2021-08-20
Se la scienza non permette le opinioni dissenzienti finisce col tradire sé stessa
John Stuart Mill (Getty Images)
Come insegnava John Stuart Mill, impedire la libertà di espressione «è un crimine» Chi offre visioni alternative al credo comune andrebbe ringraziato, non tacitato.Nessun argomento è tanto scottante e decisivo, oggi, quanto la libertà di espressione, spesso richiamata, e tradita, nella conversazione pubblica dalla lotta contro le false notizie. Qui ne parlerò ritornando a un testo pubblicato 160 anni fa ma di sconvolgente attualità: il Saggio sulla libertà di John Stuart Mill. «Impedire l'espressione di un'opinione» dichiara in apertura Mill, «è un crimine». Per dimostrarlo, procede con un'argomentazione in forma di dilemma, sostenendo che la conclusione vale sia nel caso in cui l'opinione è giusta sia nel caso in cui è sbagliata. Nel primo caso, la conclusione sembrerebbe seguire con facilità perché censurare un'opinione giusta priva il pubblico «dell'opportunità di passare dall'errore alla verità». Ci sono però istruttive complicazioni. Chi intende esercitare la censura è certo che la sua opinione sia vera - per esempio è certo che il Sole giri intorno alla Terra, perché sembrano asserirlo i testi biblici, parola di Dio - e fin qui niente di male: la certezza è uno stato mentale soggettivo. I problemi sorgono quando da tale stato soggettivo si passa a un'affermazione oggettiva: quando si presuppone «che la propria certezza coincida con la certezza assoluta». Sarà bene ricordare allora che gli stati soggettivi di ciascuno sono frutto dell'educazione e socializzazione che ha ricevuto, e che forme di educazione e socializzazione diverse contribuiscono a produrre stati soggettivi diversi. Una seconda complicazione nasce quando il censore dice: «Sono d'accordo che il mio è un giudizio soggettivo, ma all'oggettività assoluta non si arriverà mai e bisogna pur operare; dunque dovremo farlo in base al giudizio più plausibile». Sembra una posizione matura e responsabile, ma, secondo Mill, non lo è affatto: se il giudizio soggettivo in base al quale si opera viene formato entro un dibattito aperto e senza esclusione di colpi (ossia di critiche, di obiezioni, di alternative) ha buone probabilità di essere davvero plausibile; non così se il dibattito non esiste, e critiche, obiezioni e alternative vengono tacitate. Terza complicazione: il censore potrebbe sostenere che una discussione aperta e libera va bene in generale, ma non su quelle opinioni che sono talmente utili, o importanti, o indispensabili per la società che sarebbe un male criticarle, e così facendo indebolirle. Mill non ci casca: che un'opinione sia utile, o importante, o indispensabile è a sua volta un'opinione, e affermarla senza discuterla è tanto un crimine, per lui, quanto affermarne senza discutere qualsiasi altra. Passiamo ora al secondo corno del dilemma, ammettendo che l'opinione che si intende censurare sia falsa. In questo caso, asserisce Mill, si perde «un beneficio quasi altrettanto grande [dell'opportunità di passare dall'errore alla verità, cioè] la percezione più chiara e viva della verità, fatta risaltare dal contrasto con l'errore». Vediamo di spiegare. Conoscere una verità non vuol dire saper recitare a pappagallo una frase che la enuncia, magari perché qualcuno ce l'ha fatta imparare a memoria. Vuol dire saperne fornire le ragioni e saperla difendere contro opinioni contrarie: solo allora si può dire di averne un'intima comprensione e un'autentica conoscenza. Tornando ai moti del sistema solare, chiediamoci perché, se la Terra ruota a velocità astronomica in una direzione, noi non avvertiamo un forte vento in direzione opposta. Perché, se Venere è un corpo opaco tra la Terra e il Sole, non appare a volte falcata come la Luna? Chi non sappia rispondere a queste domande non sa veramente che la Terra gira intorno al Sole: lo dice soltanto. Della verità che la Terra gira intorno al Sole non ha una percezione chiara e viva: la recita come un rosario. Il progresso scientifico, continua Mill, ha come conseguenza negativa che aumenta