2025-10-01
Dieci sconfitte possono bastare? Schlein già circondata da avvoltoi
Il segretario mette le mani avanti: «I conti li faremo alla fine». Ma nel partito inizia il redde rationem con la nascita dell’ottava corrente dei Nuovi riformisti, guidata da Guerini, Gori, Picierno e Quartapelle.Il senso della disfatta piddina è tutto in una foto e in una frase. L’immagine è quella di Matteo Ricci che nell’ultimo comizio sventolava la bandiera della Palestina, come se Ancona confinasse con il deserto del Sinai. La frase è quella del presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, spinto a forza dal Nazareno a commentare la batosta: «È un voto che riguarda le Marche, non il resto del Paese». Quindi semmai il termovalorizzarore di Santa Palomba, non il Medio Oriente. L’incongruenza è lampante e discende direttamente dalla gestione gruppettara (manifestazioni-okkupazioni-indignazioni) di Elly Schlein, impegnata inseguire le gastriti permanenti del Movimento 5 stelle. È proprio la segretaria a giustificare bonariamente la sconfitta di otto punti nell’ex Regione rossa fino a tre giorni fa dipinta come un Ohio da riconquistare. «Ci abbiamo messo tanto impegno ma non è bastato. Si va avanti, i conti li faremo alla fine», spiega neanche fosse un allenatore che ha appena perso 4-0 contro una neopromossa. «Sapevamo che non sarebbe stato facile. Ci aspettano altre cinque Regioni al voto fino alla fine di novembre e il nostro impegno unitario con la coalizione progressista al fianco dei nostri candidati continua con grande determinazione».Elly minimizza ma i lupi si avvicinano dalla collina. Elly minimizza ma se fosse un allenatore di calcio non mangerebbe il panettone. Perché tutti, anche nel suo partito, si sono appuntati ciò che diceva alla vigilia in modalità: le Marche o la vita. «Daremo la spallata al governo, anzi il colpo di grazia», «Questa tornata elettorale sarà come le elezioni di midterm». E ancora un mese fa: «Finirà 4-1» (poi si è aggiunta la Calabria). Invece non c’è stato l’effetto Gaza, non si è proprio vista «la forza propulsiva del campo largo» (Giuseppe Conte si è fermato al 5%) e la coalizione del cambiamento è finita contro il muro, anche perché i grillini - giustizialisti dalla nascita - sono stati alla larga da Ricci e dal suo avviso di garanzia. Lo conferma una curiosità: Schlein e Conte non sono mai saliti insieme sullo stesso palco.In attesa del prossimo match in Calabria (domenica e lunedì), nel Pd si parla di resa dei conti. E Youtrend fa notare due numeri: 10 e 7. Il primo riassume le sconfitte del partito dal 2019, dopo l’abiura riformista e il varo dell’alleanza con i pentastellati: successi solo in Emilia Romagna, Umbria e Sardegna. Un dato allarmante che non scalfisce l’ottimismo del factotum Igor Taruffi: «Il campo largo ha fatto tanti passi avanti, vedremo alla fine del ciclo elettorale». Il secondo numero riguarda i ko personali di Schlein, al Nazareno dal 2023. In due anni e mezzo ha infilato scoppole «testardamente unitarie» in Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria prima della legnata pro Pal nelle Marche. E con l’incubo di replicare nel weekend a Reggio Calabria. Finora ha vinto in Emilia Romagna (giocava da sola e a porte chiuse), in Umbria e in Sardegna per 1.600 voti, con risultato opaco e ancora in bilico per via giudiziaria.Mentre allora rivendicò quel successo rocambolesco della grillina Alessandra Todde come se fosse un trionfo mondiale, oggi Schlein derubrica il crollo di Ricci (piddino doc) a dettaglio locale, prima di salire sul palco di Crotone con Pierluigi Bersani per lanciare il pentastellato Pasquale Tridico. Questo la dice lunga sulla sua debolezza personale, sull’imbarazzo di una segretaria che comincia a danzare sui tizzoni ardenti. La retorica del campo largo non funziona, la rincorsa alla Cgil di Maurizio Landini nell’occupare le piazze non convince gli elettori moderati e la svolta Leonka con i maranza al seguito mette i brividi ai colonnelli del partito (Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, Dario Franceschini che pure l’hanno sponsorizzata) e ai riformisti post-renziani.A tal punto che il 24 ottobre a Milano avviene qualcosa di surreale: dentro il Pd nasce l’ottava corrente, quella dei Nuovi riformisti. Lorenzo Guerini, Giorgio Gori, Pina Picierno, Lia Quartapelle battezzeranno un’area pseudo centrista con idee politico-economiche affini a un europeismo in doppiopetto che nulla ha a che vedere con il revanchismo tutto scioperi e keffiah. Secondo i fondatori servirà a ricalibrare la piattaforma programmatica del partito con proposte concrete (e Conte a debita distanza), vale a dire inaugurare una stagione di segno opposto rispetto a quella di Schlein. Non a caso Picierno ha riassunto così il voto nelle Marche: «Una proposta di governo leggibile nel Paese non può fondarsi solo su aritmetica e pallottoliere».I fedelissimi della segretaria hanno già cannoneggiato la corrente definendola «una minoranza da salotto». In realtà sembra un piccolo airbag per ammortizzare la profezia di Romano Prodi, che si lasciò scappare: «Con Elly andiamo a sbattere». Ma lei, occupata a salire sulla Flotilla e a scendere dalla Flotilla, non se ne accorge.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 1° ottobre con Carlo Cambi
Ursula von der Leyen (Getty Images)