Poi ha ricordato che il compito della Fed «è di promuovere la piena occupazione e di tenere sotto controllo l’inflazione ma i dazi di Trump minacciano entrambi questi obiettivi. Per ora, tuttavia, l’economia statunitense rimane in buone condizioni, secondo gli ultimi dati».Toni e modi perentori e c’è stato chi, come David Russell, responsabile globale della strategia di mercato di TradeStation, una importante società finanziaria americana, ha detto alla Cnn che «Powell ha appena dettato legge a Trump. È stato un chiaro avvertimento sulla stagflazione e una dichiarazione che la Fed non permetterà alla Casa Bianca di tagliare i tassi».La reazione di Trump non si è fatta attendere, mostrando come con Powell sia giunto ai ferri corti: «È troppo lento nell’abbassare i tassi di interesse», ha scritto in un post sul suo social Truth, avvertendo che «la fine di Powell non può avvenire abbastanza presto. Ha abbassato i tassi di interesse troppo tardi e in maniera sbagliata, avrebbe dovuto farlo prima, come la Bce, e dovrebbe sicuramente farlo ora».Intanto a Roma si discute se i dazi debbano portare a uno scostamento di bilancio. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti è stato chiaro: «Non deve essere la soluzione per dazi e Difesa. Prima di prevedere spese supplementari voglio sapere dove vanno a finire e per quale motivo le devo fare». Riguardo la spesa per la Difesa, ha dichiarato che «nel 2025 riteniamo di raggiungere il 2%, in base ai criteri Nato».
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