a dismisura il numero delle opinioni che vengono acquisite senza essere esaminate: il dibattito sulla maggior parte delle questioni si spegne e come risultato, e a dispetto delle apparenze, noi tutti capiamo, e sappiamo, sempre meno. Dovremmo provare di tanto in tanto a contestare un'opinione universalmente accettata, per verificarne la tenuta; chi lo faccia al posto nostro dovremmo considerarlo un benefattore. «Se vi sono persone che negano un'opinione generalmente accettata o che la negherebbero se la legge o il pubblico glielo permettessero, ringraziamole, ascoltiamole a mente aperta e rallegriamoci che qualcuno faccia per conto nostro ciò che altrimenti dovremmo fare da soli, e con fatica molto maggiore, se abbiamo un minimo di rispetto per la certezza o la vitalità delle nostre convinzioni.» Quando faccio lezione sul Saggio sulla libertà, arrivato a questo punto, chiedo ai miei studenti: sarebbe favorevole o contrario, Mill, all'insegnamento scolastico del creazionismo? Siccome ho studenti intelligenti, la risposta è immediata e unanime: sarebbe favorevole. Il peggior servizio che gli evoluzionisti possano fare alla loro causa è dire che l'evoluzione non è una teoria ma un fatto. È invece, ovviamente, una teoria, che io ritengo, in quanto teoria, la migliore disponibile sul mercato. «Migliore», però, è un comparativo, e non si possono fare comparazioni, o discussioni, nel vuoto, quando è disponibile un solo candidato. Dunque Mill ha ragione: è proprio confrontando l'evoluzionismo con un'altra teoria, per esempio con il creazionismo, che si può coglierne la maggiore cogenza, e tutti noi dovremmo essere grati a chi ci faccia il favore di presentare la teoria alternativa nel modo più persuasivo possibile, per darci modo di sottoporre l'opzione da noi favorita al test più rigoroso e quindi più probante. Nella conversazione pubblica degli ultimi tempi, invece del creazionismo, ha fatto bella mostra di sé un altro obiettivo polemico, il terrapiattismo. Molti di coloro che si sono serviti di questa espressione come forma di dileggio sono degli imbecilli che non saprebbero rispondere a una sola obiezione contro il sistema copernicano; ma non importa - l'espressione viene ripetuta comunque, e ripeterla sembra di per sé un'argomentazione vincente. Io non credo che la Terra sia piatta, e non lo credeva Mill; ma da quanto ho detto dovrebbe risultare con chiarezza che chi lo creda, e presenti prove e argomentazioni a favore di quel che crede, lungi dall'essere oggetto di dileggio, dovrebbe essere considerato, per Mill e per me, un benemerito dell'umanità. Ci sono altre domande che oggi porrei ai miei studenti. Che cosa penserebbe Mill di organismi pubblici e privati i quali decidono se un'opinione può circolare o deve essere oscurata, e basano queste loro decisioni su criteri e canoni che loro stessi hanno istituito? Che cosa penserebbe di persone che discorrono della «scienza» come se fosse un edificio assolutamente stabile, invece dell'avventura audace e rischiosa, del dibattito sempre aperto e sorprendente, in cui consiste l'attività scientifica per chi la pratica davvero? Che cosa penserebbe del fatto che certe decisioni politiche vengono prese senza alcun riguardo per le opinioni contrarie, perché le opinioni su cui si fondano sono giudicate troppo importanti o indispensabili per essere messe in discussione? Siccome i miei studenti sono intelligenti, le loro risposte sarebbero immediate e unanimi. E noi, il pubblico che assiste alla sceneggiata, che cosa pensiamo? Avendo dedicato tanto spazio a uno dei padri fondatori del liberalismo, trovo opportuno chiudere citando una delle voci più autorevoli della corrente di pensiero che a lungo l'ha avversato ma che su questo punto manifesta totale accordo. Scrive Antonio Gramsci, in un articolo sull'Ordine Nuovo del 27 dicembre 1919, intitolato Studi «difficili»: «Non vi sono né due verità, né due diversi modi di discutere. […] Volete che chi è stato fino a ieri uno schiavo diventi un uomo? Incominciate a trattarlo, sempre, come un uomo, e il più grande passo in avanti sarà già fatto».